VARSAVIA | ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA DI VARSAVIA | FINO AL 6 DICEMBRE 2023
Fino al prossimo 6 dicembre, l’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia ospita la mostra Qfwfq. Storie di artisti in movimento, un progetto a cura di Leonardo Regano e Alex Urso che mette a confronto, sul tema del viaggio, dieci artisti di nazionalità italiana e polacca: Elena Bellantoni, Karolina Grzywnowicz, Diana Lelonek, Claudia Losi, Jacopo Mazzonelli, Marta Nadolle, Michał Smandek, Giuseppe Stampone, Radek Szlaga, Alex Urso.
La mostra si inserisce idealmente nelle celebrazioni per il centenario della nascita di Italo Calvino, suggestione che è rimarcata dall’omaggio nel titolo al personaggio protagonista de Le Cosmicomiche.
Come scrive Regano nel testo che accompagna la mostra: “Qfwfq è un viaggiatore che si muove oltre lo spazio e il tempo conosciuto. È un personaggio che è stato sempre presente, testimone e narratore della creazione dell’intero universo e di ogni cosa in esso contenuta. Qfwfq è un essere puro, che sperimenta sentimenti ed emozioni umane pur non possedendo né corpo né anima. Qfwfq è un principio assoluto, un’idea dell’esistenza che si declina differentemente in ogni racconto per affrontare sfide e situazioni legate alla storia dell’universo. La mostra presentata nelle sale dell’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia trae ispirazione dal personaggio protagonista de Le Cosmicomiche e di Ti con zero rendendo omaggio a Italo Calvino e idealmente associandosi, così, alle celebrazioni per il centenario della sua nascita. Sul filo del racconto di Calvino, dieci artisti, cinque di nazionalità italiana e cinque di nazionalità polacca, si confrontano sul tema del viaggio e della migrazione declinandolo in differenti possibilità di lettura, in un dialogo che riunisce e mette a confronto sensibilità creative e linguaggi espressivi eterogenei. Ognuno di loro incarna un potenziale Qfwfq, esploratore di mondi e di relazioni che sono la base di ogni viaggio.”
La mostra si apre con un incipit visivo dato dall’opera di Giuseppe Stampone (Cluses, 1974), tratta dal ciclo La natura delle cose prodotta per il Museolaboratorio – ex manifattura tabacchi, Città Sant’Angelo (PE), grazie al sostegno del bando “PAC 2021 – Piano per l’Arte Contemporanea” promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea (leggi qui l’approfondimento). L’artista abruzzese declina il viaggio come un ritorno al punto di partenza, un omaggio alla sua terra d’origine e alla sua storia personale. Da questo viaggio, intimo e privato, ci si confronta con l’opera di Michał Smandek (Rudzie Śląskiej, 1981), Prognostik (2013), un ciclo di lavori incentrati sul delicato equilibrio del rapporto tra uomo e natura che l’artista polacco ha tradotto in immagini ispirate dal suo viaggio in Italia e alla sua ricerca sui territori vulcanici, paesaggi aspri e ricchi di fascino in cui si esprime la precarietà che da sempre contraddistingue la vita nel Bel Paese. Il viaggio di Diana Lelonek (Katowice, 1988) è, invece, un percorso temporale dedicato alla regione della Slesia e allo sfruttamento del territorio per le risorse minerarie. La sua opera ricrea un paesaggio che sembra quasi lunare composto dalla sovrapposizione di antiche foto d’archivio delle miniere e immagini contemporanee dei ghiacciai, di disegni di libri di botanica e foto delle vecchie acciaierie di Katowice.
