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BOLOGNA | Premio ANGAMC 2019

Intervista ad ELENA E FRANCESCO RIBUFFO (Galleria de’ Foscherari) di DAVIDE SILVIOLI

In occasione dell’ultima edizione di Arte Fiera, a Bologna, è stato assegnato il Premio ANGAMC 2019; riconoscimento teso a valorizzare il ruolo e la carriera di un gallerista affiliato all’Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, distintosi nel panorama italiano per meriti artistici, umani e professionali. Spiega Mauro Stefanini – Presidente di ANGAMC – «Abbiamo scelto all’unanimità di assegnare il Premio alla memoria di Pasquale Ribuffo, amico e stimato professionista, nome importante attorno al quale auspichiamo possa raccogliersi la città di Bologna e riconoscersi l’intera comunità dell’arte». Proseguendo: «Dai primi anni Sessanta egli ha associato, con grande impegno e professionalità, l’interesse per gli artisti storicizzati ad un’approfondita ricerca sulla contemporaneità». Fondatore, insieme a Franco Bartoli, della Galleria de’ Foscherari di Bologna, tale riconoscimento sottolinea l’importanza degli oltre cinquant’anni di attività di ricerca svolti dall’indimenticato gallerista recentemente scomparso, nel campo dell’arte contemporanea. Oggi, con la qualità di sempre, a portare avanti l’attività della storica galleria, sono i figli Elena e Francesco. Capiamo ora dalle loro parole, l’importanza di questo dovuto momento di encomio.

Francesco Ribuffo, Mauro Stefanini, Elena Ribuffo, Premio ANGAMC 2019, Arte Fiera, Bologna

Personalmente, dopo Carla Pellegrini nel 2017 e Giorgio Marconi l’anno scorso, vi aspettavate questo riconoscimento assegnato all’unanimità?
No, non ce lo aspettavamo ed è stato un gesto di stima e affetto da parte dei consiglieri nei confronti di nostro padre Pasquale Ribuffo che ci ha profondamente commosso. Ringrazio davvero di cuore il presidente Mauro Stefanini e tutti i consiglieri. Un ringraziamento speciale va a Giovanni Bonelli, la persona con cui ci siamo relazionati in questa occasione,  che ci è stato vicino con competenza e profonda umanità.

Le scelte espositive di Pasquale Ribuffo si sono sempre distinte per la capacità di commisurare maestri storicizzati insieme alla “scommessa” su nuove aree di ricerca e autori. Trovate questa formula tuttora efficace?
L’efficacia di una strategia può essere valutata solo rispetto agli scopi che si pone: ogni galleria si pone dei fini che se per certi versi sono simili, per altri aspetti possono differenziarsi, per questo motivo nessuna formula è valida di per sé. Nel nostro caso, essendo la galleria aperta dai primi Anni ‘60, più di 50 anni di attività senza interruzioni rendono necessario un continuo rinnovamento. La storia dell’arte ci insegna molte cose, è forse una delle vie maestre attraverso cui l’uomo conosce se stesso, per noi certamente è stato così. La storia dell’arte ci insegna anche che gli artisti che oggi sono considerati maestri storicizzati prima non lo erano e che, presumibilmente, ci saranno nuovi maestri domani; la storia avanza nonostante alcuni l’abbiano, più volte, dichiarata finita. Noi non sappiamo quali saranno i maestri di domani, ma interrogarsi su questa questione, ovvero sul futuro, è uno dei compiti del gallerista.

Pasquale Ribuffo ritratto nell’ambito della mostra “Calzolari – Morandi – Parmiggiani”, Galleria de’ Foscherari, Bologna, 2014. Crediti fotografici: F. Ribuffo

