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#SPECIALEGALLERIE #GALLERYATTHEFIRSTSIGHT

Mentre un nuovo anno si è aperto nell’atmosfera del “posticipo” (vedi Fiere ed opening rimandati in prossimità della primavera) per le gallerie italiane, e non solo per loro, si tratta di affrontare ancora un anno che si preannuncia all’insegna dell’adattamento.
I temi su cui riflettere sono sempre tanti e abbracciano aspetti differenti che partono dalla programmazione di galleria, in presenza e online, agli strumenti e alle modalità di comunicazione, al ruolo del digitale e alle relazioni al di là di uno schermo. Non ultime le nuove sfide, prospettive e progetti da sviluppare cui una galleria non può mai prescindere pur nell’incertezza del momento.
Iniziamo una serie di appunti settimanali con la selezione di 26 gallerie scelte per introdurci nel 2022 con uno slancio verso il futuro. Approfondimenti online di cui trovate una sintesi sul primo numero di Espoarte dell’anno: il #116.

(a cura di Francesca Di Giorgio)

 


ROMA | The Gallery Apart

Armando Porcari e Fabrizio Del Signore


 

Il periodo storico che stiamo attraversando si sta rivelando un’occasione per riflettere sul ruolo delle gallerie come luoghi di vendita, di scambio, di progettazione ma anche spazi di sperimentazione artistica di scoperta o riscoperta di artisti.
Che cos’è oggi una galleria d’arte? Le gallerie d’arte possono essere ritenute ancora luoghi di sperimentazione? Potete raccontarci alcuni aneddoti, episodi ed esperienze personali (del passato o del presente) che facciano comprendere al pubblico cosa accade in galleria oltre ai classici momenti espositivi?
Le gallerie che si occupano di mercato primario svolgono molte funzioni (producono, promuovono e rappresentano gli artisti e il loro lavoro, custodiscono l’autenticità delle opere e ne certificano autenticità e provenienza, presiedono all’incontro tra il lavoro dell’artista e i collezionisti e gli appassionati d’arte, facilitano la relazione tra gli artisti e i curatori e le istituzioni) ma la loro principale utilità sociale è senza dubbio legata alla sperimentazione e alla scoperta. Di certo chi si occupa di contemporaneità non può non riflettere sui cambiamenti che si susseguono senza sosta, ma questo non significa rinunciare a individuare gli elementi fondanti che hanno consentito all’istituto galleria di attraversare ormai diverse epoche storiche senza che sia stato possibile negarne il ruolo. Aneddoti se ne potrebbero raccontare moltissimi: la maggior parte di loro mette in evidenza l’aspetto più importante che rende la galleria un luogo diverso da tutti gli altri, la complicità che si instaura tra artisti e galleristi.

Dimore. Mariana Ferratto – Rowena Harris – Luana Perilli, 2021, installation view AT The Gallery Apart Rome (ground floor), ph Giorgio Benni

L’esperienza della pandemia e il nuovo rapporto che si è venuto ad instaurare con la tecnologia e il digitale. Come avete continuato a portare avanti la vostra comunicazione, con quali strumenti e modalità? Questi strumenti, sviluppati a partire dalla necessità del momento, continuano ad essere parte integrante della vostra attività?
Di sicuro la pandemia, particolarmente nella sua prima e più acuta fase, quando entrare in contatto con l’altro era un imperativo etico e di sopravvivenza psicologica prima ancora che un atto propedeutico alla diffusione di messaggi culturali o commerciali, ha reso ancora più evidenti le potenzialità delle nuove tecnologie digitali. The Gallery Apart si impegnò a produrre contenuti da trasmettere in rete quasi quotidianamente mettendo in piedi, con il contributo di tutti gli artisti, una sorta di canale social che definimmo, con una significativa inversione semantica, Apart the Gallery. Un modo per restare vicini e in contatto anche quando la galleria reale era chiusa. Il ritorno alla (quasi) normalità ha coinciso anche con il ritorno a pratiche usuali che, specie ai fini di informazione sulle attività degli artisti, adottavamo anche in passato e che fanno moderatamente ricorso alle tecnologie disponibili.

