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a cura di Alessandra Redaelli

In equilibrio tra pittura e performance, con un occhio alla street art e uno a Jackson Pollock, Julian T si muove come un ballerino sulla scena dell’arte ed è riuscito a crearsi uno stile unico: quello della macchia. Gli piace fermare l’istante in cui qualcosa improvvisamente diventa qualcos’altro, e lo fa con la forza del colore e del gesto. Ha respirato arte fin da piccolo, ma la sua strada l’ha trovata quasi per caso, quando, mentre dipingeva, una goccia è caduta su una tela appoggiata a terra. È rimasto lì incantato a guardarla, sorpreso da come quella casualità possedesse una sua intrinseca grazia e una sua innegabile potenza evocativa. Sono nati così i suoi lavori su tele monocrome: esplosioni di colore lanciato, libero di disporsi nello spazio secondo il capriccio del caso. Con un risultato che se da un lato rivela una forza grafica di sapore pop (ma penso alla versione più dura e street del pop: quella di Basquiat) dall’altro ricorda la calligrafia orientale o, ancora meglio, le esplosioni di un artista che ha ripensato l’insegnamento calligrafico nell’inafferrabile perfezione del caso: Cai Guo-Qiang. Quando come base per il suo intervento pittorico Julian T sceglie le icone della nostra società (da Michael Jackson al bacio tra il principe William e Kate Middleton), la sensazione diventa quasi sonora e l’effetto è quello di uno schiaffo.

Julian T nel suo studio. Foto di Luca Gianetti

1 – Definisciti con tre aggettivi.
Egocentrico: nella vita come nelle opere, dove il soggetto si staglia con forza in primo piano. Impattante: nell’incontro, nello scontro, nei momenti in cui la vita e la sfera di colore urtano la realtà. Concreto: come il colore, i frammenti di vetro, le emozioni che muovono le nostre vite, le immagini che ci colpiscono.

2 – Qual è stato il momento in cui hai capito di essere artista?
Ho sempre vissuto nell’arte: i miei genitori sono galleristi e desideravo continuare il loro lavoro. Mentre frequentavo il Liceo Artistico ho sentito per la prima volta il bisogno di fare arte. Per me, ancora oggi, essere un artista vuol dire rispondere a un impulso profondo.

3 – Hai scelto la pittura perché…
In realtà le mie non sono opere pittoriche. La mia arte è performativa: i quadri sono i risultati dell’impatto e di tutto il processo creativo meditato e pianificato. Il colore rimane una presenza importante, ma è materia che si trasforma in simbolo, la traccia dell’impatto.

4 – L’opera d’arte che avresti voluto realizzare tu.
Ammiro Christo, mi affascina la sua capacità di realizzare opere spettacolari, di grandissimo impatto; la loro dimensione immersiva in cui le persone sono coinvolte e catturate.

5 – Qual è il momento più emozionante della tua giornata?
Il momento del tramonto, in cui il sole si tuffa all’orizzonte; l’ideale è quando riesco a godermelo guardando il mare. È un momento in cui riesco a svuotare la testa e a vivere l’istante, i colori, i giochi di luce.

6 – L’arte è ispirazione o applicazione?
Per me sono necessari tutti e due gli aspetti. È ispirazione nel momento in cui sono mosso dalle emozioni che fanno scaturire in me l’idea di ciò che voglio realizzare. Ma poi segue un lungo lavoro meticoloso e strutturato, che permette alle mie opere di prendere forma. Tutto il mio lavoro è un gioco di opposti, dove l’intuito si unisce al lavoro, al caso, alla pianificazione.

7 – Chi eri nella tua vita precedente?
Una volta mi hanno fatto una lettura su chi fossi stato nella precedente vita e mi hanno detto che ero un nobile guerriero. Se devo essere sincero, mi rivedo molto in questa immagine.

8 – Tre qualità che non possono mancare all’artista del Terzo Millennio.
Deve essere in grado di “stare al mondo”, di essere presente nella realtà per poter essere davvero incisivo attraverso la sue opere e le sue azioni. Un’altra dote per me fondamentale è il carisma, la capacità, attraverso l’arte, di catturare lo sguardo, sempre più distratto e assopito, delle persone. Per fare tutto questo però un artista deve avere anche una grande capacità di autoanalisi, di osservarsi, di scoprire le proprie ombre e i propri limiti. Non c’è crescita artistica senza crescita personale.

9 – Il sogno che non hai ancora realizzato.
In realtà ce ne sono molti, io sono un sognatore e per me il sogno ha una dimensione poetica e utopica. Immagino come sarebbe riuscire a impattare la luna.

10 – La bellezza salverà il mondo?
La bellezza ha sempre salvato il mondo!

www.juliant.it

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Julian T, Impact Alberto Sordi, serie Fame, 2016, acrilico su stampa digitale, cm 100×100

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