a cura di Alessandra Redaelli
Una nuova rubrica dedicata agli artisti di oggi e, dunque, all’arte che c’è e che verrà, pensata in un momento particolarissimo, che ci sta mettendo alla prova, e in cui abbiamo bisogno come non mai di pensieri positivi per il futuro. Pillole d’arte e di bellezza con cui curare la malinconia di questi giorni di cattività, chiusi nelle nostre case per il nostro bene e per quello degli altri. Per ricordarci che a volte “stare a casa” significa fermarsi qualche minuto di più a riflettere, entrare più in profondità dentro noi stessi, e che nessuno come chi ha dedicato la propria vita alla creazione sta facendo tesoro di questo momento per progettare, costruire, o magari semplicemente afferrare quei pensieri e quelle visioni che nella frenesia quotidiana – che ora ci manca così tanto – a volte sfuggono.
Vanni Cuoghi è un esponente di punta dell’Italian Newbrow, un cantastorie dalla sottile vena surrealista che imbandisce racconti deliziosi al palato e ricchi di un retrogusto di cultura, storia e citazioni pressoché inesauribili. È passato da una pittura pastosa, dalle cromie rutilanti, intessuta di calembour e abitata da personaggi noti alla cultura pop (dai supereroi ai personaggi delle favole) a racconti più intimisti, virati in tinte cupe. Poi è approdato ai Monolocali, dove la sua pennellata minuziosa, perfettamente calibrata sui piccoli formati, ci accompagnava in esplorazioni labirintiche, dentro storie tranquille improvvisamente turbate dall’arrivo dell’impossibile, in atmosfere in bilico tra metafisica e realismo magico; e dove trovavano spazio anche la sua vena di scenografo e la sua passione per il paper cutting. Nella serie più recente dei Sette dipinti magici – alla quale appartiene l’opera Rock in the Casbah – Cuoghi sembra voler tornare alla vocazione originale della pittura bidimensionale, alle tinte piene e alle grandi dimensioni. La struttura spaziale dei teatrini tuttavia resta nell’impostazione dell’opera, nella scansione degli spazi, nella serie di quinte che vanno scompaginandosi in una narrazione per capitoli tutta riassunta però in un’unica immagine. Il risultato è un collage iconografico ipnotico, seducente, spiraliforme, gremito di trappole e di enigmi.
1 – Definisciti con tre aggettivi.
Solare, umbratile e… contraddittorio.
2 – Qual è stato il momento in cui hai capito di essere artista?
L’ho capito molto tardi, perché non volevo ammetterlo. Questo mi ha portato a “sbagliare” mestiere molte volte. Ho fatto tutte professioni che sono “cugine” della Pittura: scenografia, decorazione, illustrazione, fumetto, ma alla fine, quando è diventata un’esigenza, non ho potuto sottrarmi… avevo 35 anni.
3 – Hai scelto la pittura perché…
Ho scelto la Pittura perché ha molte declinazioni in termini linguistici. Mi piace l’idea che la rappresentazione della realtà possa essere il trampolino di lancio per una nuova visione del mondo. La pratica della Pittura ha molte affinità con la pratica della Vita.
4 – L’opera d’arte che avresti voluto realizzare tu.
L’Autoritratto entro uno specchio convesso del Parmigianino: olio su una semisfera di legno. È un’opera immensa su una superficie minima, segno che il Capolavoro non è mai una questione di dimensioni.
5 – Qual è il momento più emozionante della tua giornata?
Il momento in cui decido che cosa preparare da mangiare con quello che ho in casa… A volte mi faccio i complimenti da solo per quello che riesco a “inventare” in modo rapido e soddisfacente.
6 – L’arte è ispirazione o applicazione?
Per me tutte e due le cose, ma prima di tutto, come ho detto prima, è una necessità (o vocazione), perché senti che non potresti fare nient’altro. Declini tutto a questo tipo di pratica: letture, vacanze, discorsi, economia, rapporti umani ecc.
7 – Chi eri nella tua vita precedente?
Mi piacerebbe poter dire un gatto, ma in questo caso è più un desiderio per la vita prossima…
8 – Tre qualità che non possono mancare all’artista del Terzo Millennio…
Cultura, spregiudicatezza e capacità di analisi, ma credo che sia così da sempre.
9 – Il sogno che non hai ancora realizzato.
Un’opera corale, con la partecipazione di un vasto pubblico che diventa spettatore e artefice. Un’opera che rifletta oggi su un tema antico come la Via Crucis.
10 – La bellezza salverà il mondo?
Purtroppo credo di no, anche perché non saprei esattamente descrivere che cos’è la Bellezza. Per ognuno di noi ha valenze diverse. Io penso che invece sarà la Natura che salverà il mondo… con noi o senza di noi (come cantavano gli U2).