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L’anima del quotidiano, I grandi maestri, An Invasion of a privacy invaded, sono alcune delle serie recenti di Renato Meneghetti che costituiscono – insieme ad opere più “datate”, Vertebrati paralleli (2000), Sensazione minima (2006) – il percorso che dall’interno di Spazio Gianni Testoni La 2000 + 45 conduce all’esterno, all’incontro diretto con il pubblico nell’installazione/performance Optional. Tutte, indistintamente interconnesse tra loro e legate, a doppio filo, con il nostro vissuto. D’altronde, come ricorda Alberto Mattia Martini, Pierre Restany in Meneghetti aveva ravvisato un uomo del suo tempo che «ha saputo presentire l’imminenza del mutamento della nostra coscienza percettiva e dell’emergere di una dimensione globale della comunicazione»…


Francesca Di Giorgio: Seppur Inside, la personale in corso da Spazio Gianni Testoni La 2000 + 45, faccia pensare direttamente alle sue famose radiografie conduce ad un secondo binario che, come afferma Alberto Mattia Martini, la inserisce perfettamente nello Zeitgeist contemporaneo: quello spirito del tempo che la vede operare a cavallo tra materialità e spiritualità…
Renato Meneghetti: Manipolo la materialità per raggiungere la spiritualità. A volte ci riesco.

In questa direzione Optional, l’evento performativo programmato in parallelo all’esposizione in galleria, indica un palese riferimento al funzionamento, o meglio alla parziale inattività dei cervelli contemporanei…
Meglio dire al funzionamento deviato dei cervelli contemporanei. Oggi il cervello è poco usato da chi decide le sorti del pianeta e anche da chi lo abita ed è quasi un bene perché quando viene usato (gonfio) provoca catastrofi di tutti i generi: il pensiero di noi contemporanei è malato!
Si gonfia, si sgonfia, si perde, si ri-gonfia, si ri-sgonfia, si ri-perde. Dove sta andando? Un grido di allarme per quello che si può definire l’assassinio che l’umanità mette in atto nei confronti della natura e di se stessa. Paura e sogno. Immagine e presagio della Fine. Follia Globale. Quali conseguenze? Quale futuro? Viviamo senza avere nessuna prospettiva, senza direzione, mossi da un movimento “mistero”. Che specie di umanità nascerà da una natura cieca come la nostra? Cultura della frivolezza, della violenza. Che essere umano o disumano nel prossimo millennio? Adesso dove siamo? In un deserto di idee. Il mondo è cieco! Viviamo o (s)viviamo? Viviamo male, senza speranza, con la paura che avanza. Facciamo il conto delle malvagità, violenze, delitti, guerre. L’unica regola del mondo è il potere e il denaro! Siamo alla tragedia, la cultura viene usata come arma contro altre culture. L’essere umano è l’unico essere crudele del pianeta. E non smette di impegnarsi anche di fronte ad un “non futuro”. Paura e sogno. Come l’Ouroboros, cerchio costante di vita e di morte, così il pensiero si fa mostro padrone del nostro deserto quotidiano. La follia d’un padre, d’un figlio, d’un sistema, d’un popolo, che uccide gli altri e se stesso, è immagine e presagio della Fine. Anche la pittura di Renato Meneghetti è fiamma ed è serpente, ma in questo caso dovremmo chiamarlo alchemicamente Ouroboros: il serpente-drago che ha il sentimento dell’immortalità, che si piega su se stesso componendo un circolo perfetto.
«Gradualmente, – scriveva Jung – l’uomo si trasforma in Ouroboros, il serpente che si mangia la coda, che divora se stesso, fin dall’antichità simbolo dell’uomo posseduto da un demone».

