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VENEZIA | 55.Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia – Padiglione STATI UNITI D’AMERICA | 1 giugno – 24 novembre 2013

Intervista a CAREY LOVELACE di Ginevra Bria

L’artista cinese-americana Sarah Sze (1969, Boston, US) rappresenta gli Stati Uniti alla prossima edizione della Biennale di Venezia. Triple point è il titolo del progetto che allestisce in laguna, promosso dal Bronx Museum of the Arts di New York, con il sostegno dell’Ufficio per l’istruzione e cultura del Dipartimento di Stato americano, selezionato dai commissari Holly Block e Carey Lovelace, curatrice indipendente.

Conosciuta per le sue sculture-installazioni site specific realizzate con oggetti di uso comune, Sze realizza per la Biennale un’opera in dialogo con l’architettura del padiglione. L’installazione multipla, intitolata Triple Point, si articola in una sequenza di ambienti che, sfidando l’agente della forza di gravità, mettono in risalto la dimensione esterna e interna dell’edifico, sottolineando orientamento e disorientamento (New York Times). Espoarte ha intervistato in merito la Lovelace.

Qual’è stata la ragione di fondo che ha portato a scegliere Sarah Sze, come protagonista Padiglione Americano?
Il mio co-commissario, Holly Block ha seguito l’iter artistico della Sze per anni ed è sempre rimasta molto colpita dal suo continuo crescere, in particolare non ha mai mancato di elogiare il modo in cui lei affronta di volta in volta le sfide, creando lavori che diventano sempre più ambiziosi; progetti che comportano un diverso approccio nei confronti della loro realizzazione finale. Il Padiglione Americano ai Giardini appartiene ad una tipologia architettonica molto particolare e fin da subito, per questa nuova edizione della Biennale, è sorto il desiderio di trovare un artista che raccordasse le diverse proporzioni tra le parti, in un modo interessante. E Sarah è assolutamente centrata per questo obiettivo.

Che tipologia di supporter si è dimostrata essere l’istituzione del Bronx Museum, nei confronti di Triple point?
Abbiamo ricevuto un piccolo, iniziale sostegno da parte dello United States State Department. Il Bronx Museum è ufficialmente l’istituzione committente e ha coinvolto molti dei propri dipartimenti e soprattutto dell’amministrazione, includendo anche il proprio ambizioso engagement pubblico e parte del proprio endorsement interno (Holly Block è attualmente il Direttore Esecutivo del Museo e io sono una curatrice indipendente). Anche tutti i necessari passaggi di sostegno, come le attività di fundraising, sono stati organizzati dallo stesso Museo di New York, comportando anche il rilevante coinvolgimento della Ford Foundation e un supporto speciale per quanto riguarda le dotazioni digitali e i programmi di educational, da parte di Bloomberg. Inoltre, abbiamo creato un gruppo di lavoro formato da Venice Advisors e una sorta di Comitato Scientifico. Componenti esterni che hanno funto da ponte di collegamento tra noi e le istituzioni in Laguna. Un vero, incredibile supporto.

Potresti cortesemente spiegare l’etimo, il significato del titolo Triple point?
Triple point è un termine preso a prestito dalla Termodinamica, rappresentando quella condizione in cui si verifica che pressione e temperatura di una sostanza (come ad esempio l’acqua) permettono la sussistenza di tutti e tre gli stati della materia (ad esempio liquido, solido e gassoso; comprendendo dunque sia ghiaccio che vapore), in un equilibrio precario ma stabile.

Secondo te, come le strutture architettoniche della Sze rappresenteranno alcuni aspetti della Contemporaneità americana, alla Biennale di Venezia?
Sarah è uno dei più interessanti artisti attualmente attivi negli Stati Uniti. Inoltre, lei è un’artista-artista, come la chiamo io, qualcuno che si concentra esclusivamente sul proprio lavoro, sopra ogni altra attività, soprassedendo anche sulla propria carriera. Questa caratteristica apporta al suo operato una grande freschezza.

Quali aspetti tecnici ed estetici sottolineerano le installazioni di Sarah, nel Padiglione Americano?
Io credo che l’innovazione abbia sempre fatto parte della sensibilità artistica e culturale americana. Sarah esercita una vertiginosa quantità di invenzioni formali all’interno del proprio lavoro, ri-pensando e ri-stabilendo termini e condizioni dell’arte in sé, in maniera tanto profonda quanto sottile. Questa è la sua principale caratteristica, benché molti dei gesti all’interno del suo lavoro siano omnicomprensivi, a volte anche carichi di pathos, esiste ancora una moltitudine di minuscoli momenti che possono essere scoperti – seguendo diversi livelli di lettura. Sarah comprende, all’interno del proprio percorso, un numero di idee e sensibilità che spaziano: dall’architettura alla scienza; dalla matematica alla pittura cinese; dai paesaggi giapponesi alla prospettiva rinascimentale per arrivare al concetto di avanguardia occidentale. Ritengo che in questo senso il suo processo artistico sia definibile come un melting pot. Ma già questa mia asserzione è conferire una chiave di lettura a significati simbolici inseriti in una scelta che diventa prettamente curatoriale; mentre ciascuno può intenderlo e interpretarlo in molteplici modi possibili.

Con quale modalità e quali approcci la Sze entrerà in dialogo con gli spazi ben connotati del Padiglione? Dato specialmente il fatto che il suo lavoro risulta molto diverso, rispetto agli artisti selezionati per la scorsa edizione (Allora&Calzadilla), tanto formalmente quanto speculativamente
In effetti il Padiglione Americano ha un’architettura estremamente specifica. Il lavoro di Sarah ha instaurato un dialogo d’ascolto, molto particolare, con l’edificio in sé e la sua storia. L’artista ha assimilato e rielaborato tanto il suo simbolismo quanto i suoi materiali. Permane infatti una sorta di registro delle diverse scoperte di Sarah, un elenco che praticamente potrebbe non avere fine. Queste intuizioni stanno diventando un libro aperto a chiunque visiterà il Padiglione. Il pubblico potrà infatti ritrovare e godere delle osservazioni da lei dedotte, attraverso la rappresentazione di strutture e di modalità costruttive delle stesse. Grazie anche ad un lavoro assolutamente, percettivamente site-specific.

Potresti anticipare parzialmente il progetto che la Sze sta per presentare in Biennale?
Ogni galleria, ogni stanza all’interno del Padiglione Americano è stata ideata come una serie di ambienti, gli uni separati dagli altri. Sarà come passare attraverso un certo numero di esperienze, collegate, ognuna, attraverso una propria, specifica connessione, instaurata tra quella precedente e quella successiva. Sarà come attraversare ponti emotivi molto laschi. Questa tipologia di struttura, inoltre, continuerà anche all’esterno degli spazi….per ora è solo questo che riesco ad anticipare.

Potresti esprimere un messaggio, un augurio, una dichiarazione che introduca il progetto?
Questa è davvero una questione molto pericolosa da affrontare!

SARAH SZE. Triple Point
Commissari:
Holly Block, Direttore Esecutivo Bronx Museum of the Arts e Carey Lovelace, Critico e curatore indipendente
Organizzazione: THE BRONX MUSEUM OF THE ARTS, New York

PADIGLIONE STATI UNITI D’AMERICA

1 giugno – 24 novembre 2013

55. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia
Giardini della Biennale, Venezia

Info: www.labiennale.org

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