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Intervista a TOBIA RAVÀ di Chiara Serri*

Tobia Ravà – ph. Amedeo Fontana

Successioni numeriche che diventano immagine; immagini riconoscibili (e per questo rassicuranti) scomposte sino ai minimi termini per decriptare il mondo. Intervistiamo l’artista veneto Tobia Ravà, autore di opere pittoriche e scultoree raffiguranti in prevalenza paesaggi, animali e vedute di città, in occasione della sua personale La poetica dei numeri primi – Elementi di calcolo trascendentale, in programma fino al 30 novembre 2019 a Matera, e nel momento in cui si stanno definendo anche le ultime opere che, dal 3 agosto al 15 settembre 2019, saranno esposte alla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia per Algoritmi trascendentali – Trascendental algorithms, a cura di Maria Luisa Trevisan. Un’esposizione che, attraverso una sessantina di lavori e collaborazioni con artisti di diversa nazionalità, ripercorrerà oltre vent’anni di ricerca…

Il tuo lavoro si fonda sul rapporto tra arte e scienza, o meglio tra arte e matematica. Se visivamente siamo catturati da alcuni soggetti ricorrenti, come boschi, paesaggi, animali e architetture, ad una visione più approfondita ci rendiamo conto che l’immagine finale nasce da una “tessitura” di lettere e numeri. Come sei arrivato alla codificazione di questo linguaggio?
Il mio interesse per i numeri nasce dal fatto che le lingue antiche hanno un rapporto lettera-numero determinato spesso da un percorso logico. Avendo poi studiato a Bologna semiologia delle arti con Omar Calabrese e Umberto Eco, decriptare il mondo del visivo attraverso pixel non digitali ma analogici pitagorici è stato per me, sin dalla metà degli anni Novanta, entusiasmante come la scoperta di un codice segreto.

Tobia Ravà, Tempesta nel bosco (Tempesta in area golenale), 2019, resine e tempere acriliche su tela, cm 100×100

Quali sono le connessioni con la cultura ebraica? Penso in particolare al concetto di Ghematrià
Il valore numerico 263 è quello della radice ebraica Samekh Resh Ghimel che possiamo tradurre con “annodare o allacciare”; Soreg è il tessitore. La Ghematrià è uno strumento grandioso che permette di allacciare parole apparentemente lontane ma con lo stesso valore numerico. La stessa radice significa anche spezzare e rompere, così come accumulare o raccogliere e macinare. È chiaro che rappresenta una metafora dell’acquisizione della conoscenza e, per me, è una strada da esplorare in ogni sua diramazione.

Come viene tradotto il numero in immagine?
Ogni numero è una porta quindi le sequenze, tipo quella di Fibonacci o dei numeri primi oppure i numeri dopo la virgola del Pi greco, sono i mattoni con i quali costruire le mie immagini oppure il modo di scomporle ai minimi termini.

Si potrebbe dire che ogni tua opera sia una “macchina”, ovvero un dispositivo generato da un “codice”?
Sì, ogni mio lavoro pittorico o scultoreo è un tentativo di costruire un marchingegno per compiere quel salto “quantico” o di frequenza che mi permette di rivoluzionare l’ordine noto delle cose e riposizionare il timone verso una rotta prima impensabile.

Tobia Ravà, Shir Tanin alligator, 2018, bronzo da fusione a cera persa patinato e lucidato, cm 132x30x28

Qual è la finalità ultima dell’opera stessa?
Migliorare il mondo verso il Tikkun Olam, quella riqualificazione intellettuale dell’uomo che gli consenta di affrontare il futuro rispettando i suoi simili, gli animali e la natura. L’artista è un operatore spirituale e, quando si dimentica di questo, costringe l’umanità a fare un passo indietro, una involuzione. L’opera d’arte dovrebbe essere sempre la punta della freccia da seguire verso una più ampia profondità di campo intellettivo.

Piergiorgio Odifreddi ti ha invitato a Matera per illustrare la complementarietà tra scienza e umanesimo…
Odifreddi è un grande divulgatore scientifico, ma anche un logico. Credo che abbia visto nelle mie opere un elemento di spiritualità necessario alla cultura scientifica contemporanea per affrontare i cambiamenti epocali in atto.

Tobia Ravà, Universo entropico, 2018, catalizzazione UV su alluminio specchiante, cm 80×110

Dall’inizio di agosto sarai, invece, alla Fondazione Bevilacqua La Masa. Un momento importante nel tuo percorso…
Una mostra personale alla Fondazione Bevilacqua La Masa per un veneziano è un fondamentale punto d’arrivo, è il modo di poter condividere al livello più alto, con i propri concittadini e con il pubblico internazionale della Biennale di Venezia, un percorso che parte proprio dalla fantastica città dove ho vissuto e studiato e che ha la capacità di farsi assorbire fino al punto di essere parte determinante del processo creativo.

In mostra saranno presentati anche alcuni lavori realizzati a più mani. L’importanza dello scambio e della collaborazione?
Attraverso il progetto East Meets West, promosso dalla Citizens Foundation per sovvenzionare l’istruzione femminile in Pakistan, ho collaborato in qualità di mentore con quattro artisti pakistani – Amber Hammad, Mahbub Jokhio, Unum Babar, Matt Kushan – con i quali ho realizzato un lavoro a dieci mani, esposto alla Bevilacqua La Masa insieme ad altre opere frutto della collaborazione con l’artista algerino Abdallah Khaled. Lavorare sulla stessa tela con artisti di cultura diversa produce una serenità incredibile, tutta protesa verso una armonia universale. È parte stessa del mio lavoro, come lo sono le conferenze che tengo da molti anni negli atenei e nei licei, ma anche i workshop nelle scuole.

Tobia Ravà, veduta dell’allestimento al PaRDeS Laboratorio di Ricerca d’Arte Contemporanea, marzo 2019

Rimanendo al tema della collaborazione, quindici anni fa, insieme a Maria Luisa Trevisan, hai dato vita a PaRDeS, un Laboratorio di Ricerca d’Arte Contemporanea con sede a Mirano (VE)…
PaRDeS è un esperimento di condivisione espositiva che ogni anno coinvolge alcuni artisti su un tema scottante o di ricerca. Con UMANO&DISUMANO abbiamo riflettuto quest’anno sul momento storico attuale. In passato avevamo trattato il tema dei cambiamenti climatici e della violenza sulle donne. Ogni anno cerchiamo, con un gruppo di operatori e stagisti dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, di costruire un percorso con eventi a tema per cercare di “svegliare” questa umanità intorpidita che ormai percepisce solo i toni volgari della politica nostrana e pensa esclusivamente ai propri bisogni fisici e connettivi scambiando il progresso tecnologico con quello intellettivo.

www.tobiarava.com

*Intervista tratta da Espoarte #106.

Mostre:

La poetica dei numeri primi. Da Pitagora agli algoritmi
Tobia Ravà. Elementi di calcolo trascendentale
a cura di Piergiorgio Odifreddi

24 giugno – 30 novembre 2019

Palazzo Acito – Recinto II Fiorentini, Matera

Info: www.matera-basilicata2019.it


Tobia Ravà. Algoritmi trascendentali
a cura di Maria Luisa Trevisan

3 agosto – 15 settembre 2019

Fondazione Bevilacqua La Masa
Galleria di Piazza San Marco 71/c, Venezia
in collaborazione con PaRDeS – Laboratorio di Ricerca d’Arte Contemporanea di Mirano

Info: https://www.comune.venezia.it/content/fondazionebevilacqua-la-masa

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