BORGO PASINI, FRAZIONE DEL COMUNE DI CERVIA (RA) ǀ NELLO STUDIO DI GIORGIA SEVERI
di MATTIA LAPPERIER
Questo articolo di approfondimento sullo studio di Giorgia Severi fa riferimento a una visita in Romagna avvenuta appena pochi giorni prima dei recenti, tragici, avvenimenti. Il focus sullo studio di Giorgia Severi, che peraltro è stato risparmiato integralmente, vuole essere un omaggio della redazione di Espoarte a tutte le persone duramente colpite dall’alluvione.
Lo studio nasce, cresce e si sviluppa di pari passo con l’artista. Ne riflette la personalità nel modo più autentico. È testimone silenzioso delle sperimentazioni più ardite, del perfezionamento di tecniche affinate negli anni e custodite gelosamente. È anche il luogo delle infinite prove, delle notti insonni, delle cocenti insoddisfazioni, che tuttavia possono sfociare talvolta in successi inaspettati. #TheVisit ha lo scopo di aprire le porte a tali realtà che per loro stessa natura sono poco accessibili, spazi che in tempi di pandemia hanno rappresentato pure una delle rare occasioni di confronto diretto con l’arte contemporanea.
Giorgia Severi, a partire dal 2020, ha collocato il proprio studio in aperta campagna, appena dietro le saline di Cervia, in prossimità del corso del Savio. La disposizione attuale appare un ridimensionamento dello studio originario che ha condiviso per dieci anni, a Cesena, con l’amico e collega Marcantonio. L’impianto di fondo è comunque rimasto quello del capannone industriale, nettamente suddiviso in due ambienti deputati rispettivamente l’uno al lavoro d’artista e all’accoglienza degli ospiti, l’altro a fungere da archivio.
Anche nel periodo trascorso a Cesena, Severi non ha mai rinunciato a inserire lo studio entro una dimensione sociale feconda di stimoli. Il costante confronto con Marcantonio, sebbene mai sfociato in una reciproca contaminazione, ha, per così dire, contribuito a rendere il suo spazio attuale un luogo aperto agli incontri e alla discussione. Nella visione dell’artista, le persone invitate in studio sono di per sé foriere di preziosi momenti di arricchimento; persino un occhio critico esterno è bene accetto. Ciononostante, Severi lavora abitualmente in totale solitudine, per lo più all’aperto, sia in fase di sopralluogo che in quella di prelievo dall’ambiente naturale o effettiva azione site specific. In studio invece rielabora le molteplici esperienze condotte sul campo. Qui avviene la sintesi, o meglio, la postproduzione di una pratica artistica che individua le proprie ragioni più profonde nella precisa volontà di preservare saperi ancestrali che, nel loro insieme, definiscono un retaggio culturale, sempre più minacciato di dissoluzione da una società che stenta a riconoscerne l’inestimabile valore.
Da tali premesse muovono i cicli di frottage che Severi conduce sin dai propri esordi sulle cortecce di alberi accuratamente scelti perché in via d’estinzione o anche perché caratterizzanti endemicamente le peculiarità botaniche o antropologiche di un luogo specifico. Tale intervento di riappropriazione, poi esteso alle pareti rocciose che ospitavano ghiacciai e ad altre superfici di memoria, deriva certamente dalla formazione dell’artista, quando da studentessa dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna eseguiva rilievi calcografici di mosaici, per la loro riproduzione o restauro. In questo gesto l’artista già ravvisava un lucido prendersi cura di un prodotto dell’ingegno umano, recante di per sé un intrinseco valore culturale. Il frottage, poi rivolto all’ambiente naturale, assume pertanto un’intenzione conoscitiva e, allo stesso tempo, conservativa. Persino i colori vengono scelti dall’artista con l’intento di rievocare le particolari condizioni di luce che riverberano nell’ambiente in cui l’azione è stata praticata.
