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VERONA | Galleria d’Arte Moderna Achille Forti e Galleria dello Scudo | 17 dicembre 2022 30 aprile 2023

di CHIARA CANALI

A Verona una grande mostra monografica, a carattere scientifico, celebra Piero Dorazio (Roma 1927, Roma – Perugia 2005), uno dei massimi rappresentanti dell’astrattismo europeo che, secondo il critico Francesco Tedeschi, non ha ancora ottenuto il riconoscimento che meriterebbe nella storia dell’arte del Novecento.
Due le sedi in cui si sviluppa questo ambizioso progetto espositivo, intitolato Piero Dorazio. La Nuova Pittura. Opere 1963-1968: la Galleria d’Arte Moderna Achille Forti e la Galleria dello Scudo di Verona.

Da sinistra: Presente e passato, 1963; Another way, 1965; Crossheart, 1963 (Galleria dello Scudo)

Le oltre trenta opere, provenienti dagli eredi dell’artista e da collezioni pubbliche e private, intendono fare luce su un periodo fondamentale nella produzione del pittore italiano, quello appunto tra il 1963 e il 1968, quando la struttura reticolare dei lavori datati 1959-62 cede il passo ad un nuovo impianto compositivo, in cui il colore diventa protagonista dello spazio e della forma e la sua ricerca manifesta una rinnovata libertà inventiva.
Come afferma Francesco Tedeschi, curatore della mostra e autore di uno dei testi del catalogo ragionato promosso dall’Archivio Piero Dorazio ed edito da Skira, “la parte centrale degli anni Sessanta costituisce per Dorazio uno dei momenti di maggior rinnovamento per l’artista. Tra il 1963 e il 1968 egli va modificando in modo netto la sua concezione compositiva, seppure con una nascosta gradualità, che corrisponde al suo modo di agire nella quotidianità, attraverso sperimentazioni, prove, riorientamenti che riguardano il laboratorio della sua pittura, dando vita a opere di grande respiro, in cui il senso della composizione, la libertà inventiva, il ruolo del colore come fulcro di energia, dimostrano la sua fiducia nel ruolo della fantasia nell’arte”.

Piero Dorazio, Ottimismo-pessimismo (a Giacomo Balla), 1966, olio su tela
206 x 206 cm

Si tratta di un periodo di grande fermento artistico, di rielaborazione di idee e di stimoli sia intellettuali che visivi. Da un lato viene, infatti, riletta la lezione degli artisti futuristi Balla, Severini e Prampolini, che ha potuto conoscere e frequentare nella Roma del dopoguerra, dall’altro reinterpreta e si confronta con le principali figure dell’astrattismo europeo, a cominciare da Kandinsky per arrivare al suprematismo di Kazimir Malevič e al neoplasticismo di Piet Mondrian.
Come testimoniano una serie di opere “omaggio” del 1966, esposte alla XXXIII Biennale di Venezia: tra le più significative Ottimismo-pessimismo (a Giacomo Balla), che fa riferimento ad una celebre tela del maestro del periodo astratto postfuturista, dove è evidente il conflitto tra le forze oscure del male e quelle luminose del bene che si evidenzia in uno sdoppiamento tra toni chiari e scuri, timbri sonori e spenti. Con Tranart (a Gino Severini) Dorazio sente l’esigenza di rendere omaggio ad un altro campione del futurismo, Severini, anche se questo quadro richiama più nello specifico il Mondrian di Broadway Boogie-Woogie.

Sulla destra, in primo piano: Tranart (a Gino Severini), 1966 (Galleria dello Scudo)

Il quinquennio tra 1963 e il 1968 è anche il periodo in cui Dorazio rielabora alcune sollecitazioni che derivano dal contesto “americano” e dalla frequentazione dell’ambiente statunitense, con l’importante attività didattica svolta presso la University of Pennsylvania.
In America ha l’occasione di intessere rapporti con alcuni dei principali protagonisti del movimento noto come “Color Field” – da Barnett Newman a Helen Frankenthaler, Ad Reinhardt, Franz Kline, Clyfford Still, Jules Olitsky, Kenneth Noland – che in alcuni casi fa partecipare alle attività didattiche programmate dal dipartimento da lui diretto.