Il 2021 ha segnato la ripresa degli appuntamenti in presenza. Tra mostre in galleria e la vostra presenza nelle fiere di settore, che tipo di feedback avete avuto dal pubblico e dal collezionismo?
Nell’anno appena trascorso si sono manifestate situazioni che non sappiamo se produrranno frutti duraturi. La fine del 2020 e la prima metà dell’anno successivo hanno visto una rivitalizzazione del rapporto con la città, sia perché Roma sta vivendo un momento di particolare vivacità grazie allo sbocciare di numerosi spazi collettivi di artisti (un fenomeno a cui abbiamo offerto un tributo con la mostra Chilometro Zero in cui sei giovani membri di Spazio In Situ hanno stravolto la galleria sia fisicamente che concettualmente), sia perché dopo mesi di clausura appassionati e collezionisti hanno ripreso a frequentare gli spazi d’arte a partire da quelli della loro città. Nella seconda metà del 2021 sono poi riprese le fiere, sicuramente con minori presenze sia di gallerie che di pubblico ma con un entusiasmo che si è positivamente riverberato anche sul piano commerciale.

Chilometro 0, installation view at The Gallery Apart Rome (ground floor), 2019, photo by Marco De Rosa

Qual è il vostro pubblico di riferimento e come lo avete visto cambiare nel tempo?
Il pubblico è un soggetto collettivo multiforme ed è diverso per ciascuna galleria perché molto dipende dal tipo di arte che viene proposta. Una buona parte degli artisti di The Gallery Apart propone messaggi politicamente e socialmente impegnati e questo fa sì che i nostri spazi siano molto frequentati da giovani, studenti e curatori, il che sinceramente ci fa molto piacere. Sin dall’inizio abbiamo dedicato particolare impegno a fare della visita in galleria un’esperienza culturalmente intensa ma anche piacevole e rilassante. Cerchiamo di dotarci sempre di strumenti, dai comunicati stampa all’accoglienza personale, in grado di rendere le mostre il più intelligibili possibile. È una impostazione che ci ha premiato sia in termini di affezione da parte del pubblico sia dal punto di vista della creazione di nuovo collezionismo.

Qual è, invece, il vostro personale rapporto con gli altri attori privati (le altre gallerie del vostro territorio) e le istituzioni come Musei e Fondazioni?
Anzitutto va sottolineata una condizione che rende Roma unica in Italia, vale a dire la presenza di numerose e molto qualificate Istituzioni culturali straniere, molte delle quali particolarmente attive nel campo dell’arte contemporanea in termini sia espositivi che di residenze d’artista. Quest’ultima attività in particolare ci ha sempre coinvolto: consideriamo un privilegio poter svolgere studio visits ad artisti internazionali senza doverci allontanare da casa. Questo nostro approccio entusiastico ha comportato negli anni il consolidarsi di rapporti anche personali e di amicizia con molte Accademie. Analogamente consideriamo le Fondazioni private un arricchimento per la città e, al di là dei rapporti di stima e amicizia con chi le anima, pensiamo che esse costituiscano tasselli fondamentali del mosaico di proposte che la Capitale d’Italia ha il dovere di proporre. In tal senso annettiamo la massima importanza ai Musei che costituiscono il motore e il biglietto da visita della vita culturale della città. Infine, consentiteci di dire che a Roma operano molte gallerie di altissimo livello; un po’ immodestamente ci viene da pensare che in alcuni recenti e particolarmente infelici passaggi della storia culturale della città, fra i pochissimi motivi che potevano spingere un appassionato di arte contemporanea ad acquistare un biglietto di aereo o di treno per venire a Roma vi erano senz’altro le programmazioni delle migliori gallerie romane.

