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Intervista a cura di Alessio Cotena

Per accompagnare la mostra Impact del giovane artista Julian T. abbiamo deciso, insieme a lui, di non presentare il consueto testo critico osannante i lavori esposti ma, ispirandoci al lavoro del noto Hans Ulrich Obrist, utilizzare l’intervista quale metodologia critica. In questo modo, attraverso un dialogo continuo, l’artista diviene il reale protagonista della sua ricerca. Il dialogo è inoltre un intreccio di punti di vista e di back ground: il mio, di uno storico dell’arte che si confronta con il passato e con il mondo della “cultura visuale”, e quello di Julian, l’artista, il presente, la partecipazione, l’emozione.

Alessio Cotena: Direi che sarebbe una buona idea partire dall’inizio. Che cos’è l’impact?
Julian T.:
L’impact è un progetto che riflette su alcune delle caratteristiche della nostra società. Una società che oggi, più che mai, dà importanza all’impatto, all’esigenza di apparire, al bisogno di colpire, di uscire dalla massa e di emergere.

Ma quindi tu che lettura dai di questa società? la tua arte è critica nei suoi confronti?
No, assolutamente. In tutta la mia ricerca non c’è mai un senso di accusa nei confronti del presente, non mi interessa scendere nel merito etico della questione, mi limito ad osservarne le caratteristiche.

Si, in effetti dalle tue opere non traspare una presa di posizione in merito. Il tuo potrebbe, quasi, essere scambiato per un senso di superficialità, ma credo che debba essere letto più come il desiderio di lasciare all’osservatore delle opere la formulazione di un giudizio ed una riflessione sul senso della contemporaneità. Come afferma la semiotica il significato si situa al punto di incontro tra emittente e destinatario.
Si infatti, al momento, non mi appartiene un forte senso critico, preferisco essere un “osservatore” della realtà.

Passando al lato tecnico dell’impact, le opere che tu esponi sono il risultato di un processo, di un atto performativo, che in realtà è il vero senso profondo dell’opera.
Certo, come si può ben vedere nel video della mia performance “Impact 52. Biennale di Venezia”. L’impact è il risultato del mio atto, che attraverso la performance si concretizza. Lo stesso evento è in sé un momento d’impatto, di alto valore mediatico. In questo modo l’opera diviene il risultato finale dell’intero processo creativo. L’impact è un simbolo nel quale si può trovare espresso il valore che, oggi, la società attribuisce al potere dell’impatto, dello shock.

È affascinante questa tua definizione dell’impact, in qualche modo ci riporta alla semiotica. L’impact, nella sua dimensione materiale di immagine come “macchia”, divine un segno in quanto rimanda all’accaduto: l’atto performativo. Oltre che come simbolo, secondo me, può essere letto anche come un segno indicale, come ci ricordano le ricerche di Rosalind Krauss sulla fotografia analogica. L’impact, inteso come opera, non è altro che il risultato materiale, fisico del processo artistico: una sorta d’impronta artistica della tua ricerca creativa.
È per questo motivo che ho deciso anche di ricostruire il mio studio e di mostrare le fotografie mentre realizzo le opere. In questo modo voglio fare partecipe l’osservatore alla mia creazione…

LEGGI TUTTA L’INTERVISTA

Julian T. Impact
a cura di Alessio Cotena

Sala consiliare di Celle Ligure

Via Stefano Boagno, Celle Ligure (SV)
17 – 23 ottobre 2011
Info: biblioteca@comunecelle.it
www.comunecelle.it

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