In cosa consiste?
Dopo le esposizioni del Castello Sforzesco di Milano e del Museo Nazionale di Palazzo Venezia a Roma, Optional verrà esposto, gonfiato nella centralissima Piazza Galvani, una delle più importanti e storiche piazze di Bologna. Un enorme cervello si gonfia e si sgonfia al ritmo del suono di allarmi militari; ci si può entrare e partecipare al suo respiro per ammirare l’assoluto vuoto… di pensiero. Una scultura gonfiabile, un’opera di denuncia sottilmente sarcastica, in linea con la mia pungente produzione artistica. Una performance che in maniera ironica ci pone un quesito: il cervello oggi è forse un optional?
Per gli uomini del Terzo Millennio l’uso del cervello è un Optional, per questo assistiamo alla catastrofica situazione mondiale: sempre sgonfio (non in uso) raramente si gonfia (in uso). Meandri di tubi trasparenti che improvvisamente, ma con lenta erezione, si gonfiano a formare gli emisferi cerebrali: una cupola gigantesca. L’apertura tra i due emisferi permette l’accesso ai visitatori alla “cattedrale” per ammirare… l’assoluto vuoto. Lentamente, il “tempio” si sgonfia tornando un ammasso informe. In successione il cerebro si ri-costituisce: la rimessa in funzione del cervello, del pensiero. Il risveglio della pubblica coscienza. Encefalo di grandi dimensioni in vinile trasparente, 570x840x900 cm.
Tubi trasparenti formano i meandri degli emisferi cerebrali.
Si gonfia automaticamente grazie ad un orologio a tempo che comanda un compressore d’aria. Un potente segnale acustico avverte del pericolo e la registrazione di una voce decisa esorta il pubblico ad uscire. Si sgonfia automaticamente grazie ad un sensore che rileva che la cupola è vuota e lancia un input alla valvola di sgonfiamento.

La radiografia è un mezzo apparentemente “freddo” a cui l’uomo deve sottoporsi con cautela a causa della dannosità dei suoi raggi. Cosa l’affascina dell’interazione tra materia e radiazione?

Le radiazioni sono invisibili, questo mi affascina, ciò nonostante mi permettono di “vedere oltre”, di vedere dentro la materia che non mi affascina proprio per niente: “Aldilà dell’occhio”. L’indagine normalmente coinvolge solo gli uomini, ma non per me, coinvolge uomini e cose: anche gli oggetti hanno un’anima.

Ci racconta nella pratica gli interventi che opera sulla radiografia, la cui indagine  coinvolge – come ha sottolineato – sullo stesso piano uomini e cose?
[…] i radiologi che per le loro diagnosi devono fondarsi sulle ombre più labili che compaiono in un tessuto, imparano a prezzo di un duro tirocinio, come spesso “credere sia vedere” […]. Per il medico sono i paesaggi della malattia o della salute. Per l’artista sono solo forme, con o senza senso estetico. La conoscenza e la vista non sono che un gioco infinito d’ombre… D’altra parte adoro le sfumature. Sono un inguaribile e attento indagatore tra il visibile nascosto e l’invisibile apparente. La rappresentazione come espressione immediata dello spirituale nella quale la luce è il principio attivo della vita, e la forma, l’essenza dell’anima.
La mia immaginazione mi ha portato ad una ricerca nei meandri dello spirito e della mente, ho radiografato il pensiero e l’esistenza per rappresentare il tutto servendomi di immagini intime, della luce, del colore. L’ombra è luce, la luce è ombra. Nelle mie opere radiografiche la forma è vuota e il vuoto è la forma. L’idea persegue una speranza per una continuazione; per un principio basato sull’immortalità. Io non sono dominato dalla paura della morte, sono immortale e quindi la ritraggo. Il segno come espressione immediata di esperienza spirituale, introspezione profonda negli abissi dell’inconscio, tracciato misterioso di una scrittura senza tempo, fertilità immaginativa. Ho registrato minuziosamente i momenti delle emozioni e delle meditazioni portando le traiettorie dell’indagine oltre i confini di qualsiasi altra discesa nei meandri dello spirito e della psiche. Ho scomposto, frantumato, radiografato pensiero ed esistenza per ricomporre il tutto servendomi delle proprietà generative della materia e della luce, in una serie di combinazioni variabili all’infinito e ogni volta più ricche. Le radiografie sono un ritratto, nel quale però non risultiamo belli ed eleganti. Risultiamo nudi. Lateralmente sembriamo una scimmia, un polipo, una figura primitiva nella nebbia… Possiamo vederci come una luna bellissima, piena e luminosa. La mia pennellata è banale, anzi non esiste e ciò che conta è quanto tenta di dimostrare. Semplicità, immediatezza e profondità sono una cosa sola.
In questa opera che nasce, come sono sempre nati i miei lavori, da una improvvisa intuizione e da un subitaneo realizzarsi attraverso un’operazione frenetica, io scopro con evidente gioia la mia perfetta adattabilità al mezzo radiografico… Il mezzo radiografico mi fornisce la possibilità, grazie ai suoi inesauribili aggiornamenti sul versante tecnico, di mutare continuamente il mio programma estetico e la conseguente rappresentazione.
Le sequenze attraverso i luoghi della Radiografia, nelle regioni del corpo, dove la trasgressione muore tra i simulacri dell’apparenza, e la voce, ultima espressione dell’essere, si spegne nell’orizzonte del silenzio. Ma, a questo punto, l’immagine consegna le vibrazioni delle ombre, dei residui. E la paura, la disperazione, la rabbia, il desiderio si ricompongono in una sinfonia…
Tante ossa popolano le mie tele. Sono un realista, vedo come in effetti siamo. E non siamo altro che scheletri che camminano. Ho utilizzato le radiografie, per vedere e far vedere dentro l’uomo. L’uomo nudo, senza carne. Sotto l’epidermide, niente. Qualunque forma, immagine, paesaggio, nuvola è fuori ma è dentro di noi. Il corpo umano contiene tutto ciò che è osservabile in natura.