CHTO DELAT – New kinetic melodies: on miracles, disasters and mutations for the future, 2021, installation view at The Gallery Apart, Rome (ground floor), photo by Giorgio Benni

Le Gallerie continuano ad essere tra i pilastri del Sistema e sono considerate come un punto di riferimento per artisti, collezionisti e non solo ma oggi più che mai dobbiamo chiederci: di che cosa avete bisogno in questo momento?
Avremmo certamente bisogno di maggiore coesione per poter contare di più. Le esigenze del settore sono state elencate talmente tante volte che quasi non vale la pena ripeterle. Il problema è che queste doglianze trovano spazio solo nelle riviste o nei siti di settore, nonché negli interminabili scambi di opinioni che intercorrono tra i galleristi nelle occasioni di incontro, ma non arrivano ai decisori politici perché non siamo mai stati in grado di trasformarci in lobby. Basti un esempio: quando qualche tempo fa il Governo francese fece intendere di voler pesantemente accrescere l’aliquota della tassa sul consumo nel settore delle opere d’arte contemporanea, la locale Associazione delle gallerie commissionò ad una primaria società di studi sull’economia dell’arte (peraltro neanche francese ma irlandese) uno studio da cui si evinceva in maniera inoppugnabile che il livello di tassazione cui il Governo aveva pensato avrebbe comportato molti più svantaggi che vantaggi per l’economia nel suo complesso e persino per il gettito atteso. Il risultato fu un ripensamento da parte del Governo e la fissazione di una aliquota lontana anni luce da quella in vigore in Italia.

Spesso si parla di mancanza di coraggio da parte del sistema dell’arte ma oggi nel mercato dell’arte contemporanea è ancora possibile assumersi margini di rischio? Da quando siete alla direzione della Galleria a quali cambiamenti sostanziali ha assistito nel mercato dell’arte?
The Gallery Apart nasce nell’ottobre del 2003: dal punto di vista dei cambiamenti intercorsi, praticamente un’altra era geologica! Anche limitandosi a citare i fenomeni più evidenti si comprende quanto sia stato e sia difficile adeguarsi al mutamento continuo. Internet, voli low cost e proliferazione delle fiere hanno condotto a un mutamento genetico della figura del collezionista, di fatto annullando il concetto di bacino d’utenza su cui invece le gallerie avevano fondato le loro fortune fino a una quindicina di anni fa. Al netto della capacità di creare nuovo collezionismo naturalmente portato ad un rapporto di iniziale affezione, le gallerie oggi possono solo parzialmente contare su sostenitori stabili e devono competere a livello globale, indipendentemente dalla loro dimensione. Questa condizione ha contribuito ad un ulteriore fenomeno, quello della concentrazione di quote di mercato in mano a poche gallerie di dimensioni sempre più grandi e alla chiusura di molte gallerie medio-piccole. Ma il vero tsunami che ha investito le gallerie di ricerca e di scoperta di nuovi talenti è stato provocato dall’ingresso delle grandi case d’asta internazionali nel mercato primario. Un evento culturalmente deleterio sia rispetto allo sviluppo del collezionismo, che si è in buona parte finanziarizzato, sia rispetto all’indirizzo che in generale sembra aver imboccato quella che ancora usiamo chiamare arte contemporanea ma che ormai non costituisce più un unicum fondato su valutazioni di merito artistico. Basti vedere come le blue chips delle aste non siano mai presenti nelle grandi Biennali e come viceversa le star delle Biennali difficilmente siano reperibili nelle aste. Ormai le arti contemporanee sono due.

Nuove sfide e prospettive. Progetti da sviluppare o in cantiere?
La sfida è mantenere la propria identità: i progetti vengono di conseguenza.

 

MOSTRA IN PROGRAMMA:

TREMIT ANTE ARESCIT.
Un progetto di Dominik Lang Anna Fiedlerová, Václav Girsa, Eva Koťátková, Jiří Kovanda, Dominik Lang, Anna Ročňová
La mostra è accompagnata da un testo critico di Edith Jeřábková

4 marzo – 22 aprile 2022
Inaugurazione 3 marzo 2022, h. 15.00

The Gallery Apart
Via Francesco Negri 43, Roma

Info: +39 06 68809863
https://www.thegalleryapart.it/

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