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Erica Campanella da Casalmaiocco (LO)

La tua nuova ritualità quotidiana…
La mia vita, nella scansione del tempo e dello spazio, dei momenti e dei riti è cambiata tantissimo. È cambiato il tempo dedicato alla mia famiglia, a me stessa, ai libri e alle mie figlie. Sono cambiati gli spazi che ci vedono tutti presenti, il divano, la tavola, il letto sono luoghi di unione ma anche di sofferenza per una mancata libertà e intimità. Sono cambiati i gesti quotidiani, la velocità con cui li facciamo.
La cura e la pazienza sono diventate le armi fondamentali. Ho riscoperto il rito delle coccole alla mattina, del silenzio in giardino, del mettere in ordine ma anche quello di stabilire delle regole, degli orari e del cucinare. Condivisione e tolleranza, insofferenza e amore, rispetto e rabbia.
Il mio nuovo rito quotidiano è quello di cercare di raccogliere tutto il “bene” possibile in quello che faccio anche se può sembrare noioso.

Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
All’inizio di tutto questo trauma collettivo mi sono sentita come paralizzata, svuotata, ferma nella confusione e nel dolore. Prendere in considerazione cose come la perdita della libertà, della propria salute e di quella dei propri cari, mi ha frastornata e immobilizzata in una sorta di limbo. Mi sono sentita anche abbastanza irritata dalle considerazioni generali che un artista debba a tutti i costi essere portatore del vissuto collettivo e del tempo in cui vive. Dentro questa consapevolezza ed accettazione sto cercando di ritrovare un nesso con il mio percorso personale e con il mio modo di lavorare fatto da sempre di lentezza, intimità e ricordi.

Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
Quello che sto riscoprendo in questo nuovo modo di vivere sono soprattutto le emozioni, la capacità di provare un istante dopo l’altro sentimenti ed emozioni sempre diverse. Rabbia, commozione, paura, compassione ed insofferenza sono solo alcune delle sensazioni che provo ultimamente e che giocano a rincorrersi in modo frenetico nella mia mente. Sto riscoprendo la capacità di costruirmi uno spazio mentale di resilienza. La capacità di riorganizzare intorno a me un nuovo modo di pensare, senza giudizio o lamento.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
In questi lunghi giorni tutti uguali pieni di vita familiare mi sono fermata spesso a pensare alla mancanza e alla presenza. Abbiamo sempre riempito troppo le nostre vite, ci siamo fatti coinvolgere nel sistema del troppo veloce e del troppo pieno e ne siamo diventati schiavi. Fermandomi però ho capito ciò che manca veramente e ciò che, invece, ho cominciato a considerare non necessario. Il vuoto creato si è riempito di mancanza quasi da poterlo toccare ed è proprio questo vuoto che in questo momento riempie ogni giorno il mio pensiero. Quello che forse fino a poco tempo fa veniva dato per scontato ora è diventato un bisogno, un desiderio, una necessità che mi tiene viva. Come dice Massimo Recalcati “La mancanza è una ferita che assomiglia a una poesia”. Penso che la mancanza in questo momento sia per me poesia, nutrimento vitale, entusiasmo per la vita e la consapevolezza che ci aspettano ancora giorni bellissimi.

Erica Campanella nasce a Milano il 7 settembre 1974, vive e lavora nella provincia di Lodi.
Si diploma in pittura presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera.
Il suo lavoro spazia tra pittura, restauro e l’insegnamento della storia dell’arte ma è con la fotografia che riesce a creare un mondo carico di sensi fatto di intima bellezza e vulnerabilità. Dal 2019 lavora con la galleria Podbielski Contemporary con la quale ha partecipato al Mia Photo fair 2019 e al Fotofever Paris 2019. Presente al Festival della Fotografia Etica di Lodi e al Festival della fotografia Europea di Reggio Emilia. Il progetto attualmente in corso è la mostra PLEASURE GARDEN inaugurata il 13 febbraio presso la Galleria Podbielski Contemporary, Milano.
www.ericacampanella.com

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