ROMA | Visionarea Art Space | 16 gennaio – 8 marzo 2019
di JACOPO RICCIARDI
Nella singola stanza di Visionarea Art Space, al secondo piano dell’Auditorium in via della Conciliazione a Roma, nove lavori su carta di Marìa Magdalena Campos-Pons costituiscono la personale, Non si sfugge al proprio destino, dell’artista e performer cubana che vive da trent’anni negli Stati Uniti.
Tre grandi acquerelli, sulla parete destra, leggeri, suonano pervasi dalla luce della stanza. Al centro compare l’unico personaggio, una donna di colore vestita di bianco con un nastro stretto in vita, che vola a destra e a sinistra, blu con punti bianchi come se si potessero vedere le stelle in un cielo ancora blu intenso. Le braccia nude cadono ai lati e gli occhi chiusi sospendono l’atmosfera in quel volo, in quel distacco, in un attraversamento umano del destino che abita ogni abitante della terra. Sopra al labbro superiore il volto rimane bianco come il vestito e il foglio, appare chiaro il riferimento ai volti dipinti di certe tribù africane.
I capelli, in trecce tubolari, si lanciano nello spazio intorno alla testa e ritornano indietro. Questo personaggio è un ritratto dell’artista stessa nel momento di una performance. Dolce e delicata è la sua presenza nel chiarore di pochi colori, marrone e blu, degli acquerelli.
Il pensiero del personaggio, ad occhi chiusi, in una riflessione che diventa respiro, genera, a sinistra e a destra, due riferimenti, due espansioni che emergono da quel punto centrale, come onde impalpabili che entrano nella realtà e vi viaggiano attraverso. A destra un grande cuscino fatto da rapide pennellate blu attraversato da punti e da cerchi concentrici o decentrati: fuori dal cuscino il colore è verde smeraldo mentre all’interno è verde, blu e viola. Lo spazio e il tempo qui si compenetrano manifestando l’assenza dell’attore, di quel personaggio che resta dislocato. Liberi sono i cerchi verdi con il loro alone verde; prigionieri nello spazio del cuscino pochi punti verdi con molti punti azzurri con alone azzurro, ed anelli blu e punti viola-rosa. Assistiamo a un addensarsi dolce ma caotico, traumatico, nel luogo del riposo, del passaggio tra due tempi. Siamo ancora in quegli occhi chiusi.
Nel grande acquerello (a sinistra) due picchi verde smeraldo si innalzano gemelli e due grandi cerchi blu li sovrastano nell’aria; la cima del ripido monte sulla sinistra entra nella trasparenza del cerchio sinistro, cerchio che al centro ha un vuoto bianco. Un anello blu li unisce. I due picchi svettano senza terra e determinano un paesaggio dolce e periglioso, nel duplice ripido spazio che dividono. La scelta, il peso che sta in ogni viaggio, in ogni spostamento, determinano il compiersi di un destino. Quel volo del personaggio, la sua sospensione, chiama il rischio inevitabile di uno spostamento reale tra due luoghi.
Arriviamo agli altri lavori su carta, di opposta natura, scuri, terrosi, materici, con l’utilizzo di diversi materiali, plastiche nere sciolte, pezzi di lamiera come lame, fettucce di tessuto, posti su sfondi dai toni cupi, di un marrone annerito, e con sovrapposizioni di segni che tracciano profili naturali di piante o frutti come tracce di memorie passate.
Su una carta, una larga macchia scura sfugge verso l’alto come una nebulosa sfuggita dalla spaccatura di un disco chiaro di carta pesta diviso in due pezzi sul quale è impressa la forma di un rosone a larghe foglie. È una testimonianza di un evento che abita un’antropologia biografica del vivente, e racconta un tempo specifico e profondo che si perde nell’animo. Su un altro foglio sta una più dolce sfumatura che si addensa come spesso le nuvole dei monsoni, con gradazioni delicatissime; da lì esce un’ombra scura che tanto ricorda un pene, come un oscuro presagio. Su un altro foglio riempito di toni grigio cupo sembra di scorgere una scena infantile disturbante nel modo di mostrarsi, come un’apparizione di densi fumi, nella quale tre vuoti triangolari sembrano le dita di un bimbo che tengono una lamiera che ricorda tanto un peluche a forma di coniglio, memoria ancestrale in una biografia. L’infantilità è un mistero che traccia il sacrificio di ogni destino.
Poi, su un altro foglio, un profilo lasciato bianco con una bocca parlante con molto nero intorno e una persistente e solitaria linea nera che passa sopra e sporge oltre, nel bianco della carta, tracciando molte punte di foglie. Oppure su un altro foglio un profilo grande, scuro, terrorizzante, che mostra dei denti aguzzi, diluito di colore nero come un’ombra schiarita su un muro, è nascosto dietro la silhouette di poche foglie rese da una forte traccia nera che torna su se stessa per incidersi nello spazio, nell’inconscio di paure ataviche che devono essere vinte. Nell’ultimo foglio le stesse linee passano su un riquadro di tessuto porpora, su una fettuccia, intorno ad un’altra, formando un profilo nero dove si riconoscono delle foglie e un frutto pendente; in alto una larga macchia materica scura; sotto, un tondo nero di plastica sciolta quasi del tutto appiattito sul foglio.
L’intrico naturale è il passaggio inesaurito della vita, e i residui di materiali sono gli eventi che si raggrumano nel passare e stratificarsi di una biografia sempre in formazione.
La figurazione rimanda ai lampi di ciò che resta del segno che ci ha animato e ci animerà. Ritorno con lo sguardo a quel personaggio con gli occhi chiusi, a Maria Magdalena Campos Pons, al suo viaggio luminoso che mostra tutte le difficoltà del vivere, in un percorso completo e apparente.
Marìa Magdalena Campos-Pons è un’artista e performer cubana, naturalizzata americana, sicuramente tra le voci più evocative dell’ultimo decennio. Artista, donna, migrante, narratrice di un’epoca dove è il viaggio la costante di incontri e contaminazioni. La Campos-Pons lavora con la fotografia, la pittura, la scultura e il video creando spesso delle gigantesche installazioni mediante l’utilizzo di tutti i media. Il suo lavoro si basa su problematiche legate alla storia, alla razza, alla memoria e alla complessità della ricerca di identità dell’individuo riportando il tutto in un’estetica lirica e sensuale. Rappresentante della propria nazione al padiglione cubano della Biennale di Venezia 2013, è presente in diverse biennali tra cui ricordiamo Senegal, Cina e Havana. Conta in curriculum svariate mostre personali e acquisizioni da parte di importanti musei internazionali come il Museo di Arte Moderna di New York e il Museo d’Arte di Indianapolis. In Italia nel 2017 presenta il proprio lavoro in una personale alla Galleria Pack di Milano. Sempre nel 2017 viene chiamata a DOCUMENTA di Kassel e nel 2018 realizza una straordinaria mostra alla Wendy Norris Gallery di San Francisco.
Maria Magdalena Campos-Pons. Non si sfugge al proprio destino
con il sostegno della Fondazione Cultura e Arte, emanazione della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele
16 gennaio – 8 marzo 2019
Visionarea Art Space
Via della Conciliazione 4, Roma
Info: +39 06 6889 22744
info@visonarea.org
www.visionarea.org