Da professionisti e da amanti dell’arte, come credete sia cambiato il mondo dell’arte contemporanea nei molti anni di attività della galleria?
Il mondo è cambiato moltissimo in 50 anni, si è passati dal contesto politico e culturale degli Anni ‘60, dominato dall’ideologia e dalla Neoavanguardia, alla babele contemporanea, in cui l’unico principio unificatore è rappresentato dal numero, sottospecie di valore economico. La forza propulsiva dell’ideologia, culminata nel ’68, nel febbraio del quale si inaugurava presso la de’ Foscherari la mostra germinale dell’Arte Povera, è andata esaurendosi nel corso degli Anni ‘70. La mostra Ghenos Eros Thanatos del 1974, a cura di Alberto Boatto, riflette questo mutato contesto. Ci si muoveva in un’epoca di rapidi cambiamenti ad ogni livello, antropologico, sociale, culturale. Un tramonto, non solo dell’avanguardia, ma dello stesso “moderno” e di ingresso di quello che si chiamerà “postmoderno”. Erano venuti meno tutti i riferimenti culturali di stampo sia ideologico che metafisico, quei riferimenti che Lyotard chiamava “grandi narrazioni” e che presumevano di decifrare l’enigma della presenza umana su questa terra e di conferirgli senso. Perduta ogni certezza rimaneva il corpo, la sua fragilità, le sue esperienze inevitabili lungo le stazioni segnate dalla fatalità: nascita, erotismo, morte. Negli Anni ‘80 si assiste al crollo definitivo: con la caduta del muro di Berlino si conclude la storia del ‘900, ma non la storia, con buona pace di Fukuyama. Dagli Anni ‘90 il ruolo di forza predominante è passato dall’ideologia all’economia, ma è soprattutto la tecnica che rappresenta oggi la vera forza propulsiva della storia. Se il mercato ha rappresentato lo spazio simbolico per eccellenza in cui si negoziano tutti valori, i progressi tecnologici degli ultimi trent’anni, soprattutto nel campo dell’elettronica e delle telecomunicazioni, hanno cambiato radicalmente il mondo, rendendolo più piccolo dal punto di vista geografico, ma immensamente più vasto dal punto di vista dell’informazione. Il numero delle informazioni è aumentato esponenzialmente: se i primi uomini nella grotta di Lascaux sono stati in grado di produrre 6000 immagini in 7000 anni, il mondo contemporaneo produce miliardi di immagini al giorno. Oggi, siamo esposti a più immagini in un giorno di quelle che un uomo di 100 anni fa poteva vedere in una vita, il rapporto che l’uomo contemporaneo instaura con le immagini è dunque assai diverso. Una differenza quantitativa di tale portata diviene una differenza anche qualitativa, muta il rapporto con l’immagine e con le informazioni, il presente diventa sempre più vasto e misterioso. Oggi il contesto sia economico che culturale è diventato globale, internet come la biblioteca di Babele “è una sfera il cui centro è dappertutto e la cui circonferenza è inaccessibile”. L’immagine del mondo è dunque spezzata, è perduto il centro, gli assi cartesiani entro i quali Boetti poteva far convivere ordine e disordine. “Io me e me come punti cardinali” recita una frase su di un’opera di Calzolari degli Anni ’70. L’immagine spezzata del mondo non può essere tecnicamente ricomposta, sembra suggerirci Calzolari, solo il poeta la ricompone, per la prima volta, violando ogni regola. L’arte come creazione di un mondo è, oggi, in quanto assente, sempre più necessaria, ma la saturazione dell’informazione, il diluvio di immagini al quale siamo sottoposti la rende invisibile. Perché necessaria? Se la tecnica, enormemente potenziatasi con il passare del tempo è diventata la forza predominante del mondo contemporaneo, non dobbiamo dimenticare che l’essenza della tecnica non è né tecnica né razionale, la tecnica è lo strumento attraverso cui l’uomo raggiunge i propri scopi, ma essi non sono fissati dalla ragione ma da quel substrato emotivo da cui attinge ogni energia umana. L’arte come espressione della grande creatività umana può apparire tramontata, ma noi sappiamo che il sole non muore al tramonto, continua a risplendere anche se non lo vediamo, è dunque una questione che dipende dal punto di vista. Per poter intravedere la grande creatività umana che si esprime tuttora nell’arte e riconoscerla occorre rinnovare continuamente il nostro sguardo sul mondo.

