Non sei registrato? Registrati.
LAPEDONA (FM) ǀ NELLO STUDIO DI RICCARDO ANGELINI

di MATTIA LAPPERIER 

Lo studio nasce, cresce e si sviluppa di pari passo con l’artista. Ne riflette la personalità nel modo più autentico. È testimone silenzioso delle sperimentazioni più ardite, del perfezionamento di tecniche affinate negli anni e custodite gelosamente. È anche il luogo delle infinite prove, delle notti insonni, delle cocenti insoddisfazioni, che tuttavia possono sfociare talvolta in successi inaspettati. #TheVisit ha lo scopo di aprire le porte a tali realtà che per loro stessa natura sono poco accessibili, spazi che in tempi di pandemia hanno rappresentato pure una delle rare occasioni di confronto diretto con l’arte contemporanea.

Un capannone di 500 metri quadrati, circondato da una superficie altrettanto ampia, avvolto da un silenzio quieto e sospeso, immerso in un’assolata campagna solcata da colli dolci, tipici del paesaggio delle Marche del sud, a circa 7 km dall’Adriatico; così è come appare il contesto ambientale in cui Riccardo Angelini ha collocato lo studio, dal 2018.

Veduta dello studio di Riccardo Angelini, ph. Carlotta Casiraghi

L’artista, marchigiano d’origine, dopo aver vissuto gli anni di formazione accademica a Bologna e in seguito alle molte esperienze di vita e professionali avviate a Parigi, città dove ha abitato stabilmente tra il 2012 e il 2018, ha infine scelto di fare rientro nella propria città natale, Moresco, in provincia di Fermo, e di allestire lo studio in una vicina zona di campagna. Già locale per l’allevamento, in un secondo momento divenuto falegnameria, il capannone, dopo qualche intervento di ripristino approntato dallo stesso Angelini, si presenta oggi decisamente spazioso, luminoso e ben esposto alla luce naturale.

Particolare dello studio di Riccardo Angelini, ph. Carlotta Casiraghi

L’ambiente è caratterizzato da un’ampia sala centrale polifunzionale, da cui si diramano una serie di isole indipendenti. Angelini occupa una di queste, altre due sono invece adibite a studio dei due colleghi Piergiorgio Asuni e Alessandro Di Sera; un ulteriore spazio è riservato poi ai lavori di carpenteria e restauro, l’ultimo ambiente è attualmente vuoto. Come si evince da questa breve descrizione, il capannone nel suo complesso è ben più di uno studio d’artista. È piuttosto uno spazio di condivisione, una fucina di idee e di progetti, un punto di aggregazione. Un luogo che, a dispetto dell’isolamento geografico, è per sua stessa conformazione votato al confronto e allo scambio, sia interno, tra i componenti fissi che vi risiedono, sia aperto in direzione di altre esperienze artistiche ed espositive, che trovano collocazione nella vasta sala centrale.

Riccardo Angelini, Aniccha n.7, 2021, clorofilla e tecnica mista su tela, 120×120 cm, ph. Carlotta Casiraghi