Nella sala principale ritroviamo l’opera di Smandek e Stampone, messa a confronto con l’opera di Elena Bellantoni (Vibo Valentia, 1974) che presenta una piccola selezione del progetto HALA YELLA adios/addio (2013), immaginario abecedario in cui Bellantoni si fa interprete di un confronto importante con l’Abuela Cristina Calderón sulla lingua e la cultura yaghan, dichiarata oggi ufficialmente estinta dopo la morta di Calderón, nel 2022. In queste opere si esprime appieno la complessità della ricerca dell’artista, che unisce le arti visive all’approfondimento antropologico e filosofico. Il lungo viaggio di Bellantoni verso la Terra del Fuoco per incontrare Cristina Calderón è quasi antitetico al lavoro di Marta Nadolle (Warsaw, 1989), che ci pone davanti al senso di uno spostamento mancato. Nei suoi dipinti, l’artista polacca propone tranche de vie spesso autobiografiche che affrontano tematiche legate alla crescita personale, alle relazioni di coppia, alle emozioni umane. Sullo sfondo di queste immagini, si riconosce una Varsavia in continua evoluzione e cambiamento ma in cui ancora persistono le tracce del passato recente: le scene di interni e i luoghi dipinti dalla giovane pittrice mostrano echi del sistema a blocchi della precedente edilizia residenziale in cui la vita quotidiana si concentrava spesso nella sola corte interna.
Come Bellantoni, invece, Karolina Grzywnowicz (Krakow, 1984) dona una connotazione storica e politica al tema del viaggio, legandolo alla memoria collettiva e identitaria di un popolo. Every Song Knows its Home è un’opera sonora, un archivio digitale che raccoglie canti popolari raccolti dall’artista in residenza nel campo profughi palestinese di Al Amari, che assumono la valenza di un forte segno di appartenenza per la gente in fuga e ci raccontano il dramma del viaggio di uomini e donne perseguitati e privati di ogni loro avere.
In Lontano da dove (Far From Where) Alex Urso (Civitanova Marche, 1987) si riconduce idealmente alle riflessioni di Stampone sulle origini familiari con un lavoro delicato e prezioso di ricerca, che si traduce in una serie di collage che assemblano album di famiglia, appunti, immagini di luoghi, lettere e mappe geografiche, ricostruendo un passato familiare segnato dalla speranza di un futuro migliore in Sud America. Nell’assenza dei volti e di ogni dettaglio caratterizzante, l’autore travalica il ricordo privato per portare la sua opera in una dimensione più ampia, collettiva e condivisa.
Jacopo Mazzonelli (Trento, 1983), in Anthem, riporta il confronto su una dimensione politica e sociale del viaggio. Le 27 tavolette lignee, rivestite di un tessuto monocromo e fonoassorbente che compongono l’installazione a parete, citano le 27 bandiere dell’Unione Europea prive di cromie e di tracce identitarie: Mazzonelli esclude ogni diversificazione, sovvertendo intenzionalmente i concetti di identità, confine e coralità e in un concreto senso di unione.
L’idea di confine è centrale anche per Radek Szlaga (Gliwice, 1979) che in Greenpoint (titolo che richiama il quartiere newyorkese in cui si concentra la comunità polacca) e Kresy (“frontiera” in polacco) costruisce un atlante privato della sua storia di nomade moderno: originario di Gliwice, Szlaga oggi vive tra gli Stati Uniti, il Belgio e la Polonia. La sua pittura è carica di rimandi extra pittorici, oggettuali, fotografici e installativi, e in essa ritroviamo il riferimento alla mappa già presente in Urso, anche qui destrutturata attraverso una precisa azione di stratificazione materica e oggettuale.
Conclude idealmente questa ricognizione sul viaggio, l’opera di Claudia Losi (Piacenza, 1972). In Dove stare (2021), una tenda da campeggio è scelta come simbolo di un’esistenza nomadica, un mondo-bozzolo in cui rinchiudersi, riposando, in attesa di continuare il viaggio. Ma è anche un luogo in cui chiudersi per ritrovare un’intimità perduta con il sé e, attraverso la quale, tornare a guardare il mondo.
Qwfq. Storie di artisti in movimento
a cura di Leonardo Regano e Alex Urso
12 ottobre – 6 dicembre 2023
Istituto Italiano di Cultura di Varsavia
ul. Marszałkowska 72, Varsavia (Polonia)
Orari: da lunedì a giovedì 10.00-13.00 e 14.00-16,30; venerdì 10.00 – 14.00
Info: tel: +48 22 6280610
iicvarsavia@esteri.it
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