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BERGAMO | Traffic Gallery | 11 gennaio – 28 marzo 2020

Apre da Traffic Gallery la terza mostra personale dedicata alla ricerca dell’artista italo-giordano Mustafa Sabbagh. Il percorso allestitivo, composto fisicamente da due spazi speculari, prevede il dialogo tra due corpi di lavori che hanno caratterizzato fin dagli esordi, e che caratterizzano in un tempo più recente, la produzione dell’artista.

Fotografia, video e installazioni scultoree sono i mezzi scelti per la creazione di una personale che si snoda attorno a due tematiche principali. Da una parte il tema voyeuristico intorno al corpo umano e alla natura; dall’altra parte il tema della ferita e dello spostamento come opportunità di guarigione e rinascita. Su tutto, tracce. Di frammenti di vita e di corpi frammentati. Di strade battute di notte e di solchi da tracciare per trovarsi. Tracce di una playlist electro che scandisce movimenti disconnessi, e tracce di connessioni da nascondere alla luce. Tracce di nero, di vuoti, di vite.

«Ogni ferita può dare nuova vita a qualsiasi corpo, fisico o mentale» afferma Sabbagh parlando di MKUltra (2019), il suo ultimo progetto installativo multimediale del quale in mostra si posso vedere due distinti esempi: un corpo scultoreo in cui la materia grezza e squadrata della glebanite nera grava sull’innocenza di un volto fanciullesco, e un’installazione invadente il suolo costituita da una vasca perimetrale con disseminate altre ossessive teste. Altre tracce. Installazioni dove la mente è sopraffatta dall’inquietudine, dall’individualismo, da ciò che Sabbagh chiama schizofrenia contemporanea. Teste prive di corpo sono metafore del potere distruttivo insito nella tracotanza di Ego che schiaccia l’Es e caratterizza i nostri tempi.

Mustafa Sabbagh, MKUltra, 2019, Installation View, Courtesy of Traffic Gallery

MKUltra è il nome di uno dei più controversi esperimenti militari statunitensi degli anni Cinquanta, che puntava ad ottenere il controllo della mente umana. M come Mind, K per Kontrolle: Ultra-Controllo della Mente. Essere consciamente controllati o farsi inconsciamente controllare?
Il progetto militare MKUltra, che violava i diritti dell’essere umano allo scopo di ottenere il controllo mentale, fu denunciato, sospeso e abbandonato tra gli anni Cinquanta e Settanta del secolo scorso.
Successivamente cosa è accaduto all’interno del mondo occidentale?
Non stiamo forse vivendo uno dei periodi più bui in relazione al tema del controllo?
Non siamo forse tutti responsabili nel farci controllare?
Paradossalmente possiamo affermare che, ciò che a livello militare e scientifico non è stato raggiunto, è stato poi pienamente ottenuto attraverso l’era del controllo informatico.

L’intento di Sabbagh è quello di creare interrogativi. Lasciare tracce. La sua arte non ha qui il compito di dare soluzioni o di promuovere interpretazioni universali, ma di osservare la contemporaneità nel tentativo di instaurare un rapporto emotivo con lo spettatore.
Emblematico, in questo senso, è Rave Party (2019), video a due canali dove Sabbagh pone in un dialogo impossibile, ma necessario, come solo l’arte e la cultura sono chiamate a fare, scene reali di sbarchi sulle coste italiane di ragazzi sud-europei con riprese altrettanto reali di ragazzi nord-europei a un rave. Unica track in playlist, che sommerge e affonda più delle onde, i bpm ossessivi della musica techno. Forse si tratta di uno dei lavori concettualmente ed esteticamente più forti dell’intera produzione dell’artista. Sulla sinistra dello schermo i ragazzi, che ballano obnubilati da sostanze alteratrici di coscienza, si proiettano verso il vuoto nel tentativo di annullare la mente attraverso un viaggio interiore di perdita. Sulla destra, corpi ammassati su barconi, durante gli attimi pre-approdo, si proiettano verso una speranza, la speranza.

Mustafa Sabbagh, Rave Party,2019, Video Frame, Courtesy of Traffic Gallery

Ciò che interessa a Sabbagh non è l’aspetto di denuncia politico-sociale, che potrebbe essere applicato a entrambe le visioni, ma è piuttosto il tema dello spostamento, inteso nel suo significato più ampio. Muoversi, a prescindere dalle motivazioni che conducono a tale scelta, implica filosoficamente e mentalmente perdita, vuoto, ignoto, imprevedibilità, cambiamento, fuga, alternativa, speranza, curiosità, coraggio e paura, coscienza e incoscienza. E sconvolge il parallelismo tra ciò che i giovani cercano nella pratica dello sballo, l’annullamento del pensiero e quindi il vuoto mentale, e il vuoto fisico che rimane come traccia assente dopo ogni singolo spostamento, dopo ogni fuga, dopo ogni allontanamento.

Mustafa Sabbagh, Voyeurismo_Untitled, 2019, Plotter Print, Courtesy of Traffic Gallery

Due sono le opere fotografiche presenti in mostra, dove torna il tema del nudo, del corpo, dell’eros, del volto assente, del corpo decapitato, della rottura, dell’identità negata.
Nell’opera Voyeurismo_Untitled (2019) la bellezza di un corpo nudo – senza volto e senza identità, contrappunto delle tracce di volti tridimensionali disseminati in mostra – nel pieno della sua carica sensuale voyeuristica, trova sostegno su un tronco immerso in un landscape notturno. Unica traccia, un paio di sneakers. Attraverso l’esibizione del proprio corpo e di un suo feticcio, l’uomo si riappropria della natura come luogo primario di esercizio dell’istinto umano.

Mustafa Sabbagh, Ferite_Untitled, 2017, Fine Art Print, 120x160cm, Courtesy of the Artist & Gypsotheca Canova Possagno

Nell’opera Ferite_Untitled (2017) appaiono alcuni gessi originali di teste del Canova, distrutti in seguito ai bombardamenti del 1917. Ancora teste ferite, ancora tracce che, da emblema della perfezione neoclassica, mutano in simboli di estrema contemporaneità. Seguendo un solco che va dal Neoclassicismo al secolo delle avanguardie artistiche, che decretarono la linea introspettiva dell’arte, quest’ultima opera dell’artista appare come una perfetta metafora della storia dell’arte degli ultimi tre secoli. Dalla classicità di un canone dato al nuovo significato da conferire al post-apocalittico. Dalla perfezione esteriore all’oscurità interiore.
Dallo #fff del bianco allo #000 del nero, autentica traccia indiziale di una contemporaneità che smania per il controllo.

MUSTAFA SABBAGH. MKUltra: track #000
a cura di Roberto Ratti

11 gennaio – 28 marzo 2020
Inaugurazione sabato 11 genaio 2020 ore 11.30 – 14.00 (la mostra è aperta fino all 19.00)

Traffic Gallery | Contemporary Art
Via San Tomaso 92, Bergamo

Info: +39 035 0602882

+39 338. 4035761
info@trafficgallery.org
www.trafficgallery.org

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