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intervista a MAURO STEFANINI di Livia Savorelli

Erano i primi di maggio e l’ANGAMC, l’Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea che, da mezzo secolo, lavora per tutelare le gallerie italiane, inviava una lettera/appello, una richiesta d’aiuto indirizzata al dicastero del MIBACT a firma del Presidente Mauro Stefanini e all’attenzione del Ministro per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo On. Dario Franceschini. La Fase 2 era alle porte e, tante, troppe, le incertezze…
Le Gallerie, così come i Musei, dal 18 maggio stanno progressivamente riaprendo ma nonostante i tanti progetti online sui siti dedicati e sui profili social la concretezza sembra ancora all’orizzonte. E così? Tanto si è detto in questi giorni ma noi vogliamo sapere: come stanno veramente le Gallerie all’alba della ripartenza?

Inauguriamo oggi con Mauro Stefaninititolare della Galleria Open Art di Prato e Presidente dell’ANGAMC – la nuova rubrica #volver. Il ritorno delle Gallerie

Come Presidente dell’ANGAMC, ricordando le istanze avanzate dall’associazione nella sopracitata lettera/appello – a cui si aggiungono le istanze e i dibattiti attivati dai vari attori del sistema, come ad esempio dal Forum dell’arte contemporanea, di cui l’ANGAMC è partner – quali sono le maggiori criticità che il mondo delle gallerie si trova ad affrontare e che sono state ulteriormente aggravate dalla pandemia e dal lockdown ad essa seguito?
Le gallerie d’arte italiane hanno assistito a una flessione del mercato già prima dello sciagurato avvento di questa pandemia: sono in sofferenza anche a causa di norme che le rendono poco concorrenziali, poiché esse non sono in linea con quelle con cui si misurano i nostri concorrenti stranieri. Nella fase pre-covid, quest’aria di crisi ha interessato in particolare le piccole e medie gallerie, che spesso non hanno accesso al mercato internazionale, vedendo ridurre il proprio campo d’azione al solo mercato italiano, già quasi saturo di offerta tra innumerevoli case d’asta (ubiquitarie sulla rete) e altrettante fiere.
Con la chiusura delle attività e con la prospettiva di non poter partecipare per diversi mesi alle principali fiere nazionali e internazionali e l’interruzione della programmazione espositiva, sono anche le gallerie più strutturate a soffrire, per via degli altissimi costi di gestione che devono sopportare.
Nonostante tutto sono ottimista per il futuro, considerando che la passione dei collezionisti è sempre viva e che la prospettiva di investire in arte facendone un solido bene rifugio è senza dubbio molto concreta, vista la volatilità che stanno dimostrando il mercato finanziario e immobiliare.

Roberto Casamonti (vincitore del Premio ANGAMC 2020) e Mauro Stefanini. Arte Fiera, Bologna, 2020

Come valuta le misure per la Cultura previste dal Decreto Rilancio?
Per usare un eufemismo, non sono particolarmente soddisfatto… Sicuramente gli interventi a tema fiscale saranno molto utili per porre rimedio ad una chiusura forzata che ha visto ridurre in maniera sostanziale il fatturato delle gallerie. Abbiamo però una stringente necessità di liquidità per ovviare ai mancati introiti di questi mesi di chiusura e per coprire le alte spese di gestione relative al sostentamento degli artisti, agli stipendi del personale e al pagamento di mutui o affitti per le nostre sedi espositive.
Nel contempo, abbiamo un disperato bisogno di norme che permettano una ripresa reale della competitività del mercato nazionale e internazionale delle gallerie e di misure che siano figlie di un disegno generale che implichi un’autentica innovazione negli approcci; desideriamo che finalmente si riconosca alla nostra categoria l’apporto sostanziale che ha fornito, con passione, competenza e capacità imprenditoriale, alle dinamiche culturali di questo Paese e che, di conseguenza, le istituzioni non si ricordino di associarci alla parola CULTURA solo quando questa relazione è soprattutto funzionale a dare lustro alla loro immagine pubblica. Nella lettera inviata al Ministro Franceschini sono condensate in breve le nostre richieste. Aspettiamo, ora, un riscontro.

Veduta della mostra Guido Pinzani. La forma nel tempo della forma, Galleria Open Art, Prato, 2020. Catalogo Carlo Cambi Editore con testo di Maria Letizia Paiato

Come ha affrontato il lockdown e la relativa chiusura della sua galleria? Ha cercato di colmare il vuoto attraverso la progettualità online e/o attraverso un uso diverso dei social? Come si è modificato il rapporto con il vostro pubblico?
Come tutti abbiamo implementato la nostra presenza sui social media, pur consapevoli che Facebook e Instagram sono molto utili come vetrina, ma non garantiscono un ritorno economico nel breve periodo.
I collezionisti che acquistano sapendo prescindere dal contatto diretto con l’opera, soprattutto quelli internazionali, cercano le opere d’arte sulle piattaforme online specializzate (Artnet, Artsy) ed è lì che abbiamo i migliori riscontri in termini di vendite.
In futuro l’attività sul web sarà uno strumento prezioso per superare l’impossibilità di organizzare eventi espositivi e di partecipare alle fiere di settore, ma dubito che nel breve periodo il rapporto diretto tra collezionista e gallerista verrà soppiantato dalla sola fruizione virtuale. Dovremo però saperci adeguare ai cambiamenti e farci trovare pronti, ma l’adozione di un atteggiamento “resiliente” è fondamentale per qualsiasi attività imprenditoriale.

Nuovo allestimento per la riapertura della Galleria, maggio 2020

Mai come in questo periodo abbiamo sentito parlare di “mondo dell’arte” ma proprio in un momento come questo è difficile immaginarlo come omogeneo. Composto da figure diverse: artisti, collezionisti, appassionati, critici, curatori, galleristi, organizzatori, editori. Un insieme spesso diviso da interessi contrastanti… Ora, se e in che modo, vi sentite parte di un “sistema”? Come state affrontando, dal lato umano e pratico, la vostra attività? Vi siete posti degli obiettivi a breve termine?
Ciascuna delle figure che lei elenca è un ingranaggio prezioso facente parte di un’unica macchina e la loro efficienza è condizione necessaria perché questo “sistema” possa mantenere la sua vitalità, culturale e commerciale. Negli anni scorsi la nostra categoria è stata criticata per l’incapacità di fare squadra, dimostrandosi spesso colpevole di adottare delle scelte di matrice individualista; attualmente, invece, come ANGAMC stiamo dimostrando con forza di condividere gli stessi obiettivi e le stesse priorità, pagando solo, questa è la nostra “colpa” principale, un numero di addetti ai lavori esiguo rispetto ad altri comparti (anche se stiamo parlando di 10.000 posti di lavoro creati da attività di gallerie, artisti, curatori, restauratori e trasportatori specializzati e di un volume d’affari di centinaia di milioni di euro, cui si aggiunge l’indotto che arricchisce il tessuto economico delle città) per poter far sentire la nostra voce in maniera adeguata.
Relativamente alla mia galleria, cambieranno in parte i metodi di vendita, ma non si modificheranno le modalità di ricerca delle opere attraverso le quali siamo divenuti riconoscibili nel panorama del mercato dell’arte. Privilegiando la qualità, specializzandoci sempre più nella riproposizione di artisti storicizzati con storia e mercato solidi, ci prefiggiamo di intercettare una clientela colta e attenta, che ami farsi guidare senza lasciarsi abbagliare dalla facile illusione, spesso dannosa, dell’investimento fai-da-te.

www.openart.it
www.angamc.com

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