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Varese | PUNTO SULL’ARTE | 24 novembre – 22 dicembre 2019

Intervista a VALERIA VACCARO di Livia Savorelli

Tra gli artisti delle ultime generazioni dediti alla pratica della scultura in marmo, dobbiamo sicuramente citare Valeria Vaccaro, torinese, classe 1988. In occasione della sua personale CARTA, FORBICE, SASSO da Punto sull’Arte a Varese – in cui già il titolo rimanda alla geografia della mostra, che «identifica  i due estremi di un percorso concettuale in cui la forbice rappresenta la cesura, l’arte, ciò che trasforma e cambia la percezione della realtà» – approfondiamo la poetica e la ricerca della giovane scultrice…

Veduta di CARTA, FORBICE, SASSO, personale di Valeria Vaccaro da PUNTO SULL’ARTE, Varese | 24 novembre – 22 dicembre 2019

Cosa significa per te “fare scultura” e quando e perché ti sei avvicinata alla materia “marmo”? Come ti sei rapportata alla sua intrinseca monumentalità e immobilità?
“Fare scultura” per me significa esprimere quello che inconsciamente ho da esternare, il mio è un lavoro introspettivo. Soprattutto nelle opere che simulano il legno combusto la meticolosità, la precisione e l’osservazione con cui definisco la superficie è diventata per me un mantra, una ripetizione di un gesto che mi permette di scaricare energie per trasmetterle ad un materiale considerato da sempre eterno come il marmo. Ho iniziato a lavorare questo prezioso materiale quasi per caso, quasi in modo obbligato, banalmente durante il mio corso di studi accademici mi sono imbattuta nel corso di marmo e pietre dure e l’unica cosa che ho fatto è stata riportare la mia sperimentazione sulla combustione, che allora avevo affrontato con materiali combustibili, su di un materiale non combustibile per eccellenza e così è nato un amore. Un amore verso un materiale che mi permette di ottenere “per forza del levare” il superfluo e di ottenere una precisione dei dettagli che mi auguro possa rimanere eterna.

Valeria Vaccaro, Handle with care, marmo bianco di Carrara e inchiostri, 2018, 400x350x167 cm

Parlaci della tua tecnica, il punto di partenza – come sottolinea Alessandra Redaelli, nel suo testo critico – non è il blocco ma la lastra di marmo…
In molti casi la scelta di utilizzare, per la realizzazione delle mie opere, la lastra di marmo piuttosto che il blocco è stata, sin dal principio, una scelta di tipo funzionale ma anche di rottura rispetto al pensiero che l’opera dovesse essere contenuta dentro un blocco.
Ho trasformato quella che pensavo fosse una mia debolezza in un punto di forza: per spostare un blocco di marmo come quello dell’armadio dell’installazione That which remains o un blocco per realizzare Handle with care size L ci sarebbero volute forza lavoro e attrezzature molto costose, per non parlare del costo di partenza del materiale, insomma degli investimenti che, soprattutto all’inizio, un artista non sempre può concedersi e quindi ho cercato il modo migliore per materializzare quello che avevo nella testa; se vogliamo ho cercato il modo più “ecosostenibile” per me, la natura ed i collezionisti. Le mie opere più grandi, infatti, sono tutte completamente smontabili e quelle di dimensioni più contenute come i pallet o le casse più piccole sono comunque ottenute tramite lo stesso principio di assemblamento.

Valeria Vaccaro, That which remains, 2015, marmo bianco di Carrara e inchiostri, 200x200x170 cm

