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Intervista a MATTEO NOIRE di Matteo Galbiati

Come avete affrontato il lockdown e la relativa chiusura della vostra galleria? Avete cercato di colmare il vuoto attraverso la progettualità online e/o attraverso un uso diverso dei social? Come si è modificato il rapporto con il vostro pubblico?
La Noire Gallery è da sempre molto attenta e improntata a una comunicazione digitale e social. Pur avendo sede a Torino, il nostro pubblico e la nostra clientela sono internazionali, per questo motivo abbiamo sempre considerato il nostro sito e i nostri profili social come una vera e propria estensione degli spazi della galleria, l’unico mezzo che ci permettesse di raggiungere anche coloro che non posso concretamente visitare la galleria. L’organizzazione del team e del lavoro a livello operativo non è quindi cambiata durante questi mesi di lockdown, quello che però è sicuramente cambiato è la propensione del pubblico a utilizzare strumenti digitali per fruire l’arte. Il lockdown ha paradossalmente educato il pubblico a godere dell’arte attraverso mezzi diversi dalla visita in galleria: questa nuova propensione ha fatto da cassa di risonanza per l’arte e per la comunità artistica, che è stata percepita come unita e attiva.

Installation view of So Indolent So Sneaky by Valentin Carron and Gardar Eide Einarsson at Noire Gallery, 2019 Photo courtesy of Noire Gallery

Mai come in questo periodo abbiamo sentito parlare di “mondo dell’arte” ma proprio in un momento come questo è difficile immaginarlo come omogeneo. Composto da figure diverse: artisti, collezionisti, appassionati, critici, curatori, galleristi, organizzatori, editori. Un insieme spesso diviso da interessi contrastanti… Ora, se e in che modo, vi sentite parte di un “sistema”? Come state affrontando, dal lato umano e pratico, la vostra attività? Vi siete posti degli obiettivi a breve termine?
Credo che il sistema e il mondo dell’arte, per quanto all’apparenza sembrino frammentati, siano in realtà uniti dalla passione per l’arte che accomuna tutti i diversi attori.
Di nuovo paradossalmente, il lockdown ha permesso che le relazioni umane diventassero non solo più frequenti, ma anche più intime. In questi mesi il ritmo del lavoro è diventato meno frenetico, si è ammorbidito, ed è quindi stato possibile aumentare i momenti di dialogo e confronto con gli artisti, i curatori e i collezionisti. Ovviamente, sempre tramite chiamate o video chiamate. Sicuramente quello che è venuto meno in questo periodo è l’aspetto più mondano del mondo dell’arte, ma fortunatamente gli spazi della galleria permettono di mantenere il distanziamento sociale e potremo riprendere presto anche questo tipo di incontri.
Non ci poniamo quasi mai obiettivi a breve termine: l’arte non è mai immediata, spesso sono richiesti degli anni prima che si riveli, indipendentemente dalle situazioni esterne.
Ragioniamo a breve termine solo per questioni più prettamente aziendali, ma questi mesi non hanno cambiato la nostra visione aziendale.

Installation view of Bottle Man (Suavely) by Valentin Carron at Noire Chapel, 2020 Photo courtesy of Noire Gallery

Siamo nella famosa Fase 3, ciò presuppone una visione in progress, un prima, un dopo e un poi. Restituiteci una fotografia che vi ritrae in questi tre momenti…
In tutte e tre le fasi la parola d’ordine è sempre stata: work. Indipendentemente dalla fase, l’arte non si è mai fermata e il nostro lavoro ha continuato ad essere di supporto alla creazione d’arte e alla promozione dei nostri artisti.

www.noiregallery.com

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