Scusa, sono al cinema #10
A cura di Mila Buarque
Esiste una sottile linea che separa il mondo del cinema da quello dell’arte contemporanea. Una linea che spesso e volentieri i creativi dei due ambienti si divertono a superare. Pensiamo alle installazioni di Greenaway o alle splendide fotografie che Wim Wenders ha esposto nelle gallerie di tutto il mondo. Se, come ci ha insegnato Duchamp, è il contesto che determina l’artisticità di un oggetto, lo stesso video dovrebbe assumere differente significato se proiettato in una galleria o in una sala cinematografica. È partendo da questo assunto che torniamo a parlare di titoli visti a Venezia e che hanno in comune l’essere stati realizzati da artisti con un background legato al mondo dei musei e delle fondazioni d’arte: Miranda July, Rä Di Martino e i Masbedo, tutti presentati all’interno delle Giornate Degli Autori – Venice Days. Dei tre l’americana July è senza dubbio quella più a proprio agio all’interno del mondo dei Festival di Cinema. Nel 2005 con il delicato e poetico Me and You and Everyone We Know partecipò al Festival di Cannes vincendo la prestigiosa Camera D’or, assegnata alla migliore opera prima. A Venezia abbiamo visto Somebody, un cortometraggio commissionato all’artista americana per il progetto Miu Miu Women’s Tales dall’omonima casa di moda italiana. La storia ė quella di una App firmata July (creata realmente e scaricabile dal sito somebodyapp.com) che per consegnare messaggi personali utilizza altri utenti casuali, estranei a chi si scrive, che si trovano nei pressi dei destinatari. Un piacevole registro tra l’ironico e il fumettistico, ma che nulla aggiunge al valore della July, dalla quale ci aspettiamo lavori di maggiore intensità.
Registro ironico utilizzato anche, con ben altra efficacia, da Rä Di Martino nei sorprendenti 30 minuti di The Show MAS go on. I MAS, “Magazzini del popolo”, sono a Roma un’istituzione: aperti negli anni ’70, oggi a rischio chiusura. Alternando stili registici, dal docu-drama con Iaia Forte impegnata a dare volto alla voce reale di una delle proprietarie Chiara Pezone, agli inserti surreali – Filippo Timi sommerso dalle panciere canta una versione di A Perfect Day di Lou Reed con il testo adattato per l’occasione – la Di Martino riesce a restituire lo spirito di un luogo dove accanto alla famiglia di immigrati alla caccia di abiti a basso costo possiamo trovare il costumista in cerca di vestiti di scena. Un luogo dove possono accadere cose “ai confini della realtà”, come nell’intermezzo interpretato da Sandra Ceccarelli e Maya Sansa ed ispirato all’omonima serie cult americana. Il risultato è un’opera che convince, diverte e fa pensare che la regista italiana sia pronta a cimentarsi con la sala e con il lungometraggio.
Lungometraggio, ma probabilmente non ideato per la distribuzione nei cinema, è invece The Lack dei Masbedo. Nel film, il duo di videoartisti italiani racconta quattro storie di mancanze al femminile. Il racconto non è verbale ma visuale. Pochi dialoghi, sviluppo narrativo quasi assente per un lavoro che punta ad arrivare allo spettatore attraverso le immagini, la musica di Vittorio Cosma e Gianni Maroccolo e l’originale sound design di Benny Atria. I Masbedo decidono di non cambiare il loro approccio creativo rispetto alle opere realizzate come videoinstallazioni artistiche. In questo stanno il merito e il limite di The Lack. Visto in una sala cinematografica risulta visivamente prezioso ed emotivamente denso, ma con il passare dei suoi 80 minuti, di faticosa visione. Tanto da far pensare che il contesto giusto per quest’opera sia invece la mostra dedicata al duo che inaugurerà il prossimo 3 ottobre alla Fondazione Merz di Torino, slegata dall’obbligo di una fruizione cronologica e restituita ad una dimensione installativa più consona alle intenzioni dei due registi.