La stanza di Angelini, già di per sé spaziosa, è resa ancora più ampia dalle pareti tinte di bianco e dalla felice combinazione di luce naturale e artificiale, che rende il contesto illuminato uniformemente a tutte le ore. I muri tappezzati di dipinti, i diversi tavoli per il lavoro in orizzontale, le scrivanie ingombre e le poltrone, restituiscono la dimensione di uno studio in piena attività, votato alla ricerca e alla sperimentazione, nonché aperto al proficuo confronto con i visitatori. Disposti sui tavoli ci sono inoltre una considerevole quantità di solventi di varia natura (dal gel igienizzante, all’acqua di mare, alla metilcellulosa, all’amido di riso) e una serie di barattoli contenenti pigmenti naturali, largamente utilizzati dall’artista sia su tela, sia su carta, sia su carta fotografica. Ormai da molti anni Angelini ha infatti abolito il pennello, in favore di una particolare gestualità oscillatoria, da sempre latente nel suo lavoro, solo negli ultimi anni sperimentata sempre più consapevolmente. Attraverso il gesto l’artista distrugge una composizione da lui stesso organizzata in precedenza, trasformandola e ascrivendola così in un processo di provvisorietà che non lascia scampo. Ad acuire il senso di transitorietà sono appunto i pigmenti naturali – e quindi soggetti a ossidazione – come la cocciniglia, tintura dal colore che va dal rossastro al bruno, derivante dalla triturazione dell’insetto omonimo, o la clorofilla in polvere, estratta da piante, alghe e batteri. Una sorta di trans guida l’intero procedimento; la composizione ottenuta unicamente dal gesto, in combinazione alla forza di gravità, tende a far emergere spontaneamente figure zoomorfe e antropomorfe che, sin dagli esordi, accompagnano la pratica artistica di Angelini. Prima di stabilizzarsi del tutto, come peraltro testimonia l’ampia documentazione fotografica, è inoltre significativa la fase di assestamento cromatico che subisce l’opera, in virtù dell’esclusivo utilizzo di pigmenti non prodotti sinteticamente. È proprio tale fondamentale stadio metamorfico a permettere di annoverare il lavoro dell’artista entro i confini di una più generica riflessione sull’impermanenza. Un afflato spirituale emana dalle sue composizioni. Una poietica della forma, che risulta progressivamente distillata e purificata, permea l’intero processo creativo.

Riccardo Angelini, Duccha n.7 Moksha, 2021, cocciniglia e tecnica mista su tela, 185×149 cm, ph. Carlotta Casiraghi

Quella condotta dall’artista è una ricerca viva e palpitante, che si esprime per mezzo di elementi reperiti in loco, nell’ambito di un contesto spaziale dinamico e famigliare, come quello offertogli dallo studio. Quest’ultimo per Riccardo Angelini è più di un mero luogo di lavoro, è quasi uno spazio personificato che non a caso reca un nome proprio, ottenuto della crasi tra dialetto marchigiano e lingua francese, attribuitogli dallo stesso artista. Lou Capanneau è un luogo in cui questi si sente autenticamente se stesso, dove, dopo molti anni vissuti da fuorisede per lo più frequentando studi arrangiati, l’artista, com’egli stesso afferma, ha riscoperto

“quel peculiare sentimento di quieta felicità, provata dai bambini nel loro spazio di gioco”.

 

Ritratto di Riccardo Angelini, ph. Carlotta Casiraghi

Riccardo Angelini è artista visivo nato a Fermo nel 1980, si diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna con una tesi dal titolo La forma nell’informe nella quale, attraverso un percorso panoramico sulla macchia, approfondisce il tema della percezione e della psicologia della forma, focalizzando successivamente la propria ricerca artistica in questa direzione con l’intento di portarla ad un punto di sintesi assoluta. Negli ultimi anni, l’artista trasforma e trascende la sofferenza e la transitorietà in una dimensione evolutiva, sublimata e alchemica, attraverso l’uso di medium pittorici naturali, in particolare polveri di cocciniglia, clorofilla, cenere, grafite, in combinazione con l’acqua proveniente da sorgenti e mari prossimi ai suoi luoghi di vita e lavoro, in un legame intenso e radicato con il territorio in cui le opere hanno origine. Nell’alchimia dei materiali Angelini infonde alla sua poetica un afflato spirituale, un processo catartico e curativo che trasmuta il dolore nella meraviglia della forza creatrice. La materia pittorica conduce l’osservatore all’interno di una forma effusiva e mutativa, definita dal gesto, trasportata dal tempo attraverso la continuità spaziale, ulteriormente indagata dal mezzo fotografico, audiovisivo e scultoreo come traccia di un divenire costante, di un’evoluzione compiuta e in perenne rinnovamento. L’artista vive e lavora tra Moresco (FM) e Parigi, dove collabora con diverse realtà internazionali legate al mondo dell’arte e della cultura.
riccardoangelini.it

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •