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MILANO | Galleria Giovanni Bonelli | 18 febbraio – 3 aprile 2021

di PIETRO BAZZOLI

Certe mostre vanno interpretate. Personalmente, con la forza delle emozioni che suscitano le opere d’arte.
Non si è mai troppo inesperti per lasciare che sia una sensazione soggettiva a guidare lo sguardo. Forse, questa base sommersa da convenzionali astrattismi filosofici, va riscoperta, volta per volta, immagine per immagine.
Ed è proprio l’immagine che ognuno ha nel proprio sguardo, l’insieme policromo di figura e prospettiva, una possibile interpretazione della mostra della Galleria Giovanni Bonelli.

Massimo Kaufmann | Gonçalo Mabunda, veduta della mostra (Massimo Kaufmann), Galleria Giovanni Bonelli, Milano Foto credits: Nicola Gnesi Studio

Perché è un confronto di affinità – elettive o meno – è ancora una volta lo spettatore a deciderlo.
Confronto che gioca la sua logica sul contrasto, sull’opposizione, sulla polarità propria di due artisti diversi, eppure che trovano la propria sintesi nelle grandi stagioni della storia dell’arte recente. Si ripensi – scrive Giorgio Verzotti – alla grande produzione di Picasso che, ispirato dalle maschere del Trocadero diede vita al capolavoro in grado di rivoluzionare la concezione artistica del Novecento. Si ripensi a Duchamp, al suo uso dell’oggetto elevato a opera d’arte e alla sua portata rivoluzionaria, di nuovo. Si pensi all’artista come demiurgo, come frutto di un’idea filosofica rivoluzionaria – sì, ancora una volta, l’ennesima e a come si ponga nei confronti del proprio lavoro.
Massimo Kaufmann (1963) e Gonçalo Mabunda (1975), entrambi, a loro modo, sono dei rivoluzionari.
E non si può pensare altrimenti, nel momento in cui si osservano le ispide capigliature brunite che scivolano da un insieme di colori a un altro, quando le maschere di Mubunda paiono muoversi a ritmo delle sfumature cromatiche di Kaufmann.
Di nuovo, è la percezione soggettiva ad avere la meglio, a irretire la prospettiva, a colpire immediatamente.

Massimo Kaufmann | Gonçalo Mabunda, veduta della mostra, Galleria Giovanni Bonelli, Milano Foto credits: Nicola Gnesi Studio

Le sculture antropomorfe di Gonçalo Mubunda aprono a un immaginario lontano, irreale e oltremodo irriverente: elementi ferrosi si combinano in un insieme di volti che paiono un popolazione fantasmagorica. Volti universali, testimoni dell’origine del mondo, prendono vita dalla morte stessa, poiché, avvicinandosi, si percepisce come ogni singolo elemento di quelle maschere espressive sia ricavato da un’arma. Pallottole, mortai, caricatori, bombe, mine, parti di fucili e mitragliatrici rinascono in opere dopo essere stati strumento di una guerra, quella del Mozambico, che tanto sangue ha versato. Mubunda non narra la devastazione delle ostilità, ma pare analizzarla con il profondo sentimento proprio del testimone, allontanando da sé le strazianti grida di dolore con un approccio quasi ironico. Ecco che una pallottola diviene parte di una barba, una mina si trasforma in occhio, una granata si fa naso, e così via. Mubunda pare perdonare l’oggetto simbolo di un massacro rendendolo qualcosa di talmente vicino all’essere umano che quest’ultimo vi si possa riconoscere. Lo innalza da più degradante incarico – togliere la vita – per approdare al più nobile, ossia l’arte.

Massimo Kaufmann | Gonçalo Mabunda, veduta della mostra (Gonçalo Mabunda), Galleria Giovanni Bonelli, Milano Foto credits: Nicola Gnesi Studio

Massimo Kaufmann, al contrario, si discosta da qualsiasi narrazione, eleggendo il colore come basilare elemento di un linguaggio univoco: stratificazioni di trasparenze sono poste sulla tela per creare emozionanti contrasti. Disvela il processo creativo, lo rende visibile, senza perdersi nell’attribuzione di descrizioni superflue. L’artista pone la propria pratica pittorica facendosi forza sull’elemento più puro: il colore con cui creare atmosfere meticolose e sorvegliate, frutto di un’attenta gestualità. Nega il simbolismo affinché non si possa essere tratti nella forte tentazione di distrarsi dal celato. I diversi toni sono posti sulla tela con movimenti gradualmente ridotti al minimo, allontanandosi da qualsivoglia superflua elucubrazione.
Così, alla fine, da quel primissimo sguardo stupito nell’osservare due artisti tanto differenti, sorge la consapevolezza che entrambi possano voler allontanare per un instante da sé una realtà – fatta di dolore e morte per l’uno; di simboli transitori e eccedenti interpretazioni per l’altro – cruda e immanente.
Allontanare la realtà. Un’azione rivoluzionaria, a suo modo.

Massimo Kaufmann | Gonçalo Mabunda
a cura di Giorgio Verzotti

18 febbraio – 3 aprile 2021

Galleria Giovanni Bonelli
Via L.P.Lambertenghi 6, Milano

Orari: su appuntamento

Info: +39 02 87246945
info@galleriagiovannibonelli.it
www.galleriagiovannibonelli.com

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