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Yari Miele. Spazi di luce

di Alessandro Trabucco


Yari Miele realizza installazioni ambientali che permettono una reale interazione dello spettatore, senza ricorrere ad elaborate tecnologie meccaniche e digitali.
L’idea di partecipazione si riferisce principalmente ad un doppio movimento, uno spostamento fisico all’interno ed attorno l’installazione, e quello percettivo, realizzato per mezzo dell’utilizzo di materiali fotosensibili, colori e nastri catarifrangenti.
L’intervento dell’artista è soprattutto di “occupazione” e di “modificazione percettiva” (e non fisica) dello spazio espositivo, con interventi a parete e sul pavimento, l’idea che Miele sviluppa è proprio quella di un coinvolgimento multisensoriale e multimediale, ma con la semplicità di supporti tradizionali quali il disegno, la pittura, la scultura e la fotografia. A tal proposito è molto interessante l’idea di “attivare” l’opera per mezzo di “eventi” improvvisi quali l’utilizzo del flash della macchina fotografica o l’accensione di spot luminosi che illuminano le parti catarifrangenti e fotosensibili. Questo tipo di fruizione delle opere induce a ragionare proprio sul concetto di “evento”, di potenzialità e di processualità della singola opera, rendendo così possibile sempre nuove esperienze percettive. Una parte importante quindi ricopre anche l’utilizzo della documentazione fotografica, gli scatti del momento preciso in cui l’opera rimane attiva oppure spenta. Il fattore temporale diventa determinante quanto la memoria stessa dell’evento riproposta come immagine fotografica.
Attualmente e fino al 31 marzo è in corso la personale Spazi di luce presso la Galleria Cart di Monza.

Alessandro Trabucco: Le componenti principali della tua ricerca artistica sono la luce (soprattutto riflessa) e lo spazio, due elementi “classici” dell’Arte di ogni epoca, intesi dapprima metaforicamente come rappresentazioni simboliche ed illusorie, sino alla loro reale estensione installativa avvenuta con le correnti artistiche del Novecento. Hai dei riferimenti storici ai quali ti ispiri?
Yari Miele: Non ho dei riferimenti storici particolari, c’è un interesse verso quegli artisti che pongono la loro attenzione non tanto all’estetica ma al processo visivo e mentale dello spettatore, come Francesco Lo Savio, gli artisti dell’arte cinetica e programmata e il gruppo degli eventualisti, oltre ai maestri che ho avuto la possibilità di frequentare all’Accademia di Brera nei loro workshop come Carla Accardi, Gilberto Zorio e Corrado Levi.

Il tuo lavoro è caratterizzato dall’utilizzo di specifici materiali, quali il legno, la pellicola catarifrangente, i colori fluorescenti. Le immagini che realizzi sono prevalentemente delle figure geometriche, quindi senza alcun riferimento alla realtà, ma da essa traggono la loro potenzialità espressiva attraverso due elementi esterni come la luce solare o quella artificiale. Come riesci a conciliare questi due aspetti, fondamentali nel tuo lavoro, dell’astrazione delle forme e dell’empatia dell’energia naturale?
Sono due aspetti a cui non pongo dei quesiti formali, il mio interesse verte sulla dualità di ciò che si vede alla luce normale e su ciò che si vede al buio; questi due livelli percettivi, il tempo dell’attesa e il tempo dell’esperienza dell’evento luminoso, esortano lo spettatore a considerare la molteplicità delle sembianze della realtà, tra oggettività e soggettività.
I materiali utilizzati per i miei lavori che consentono di attuare giochi luminosi/percettivi sono il risultato di una ricerca attuata nel periodo accademico a Milano.
I lavori che esplorano il fenomeno della fluorescenza, in genere, sono realizzati con vernice bianca fluorescente, si animano solo al buio con luce di Wood, in cui il suo riflesso irradia il dipinto in maniera diversa dalla luce naturale rendendoli alla nostra vista colorati e fluorescenti, mentre alla luce naturale sarebbero neutri e invisibili. Invece, nel caso della fosforescenza sono ben visibili di giorno e luminiscenti di notte, poiché quando sono eccitati dalle radiazioni incidenti assorbono e ri-emettono energia diventando dei veri e propri catalizzatori. Nei catarifrangenti le installazioni possono essere fruite anche attraverso le stampe fotografiche poiché l’effetto della rifrangenza avviene in una frazione di secondo e ad occhio nudo, è percepibile per istanti.

Un’altra caratteristica del tuo lavoro è la modularità di queste forme e la possibilità di presentare ogni volta la singola opera, sia scultorea, sia pittorica, in maniera differente, in modo da avere sempre nuove possibilità di fruizione. Quanto è importante per te l’interazione dello spettatore e il suo movimento fisico e percettivo all’interno di una tua installazione?
Operare con una duplicità-identità è tentativo di verificare la presenza del limite, percettivo e corporeo. Mi piace che lo spettatore possa avere libertà di interpretazione del mio lavoro… Giocare sull’apparenza e sulla realtà, sulla forma e la materia, sulla riflessione e l’illusione (reale o virtuale) è in un certo senso un paradosso: essere al medesimo tempo se stesso e l’altro.

Osservando le installazioni viene spontaneo associarle ad una accurata progettualità che potrebbe avvicinare la tua ricerca ad esperienze legate all’architettura e al design. Che importanza hanno queste discipline nel tuo lavoro? Oppure non godono da parte tua nessun interesse?
Ho sempre avuto l’interesse di confrontarmi con altre realtà in particolare con l’architettura prediligendo le espressioni minimali. La fortuna di abitare a Como mi permette di soffermarmi a lungo davanti alle costruzioni di Giuseppe Terragni che elevò alla massima potenza il rigore e la compostezza delle forme senza nulla togliere alla poesia. Questa disciplina è entrata in parte nel mio lavoro grazie anche alla collaborazione negli ultimi anni con Corrado Levi. Il design, per ora, l’ho esplorato poco.

La mostra in breve:
Yari Miele. Spazi di luce
Galleria Cart
Via Giuseppe Sirtori 7, Monza
Info: +39 039 329101
www.galleriacart.com
12 febbraio – 30 marzo 3011

In alto:
Yari Miele, “Costruzione di un ipotetico spazio di luce n°1 ON”, 2010
In basso:
Yari Miele, “Costruzione di un ipotetico spazio di luce n°1 OFF”, 2010

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