Il profondo e indissolubile legame di Severi con la sua terra di origine, con tutte quelle ataviche tradizioni antiche tramandate di generazione in generazione, l’hanno condotta a intraprendere un’autentica operazione di recupero che procede in parallelo – ma talvolta anche allacciandosi – alla propria ricerca artistica. La pluriennale collaborazione con l’Ecomuseo delle Erbe Palustri, così come l’infanzia trascorsa con nonna Teresa, espertissima conoscitrice delle proprietà nutrizionali e curative delle piante autoctone, oltre alle moltissime esperienze accumulate nel corso degli anni – dalla frequentazione delle signore romagnole esperte di intrecci per la realizzazione di sporte, al contatto prolungato con la cultura degli aborigeni in Australia – sono tutti tasselli imprescindibili di una formazione onnivora e continua. Severi studia, ricerca, approfondisce. Accumula il sapere e il saper fare, auspicando un repentino nonché consapevole ricongiungimento della nostra società con la natura e dunque con se stessa.
Lo studio diviene spesso il luogo ideale per tali ricerche e approfondimenti. L’artista lo vive quasi fosse la schiusura del proprio mondo interiore, una sorta di estensione di sé nello spazio. È il luogo dove trascorre la maggior parte del suo tempo; tale è la connessione con il proprio lavoro che arriva a confessare di essere attratta persino dall’idea di abitarvi, un giorno. Come accennato, se nell’ambiente naturale avviene la prima, sostanziale, fase di ricerca sul campo, in studio il linguaggio di Severi si articola in una molteplicità di tecniche che spaziano dalla fotografia, al video, alla ceramica, ai frottage, agli intrecci.
Opere di grande formato appese alle pareti, tavoloni di recupero utilizzati per il lavoro in orizzontale, ripiani per i materiali e qualche poltrona sono gli unici, essenziali, arredi che definiscono lo spazio. Menzione particolare merita inoltre una lunga mensola su cui l’artista ha disposto una selezione di fiori, pietre o ossa di animali; veri e propri talismani provenienti da varie parti del mondo che con la loro sola presenza rievocano viaggi o progetti del passato.
L’esterno penetra nell’interno e viceversa. È impensabile infatti soffermarsi sullo studio di Giorgia Severi senza accennare al contesto in cui è inserito. Da una costola della sua ricerca artistica, nonché dall’innato attaccamento alla propria terra, è nato infatti Orto Zangàl, l’azienda agricola che gestisce dal 2018 assieme alla famiglia e ad alcuni dipendenti. Alla stregua di un qualunque altro lavoro, i dieci ettari di campi che circondano lo studio rappresentano la sua scultura sociale, il suo retaggio più autentico, la materializzazione di quel connubio tra arte e agricoltura che individua in Joseph Beuys il massimo teorico di riferimento. Giorgia Severi, che considera il celebre artista tedesco un mentore spirituale, ne condivide gli intenti e le aspirazioni. Attraverso il proprio lavoro, dentro e fuori la soglia dello studio, si propone quotidianamente di proteggere e tramandare un prezioso retaggio radicato alla terra.
Giorgia Severi nasce nel 1984 a Ravenna dove studia restauro del mosaico e successivamente si forma all’accademia di Belle Arti della stessa città. Lavora e vive in Italia e all’estero. La sua ricerca si occupa di ambiente e paesaggio lavorando sull’archiviazione di paesaggi che vanno scomparendo o modificandosi velocemente per azione antropica, geologica e climatica, rivolgendosi ad ambienti naturali così come alle pratiche culturali legate al luogo stesso Negli ultimi anni ha esposto in: Galleria La Salita Madeira; MUSE Museo delle Scienze di Trento; Galleria Studio la Città di Verona; 56° Biennale di Venezia; Museo Nazionale della Montagna CAI di Torino; Museo Diocesano di Faenza; ArteFiera; ArtVerona; Galleria Marcolini; M. Contemporary Gallery Sydney; IIC Sydney; GASC Museo Arte Sacra di Milano; Casa Testori di Milano; Monastero di Camaldoli; Museo delle Cappuccine di Bagnacavallo; / MonoGAO21 + Magazzeno Art Gallery di Ravenna.