Mario Ceroli e Pasquale Ribuffo ritratti nell’ambito della mostra di Mario Ceroli “Geomanzia: Studio sulla terra e classificazione secondo la forma e la teoria di Nicola da Cusa”, Galleria de’ Foscherari, Bologna, 1972

E il contesto culturale della città di Bologna? Come viveva Pasquale Ribuffo il rapporto con la sua città d’adozione?
Nostro padre amava il mare, l’arte e Bologna. Nato a Scilla, in Calabria, aveva con la città di Bologna, dove si era trasferito a 20 anni, un rapporto di amore ricambiato. Si era trasferito a Bologna da Scilla, all’estremo sud della penisola, e a Bologna cominciò l’avventura della Galleria de’ Foscherari in società con Franco Bartoli, uomo di straordinaria sensibilità e acutezza di giudizio. Nostro padre si inserì da subito con naturalezza nell’ambiente culturale della città ed ebbe la fortuna di avere come compagni di strada persone straordinarie come Pietro Bonfiglioli e Vittorio Boarini. Nostro padre è comunque rimasto sempre legato ai luoghi di origine e per quasi tutta la vita ha passato nove mesi l’anno a Bologna e tre a Scilla. Essendo figlio di un pescatore, nei tre mesi estivi si dedicava alla pesca, e lo faceva con la stessa energia e passione con cui si dedicava al lavoro durante l’anno. La sua passione principale era la pesca subacquea, per alcuni anni si è dedicato anche alla pesca professionale del pesce spada come vedetta a 30 metri d’altezza, su di una passerella dello stretto di Messina, parte dell’equipaggio del comandante Polistena, detto Padre Ciccio, che nostro padre considerava una leggenda vivente in quanto fiocinatore dalle doti straordinarie. Amava il Bologna FC di cui era tifoso sin dal suo arrivo a Bologna nei primi Anni ’60. Rispetto a questo fatto abbiamo un ricordo d’infanzia molto vivido: avremo avuto circa 10 anni e giocavamo in giardino, vedemmo arrivare nostro padre con una faccia veramente sconvolta, ci preoccupammo e gli chiedemmo cosa fosse successo. Con tono grave e sguardo affranto che non dimenticheremo, ci disse che il Bologna era retrocesso in serie B, capimmo che il fatto era di estrema serietà e che stava vivendo un dramma. Era molto passionale essendo un uomo del sud, ma sicuramente Bologna per lui rappresentava la città ideale nella quale si sentiva pienamente a casa.

Quali sono gli artisti, le mostre e i momenti – non necessariamente professionali – legati alla storia recente e non della galleria de’ Foscherari che ricordate con maggiore piacere?
Più facile scrivere i propri ricordi quando si ha una cattiva memoria, noi invece purtroppo l’abbiamo buona o almeno crediamo di averla. Sono veramente tanti i ricordi, davvero è difficile scegliere. È stata una vita intera vissuta tra le opere, gli artisti, i collezionisti, gli studenti e gli studiosi, i curiosi e l’umanità più varia, tra questi, molte persone straordinarie. Se i ricordi sono infiniti, i momenti indimenticabili non sono mai molti nella vita, sono quelli legati ad emozioni profonde. Indimenticabili, sono attimi, di gioia, di stupore, di speranza, ma tra i ricordi c’è anche il dolore, la paura e la disperazione. I ricordi sono diversi dai fatti come sono accaduti, ed un momento potrebbe essere indimenticabile anche per il fatto di non essere mai accaduto. Ricordiamo nitidamente l’odore del fumo nella biblioteca di San Giorgio, i discorsi deliranti ma pieni di lucidità di un maestro a noi ed ai suoi allievi. Ricordiamo i nostri passi incerti, su grandi lastre di vetro spezzate taglientissime ed instabili portando in spalla una pesante àncora, secondo le indicazioni di un autore indeciso, e ancora i racconti assurdi ed incredibili di un poeta dolce ed intrattabile dopo l’ennesima bottiglia di vino. Vedere spegnersi la luce e comparire le stelle dentro ad una stanza. Le albe sul mare alla foce del Po in inverno, i tramonti sul mare dalla spiaggia di Scilla in agosto, le nuvole, il loro lento passare come infiniti pensieri. I presagi nella danza degli storni di uccelli migratori, l’amore.

Veduta della mostra di Claudio Parmiggiani, Gloria di cenere, Galleria de’ Foscherari, Bologna, 2007

ANGAMC – Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea
Via degli Olivetani 8, Milano

Info: +39 02 866737
info@angamc.com
www.angamc.com

Galleria de’ Foscherari
Via Castiglione 2B, Bologna

Info: +39 051 221308
galleria@defoscherari.com 
www.defoscherari.com

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