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LUCCA | Palazzo Ducale | 19 novembre – 11 dicembre 2016

di ALESSANDRA FROSINI

Non accade spesso di visitare la mostra di un’artista scoperta due anni dopo la morte e che per 50 anni ha realizzato una produzione destinata solo a se stessa, non destinata dunque ad essere mostrata (non stamperà nulla in vita) e di cui il mondo si accorgerà, quasi per caso, nel 2009.
La fotografa – perché di fotografia si tratta – in questione è Vivian Maier, bambinaia di Chicago, nata a New York, nel Bronx, da padre austriaco e madre francese, originaria delle Alte Valli. Passerà un’infanzia difficile, fatta di spostamenti e cambiamenti fin dalla più tenera età, che si trasformerà in una vita adulta semplice e rigorosa, come bambinaia presso due famiglie di Chicago, con alcuni soggiorni in Francia, a Champsaur, dove affondano le sue radici familiari.

Courtesy © Vivian Maier - Collezione Association Vivian Maier et le Champsaur, Fondo John Maloof

Courtesy © Vivian Maier – Collezione Association Vivian Maier et le Champsaur, Fondo John Maloof

Un parallelo con la poetessa Emily Dickinson viene quasi naturale: entrambe figure schive e dalla vita ritirata che produranno opere senza la velleità di mostrarle agli altri, per la sola necessità di dare sfogo al proprio fuoco artistico interiore, fuoco che porterà Vivian a produrre più di 100 mila negativi, la maggior parte scattati fra Chicago e New York. La mostra lucchese, organizzata all’interno del festival internazionale di fotografia Photolux propone un focus sul periodo francese, con ritratti realizzati negli anni Cinquanta e Sessanta.

Courtesy © Vivian Maier - Collezione Association Vivian Maier et le Champsaur, Fondo John Maloof

Courtesy © Vivian Maier – Collezione Association Vivian Maier et le Champsaur, Fondo John Maloof

Di Vivian Maier, infatti, non colpisce solo la storia, perché vedendo i suoi scatti ci troviamo davanti alla fascinazione del teatro della vita. I suoi ritratti “di strada”, fatti a persone semplici, messe in posa nella loro quotidianità, esplorano la bellezza della vita, la luce che emana dalle cose semplici, senza inseguire intenti sociali, ma costruendo, tassello per tassello, con devozione e affetto, un viaggio nella società americana (e francese) della seconda metà del XX secolo e nelle sue sfumature. La Maier riesce a cogliere i personaggi in tutta la loro veridicità, in una ricerca che riesce a penetrare nei meandri della storia di tutti i giorni, e che può essere considerata, per le sue caratteristiche, anticipatrice della street photography.

Courtesy © Vivian Maier - Collezione Association Vivian Maier et le Champsaur, Fondo John Maloof

Courtesy © Vivian Maier – Collezione Association Vivian Maier et le Champsaur, Fondo John Maloof

La maggior parte della produzione riguarda primi piani o immagini che immortalano momenti di vita quotidiana, costruite con estremo rigore compositivo, che ricordano Walker Evans e Lisette Model, realizzate con una macchina fotografica Rolleiflex, che sarà compagna inseparabile, insieme a un apparecchio Leica IIIc, dal 1949, anno in cui inizia a fotografare, in poi. Molti sono anche gli autoritratti, fatti con uno sguardo sfuggente che non guarda mai direttamente, in alcuni casi la figura stessa è in secondo piano, quasi a far ricercare la propria presenza dallo sfondo, invitandoci “Alla ricerca di Vivian Maier”.

Vivian Maier. Un itinerario dagli Stati Uniti a Champsaur
a cura di Enrico Stefanelli
nell’ambito di Photolux Festival in collaborazione con Association Vivian Maier et le Champsaur

19 novembre – 11 dicembre 2016

Palazzo Ducale
Piazza Napoleone, Lucca

Info: +39 0583 53003
info@photoluxfestival.it
www.photoluxfestival.it

 

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