Scusa, sono al cinema #11
A cura di Mila Buarque
Qual è il modo giusto di raccontare il lavoro di un artista per qualcuno che è artista a sua volta? Chi racconta deve mettere da parte il proprio stile per far emergere la voce del soggetto? O al contrario lo stile del racconto deve rimanere personale per non rischiare di scimmiottare sensibilità e modi non propri? La storia delle arti è costellata da esempi sia dell’una che dell’altra idea relativa al racconto biografico. Wim Wenders aveva già dimostrato di sapersi mettere al servizio dell’espressione artistica altrui nel divertente Buena Vista Social Club – viaggio attraverso le radici della musica cubana che trasmetteva ad ogni inquadratura lo spirito sensuale e caldo degli straordinari musicisti al centro del racconto – e nello struggente e immaginifico Pina, omaggio al genio della grande coreografa tedesca Pina Bausch, che più che un documentario appare quasi uno spettacolo realizzato dalla Bausch stessa.
Anche ne Il sale della terra, il bellissimo lungometraggio sull’opera del fotografo brasiliano Sebastião Salgado, presentato allo scorso Festival di Cannes è da qualche settimana in programmazione nei nostri cinema con un continuo successo di pubblico, il regista tedesco sceglie la stessa strada. Il film racconta la vita e la carriera di Salgado dall’infanzia nella fazenda paterna in Brasile, attraverso l’incontro con la moglie, i primi viaggi, la decisione di dedicarsi esclusivamente alla fotografia, i libri e i reportage dedicati agli ultimi di ogni parte del mondo, dal sud America all’Africa, fino agli scatti che compongono l’ultima sua grande impresa: il progetto Genesi dedicato al mondo naturale.
Codiretta da Juliao Ribeiro Salgado, figlio di Sebastião, l’opera si avvale di molti filmati di repertorio ma parla principalmente attraverso i bellissimi e tremendi scatti fotografici e le parole di Salgado stesso, il cui volto viene sovrapposto fino ad apparire incastonato all’interno delle sue immagini. La ricerca di uno stile registico e di inquadrature che rispecchino la visione di Salgado è così forte che talvolta la dissolvenza dal girato alla fotografia riprodotta è quasi inavvertibile. Stesse luci, stessi tagli, medesima sensibilità. Tutto ciò amplifica la potenza delle immagini e della storia ottenendo così il risultato non solo di far conoscere il percorso di un protagonista dell’arte fotografica del nostro tempo, ma anche di rilanciarne amplificandolo, il messaggio contenuto nel suo lavoro.
Se Salgado è stato a volte criticato per la sua capacità di creare immagini formalmente impeccabili, rendendo belle e affascinanti esteticamente tragedie indicibili come il genocidio avvenuto in Ruanda nel 1994, il film dimostra invece che la cura stilistica e l’accuratezza compositiva, attraendo visivamente, sono il mezzo migliore per poter fare “arrivare” a più persone possibile il contenuto. In sostanza, che siate profondi conoscitori del lavoro dell’artista brasiliano o invece non abbiate mai avuto occasione di vedere e conoscere nulla di ciò che ha realizzato nei 40 anni appena trascorsi, non perdete Il sale della terra e correte al cinema. Non ve ne pentirete.
Info: www.officineubu.com