Ha affermato: «Attraverso la rappresentazione della morte sono riuscito a comunicare la vita per cercare l’essenza della verità». Il potere rivelatorio della radiografia, fondato su base scientifica, urta contro una realtà cui l’artista contemporaneo sembra prendere le “distanze”, fornendo domande più che risposte…
Temo, purtroppo, che anche le mie opere forniscano tante domande e poche risposte. Non ho mai rappresentato la morte, ho solo giocato con lei, l’ho truccata, imbellettata, incipriata, ho danzato con lei, ho cercato di carpirne i segreti e in lei cercato le verità: l’ho posseduta ma mai desiderata. Probabilmente per esorcizzarla. Ho tanta paura di morire!
Bisogna imparare a “vedere oltre” solo così ci si accorge che tutto il finito è dentro di noi:  fiumi, laghi, cieli, soli, lune, alberi, montagne, pianure, nebbie… tutto è rintracciabile dentro di noi e sufficiente saper guardare e cercare: siamo il contenitore di tutto, il macro cosmo nel micro. Per esempio il cervelletto è il più bello dei mari in tempesta, decisamente più bello delle tempeste o nuvole di Turner.

Pittura, video, cinema, musica, scultura… ciò che interessa non è tanto il mezzo ma la capacità di tradurne l’utilizzo con versatilità e coerenza, nell’arte contemporanea non stupisce, quindi, il passaggio o la commistione da una tecnica ad un’altra ma l’attitudine. Quando ha scoperto la sua?
La mia attitudine l’ho scoperta a 5 anni, nel 1952, quando ho iniziato a dipingere. Poi, strada facendo, ho imparato e scoperto tante tante cose e ad ogni scoperta ho dovuto dare un’espressione per rappresentarla; ecco allora la pittura, la scultura, la fotografia, la musica, il cinema, il teatro, l’architettura, il design… tutti mezzi dei quali mi sono impossessato per poter meglio rappresentare. Sono nato pittore e resto pittore, ma a volta tradisco perché una sola bella donna non mi è mai bastata. Poi la folgorazione: nelle radiografie di un occhio ho visto stelle, comete e galassie… l’infinito.

La mostra in breve:
Renato Meneghetti. Inside
a cura di Alberto Mattia Martini
Spazio Gianni Testoni La 2000 + 45
Via D’Azeglio 50, Bologna
Info: +39 051 371272 | +39 051 580988
www.giannitestoni.it
Fino al 12 giugno 2010

In alto da sinistra:
Sensazione minima, 2006, scultura componibile, struttura di alluminio, lastre Rx dipinte ad alcol, sorgenti luminose, 15 light boxes, cm 57x57x15 ciascuno.
Render installazione Optional, piazza Galvani, Bologna.
Dama dall’Armellino o Ritratto di Cecilia Czartoryski, 2010, alcool su tela emulsionata, cm 84×60.

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