Da sinistra: Cercando la Magliana, 1964; Balance and counterbalance, 1965 (Galleria d’Arte Moderna Achille Forti)

Questi continui confronti, scambi e maturazioni sono evidenti nella serie di opere esposte nella mostra veronese che ci dimostrano come la pittura di Dorazio, fra il 1963 e la fine degli anni Sessanta, sia realmente una “nuova pittura” (o una “pittura nuova”), prima di tutto nei confronti di quanto da lui stesso praticato negli anni immediatamente precedenti e in secondo luogo in rapporto al più ampio contesto internazionale.
“Accanto alla forza e all’intensità del colore – dichiara ancora Tedeschi – è poi la capacità di ideare e sviluppare nuovi motivi, in parte derivati da percorsi precedenti, in parte concepiti come nuove ipotesi di lavoro, a caratterizzare una fase di grande espansione”. Questa fase riguarda anche i formati dei suoi dipinti, che rispetto ai “quadri da cavalletto” degli anni precedenti, diventano più ampi e si confrontano con i modelli americani e con l’ambiente espositivo.

Da sinistra: Quarantaquindici, 1967, Green horn, 1965, Teodorico guarda in fretta, 1965, Endless Federico (I) (per Federico Kiesler), 1965, Fenice obbediente I, 1967 (Galleria d’Arte Moderna Achille Forti)

Di rilievo, sono le presenze di sue opere in rassegne internazionali come la Biennale di San Paolo del Brasile del 1963, la seconda edizione di Documenta nel 1964, la mostra The Responsive Eye nel 1965, fino alla sala personale nella Biennale di Venezia del 1966, nella quale ha investito molte energie.
A livello stilistico, l’arte di Dorazio rompe la gabbia delle “trame” per spaziare verso strade, si commisura con posizioni quali quelle “campi di colore” o con gli accesi cromatismi di gusto pop, nonché verso le riduzioni all’essenzialità delle estetiche minimaliste, sino alla fluidità delle linee curve, protagoniste tra il 1965 e il 1966 in lavori come Endless Federico(I) (per Federico Kiesler) e Dindon (omaggio a Giacomo Balla n. 2).

Da sinistra:, Din don (omaggio a Giacomo Balla n. 2), 1966 (proprietà Fondazione Cariverona, Verona), Kasimiro grande, 1967 (Galleria d’Arte Moderna Achille Forti)

“Risulta incontestabile che luce e colore formano due requisiti fondamentali sui quali si regge l’infallibilità dell’opera di Dorazio. Ma è lo stesso sorprendente come egli, sul filo di questi due vettori d’antica tradizione, sia riuscito a porsi tra le figure principali di quel movimento moderno che prefigura una civiltà prossima a venire…” scriveva Umbro Apollonio nel testo di presentazione in catalogo alla XXXIII Biennale di Venezia del 1966 e che finalmente, con questa mostra è stato appieno il suo contributo è stato ampiamente riconosciuto dalla critica italiana e internazionale.

Piero Dorazio. La Nuova Pittura. Opere 1963-1968
a cura di Francesco Tedeschi

mostra realizzata da Galleria d’Arte Moderna Achille Forti e da Galleria dello Scudo
in collaborazione con Archivio Piero Dorazio

17 dicembre 2022 – 30 aprile 2023

Galleria d’Arte Moderna Achille Forti
Palazzo della Ragione
Cortile Mercato Vecchio 6, Verona

Galleria dello Scudo
via Scudo di Francia 2, Verona

Info: Galleria d’Arte Moderna Achille Forti
+39 045 8001903
gamforti@comune.verona.it
www.gam.comune.verona.it

Galleria dello Scudo
+39 045 590144
info@galleriadelloscudo.com
www.galleriadelloscudo.com

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