Nella tua opera ingaggi un dialogo con lo spettatore fatto di attrazione, spaesamento e sorpresa, portandolo a credere di star osservando altro rispetto a quello che effettivamente è. Così un pallet, una cassa di legno, una lettera o una cameretta da bambini appaiono ai nostri occhi come forme residuali del nostro tempo, scarti del nostro vivere quotidiano… Un invito ad andare oltre le apparenze e a vedere l’intrinseca natura anche dell’oggetto più comune e scontato?
Un modo per rendere permanente la caducità dell’oggetto attraverso la sua cristallizzazione nel marmo?
Il mio non vuole essere solo un coup de théâtre: “oh, guardate, sembrava carta – o legno – e invece è marmo”. Quello è solo l’inizio. L’originarsi di un percorso di sinapsi che vorrei avvenisse dentro la testa dello spettatore. Perché dal momento in cui lo spettatore si accorge che quel materiale non è legno, ma piuttosto marmo, si scatena in lui un cortocircuito mentale per cui improvvisamente quello che avrebbe dovuto essere leggero diventa pesante, quello che avrebbe dovuto essere fragile – distruttibile col fuoco – si rivela indistruttibile, quello che avrebbe dovuto essere un oggetto di serie B diventa l’opera, e quindi un oggetto prezioso.
A materializzarsi sotto i nostri occhi sono oggetti che ad un primo sguardo risultano, nella loro evidente ovvietà, in legno, casse da trasporto in disuso, pallet, fiammiferi, relitti contemporanei ormai familiari, propri di una quotidianità cui ormai siamo avvezzi, sinonimo di desolazione, abbandono e spreco, anziché in depositi e magazzini occupano indebitamente spazi espositivi. Decontestualizzati rispetto ai luoghi a loro propri, tali oggetti di natura prettamente utilitaristica, servi muti dell’industria come dell’arte, vengono offerti allo spettatore come opera, dove il contenitore inaspettatamente si propone come contenuto.

Valeria Vaccaro, Marmiferi, marmo bianco di Carrara e inchiostri, 6x65x6 cm

Parliamo della combustione, perché la pratichi e che valore e significato attribuisci alla trasformazione perpetrata dal fuoco?
La combustione è elemento ricorrente nella mia ricerca artistica, segna un tempo trascorso, un avvenimento accaduto ed è metafora della resistenza della materia.
Ogni scultura è come se fosse un’istantanea di quel processo, dove l’attimo viene colto e reso perenne nel suo divenire: un istante fugace che viene congelato attraverso un materiale considerato da sempre eterno, cioè il marmo. Ad ardere sono oggetti mediocri, senza valenza estetica alcuna, ma il processo di trasformazione che li investe non si limita solo a una mutazione di materia ma si pone su un altro livello, donando loro un valore in quanto opera d’arte.
Gli oggetti rappresentati non sono perciò simbolo di negazione, ma di positiva trasformazione: contrariamente al loro aspetto consunto e logoro, sublimano verso uno stato superiore e si fanno metafora di vita nuova e migliore.
L’azione distruttiva delle fiamme si propone qui, allo stesso tempo, come ri-generatrice e sinonimo del gesto creativo dell’artista-demiurgo.

Valeria Vaccaro, Letter dittico 1, 2019, marmo bianco di Carrara e inchiostri, 17x11x0,3 cm cad. in teca plexiglss e legno 40x50x10 cm

Sta per inaugurare, da PUNTO SULL’ARTE a Varese, una tua personale: Carta, forbice, sasso. Anche in questo titolo il richiamo al gioco è evidente, così come al suo intimo significato, la materia più fragile (la carta) vince su quella più forte (il sasso). Perché hai scelto questo titolo e come hai ideato la proposta espositiva?
Il titolo rimanda a un gioco, sì, ma vuole farlo in maniera concettuale. È vero che il gioco – inteso come gioco percettivo – è importante nel mio lavoro, ma si tratta solo della superficie. La carta e il sasso del titolo non sono solo due figure di un gioco antichissimo che rimandano alla geografia della mostra, ma sono anche i due estremi di un percorso concettuale in cui la forbice rappresenta la cesura, l’arte, ciò che trasforma e cambia la percezione della realtà. La proposta espositiva nasce come conseguenza di questo desiderio di far varcare allo spettatore una serie di soglie. Con un’installazione a sé – Quel che rimane, la cameretta – che amplia il discorso a una soglia temporale, alla nostra trasformazione da bambini ad adulti con il suo portato di lutto e di nostalgia.

Veduta di CARTA, FORBICE, SASSO, personale di Valeria Vaccaro da PUNTO SULL’ARTE, Varese | 24 novembre – 22 dicembre 2019

Valeria Vaccaro. CARTA, FORBICE, SASSO
a cura di Alessandra Redaelli

24 novembre – 22 dicembre 2019
Inaugurazione: sabato 23 novembre 2019, dalle ore 18 alle 21

PUNTO SULL’ARTE
Viale Sant’Antonio 59/61, Varese

Orari: martedì – sabato: 10-13 | 15-19; domenica: 15-19

Info: 0332 320990
info@puntosullarte.it
www.puntosullarte.it

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