PASSARIANO DI CODROIPO (UD) | Villa Manin | 12 marzo – 15 maggio 2016
Intervista a VALERIO DEHÒ di Matteo Galbiati
In questa intervista Valerio Dehò ci guida alla scoperta della mostra Somewhere. Luisa Menazzi Moretti, un variegato e ricco progetto espositivo che vede la fotografa friulana protagonista di una grande monografica all’Esedra di Levante di Villa Manin a Passariano di Codroipo (UD).
La capacità di usare il mezzo fotografico in modo semplice e diretto, ma propositivo di intriganti narrazioni che si completano nella lettura del pubblico, è il tratto significativo della fotografia di Moretti che, nei suoi scatti, sa cogliere la forza di temi che smuovono visioni, sensibilità e interessi collettivi e condivisi. La viva attenzione posta sulle istanze analitiche dell’immagine la guidano a sondare la profonda dimensione di senso che ciascuna lettura sa produrre attraverso un lessico che si fa caratteristico e predominante.
Come nasce questa mostra?
Da un mio interesse verso il lavoro di Luisa e da un serie di incontri per conoscerci meglio. Ho sempre dato molta importanza alla fotografia, è un linguaggio che ha ancora molto da dire. Senza abusare mai troppo con Photoshop, naturalmente.
Chi è Luisa Menazzi Moretti? Ci racconta la sua ricerca, il suo sguardo, la sua poetica?
È un’artista che adopera la fotografia per guardare il mondo. Da un lato usa la macchina fotografica in modo semplice, diretto, perchè non vuole contaminare il suo sguardo con la tecnologia fine a se stessa. Dall’altro crea dei racconti, è come se ogni foto fosse una frase di una narrazione che s’interrompe in modo naturale. Luisa insegue dei progetti che ritrova quando va a stampare le immagini e li dispone in una sequenza. Certo è che ogni foto ha il suo perché, può anche stare da sola, però è evidente che lavorando per cicli in qualche modo vi è sempre una scansione temporale e dei collegamenti tra le foto.
La mostra si suddivide nella presentazione di cinque serie di lavori (Cose di natura, Words, P Greco, Solo e Ingredients for a Thought), quali sono i temi e i contenuti di ciascuno?
Il tema della Natura e delle nature è il primo, è un ciclo che ha a che vedere anche con il fatto che l’artista è una grande viaggiatrice. Words nasce dallo stimolo che certe parole possono indurre nell’immaginazione dell’artista, ma è un progetto in cui anche a molte persone come intellettuali e scienziati è stato chiesto un commento sulle singole parole. P Greco è un lavoro sulla circolarità, su questo numero misterioso che stabilisce molti ambiti naturali e artificiali, il cerchio è anche un’ossessione. Solo riguarda la solitudine e la morte come premonizione. È un ciclo di grande presa emotiva, forse non ancora del tutto chiuso. Ingredients for a Thought è una ricerca sul cibo per la mente, si mangia con il cervello, non solo con la bocca.
Come si legano unitariamente nel percorso espositivo?
È la personalità dell’artista che li tiene uniti, come sempre.
Quali temi portanti contraddistinguono allora la riflessione di Menazzi Moretti?
La sua è una “fotografia sociale” non solo perché va alla ricerca delle persone, della gente, ma perché si occupa di temi attuali che ci riguardano tutti.
Nel suo testo critico lei fa riferimento ad una “ricerca analitica dell’immagine”, cosa intende?
Intendo che le immagini hanno una loro logica interna, rispondono a una sintassi che gli artisti spesso usano in modo intuitivo. Luisa Menazzi Moretti va dentro la fotografia fino ai suoi elementi minimali, fino agli estremi tratti di senso.
Cosa recepisce il pubblico che sembra poter essere coinvolto da visioni che rimandano ad una memoria condivisa? Dando alle fotografie di Menazzi Moretti un valore di archivio…
Bisognerebbe chiederlo al pubblico, il curatore è un “pubblico” piuttosto particolare. Diciamo che è sufficiente il coinvolgimento, quindi il ritrovare delle assonanze e consonanze con la propria memoria e sensibilità.
Che rapporto vive con la realtà questo tipo particolare di fotografia?
Un rapporto intenso che non ha niente a che fare con il reportages, ma che senza la realtà sarebbe delegittimato. Si può parlare del reale senza diventare documentazione. È una questione di tempi, quanto durano l’immagine di un reporter? E poi anche di casualità. Può capitare la fortuna di trovare una ragazza afgana con degli occhi magnetici, ma “tutto il resto è noia”, per citare un noto intellettuale romano.
Le sue opere dove rimandano, in ultima analisi, lo sguardo?
Lo rimandano all’osservatore, lo invitano a porsi delle domande, a interrogarsi. Guardare e saper guardare sono due cose diverse, l’arte e la fotografia sono due modi complementari per elaborare una “strategia delle visione”.
Quali progetti ha in futuro con l’artista?
Di andare avanti con il progetto Solo, l’ultimo in ordine cronologico, e di programmare il futuro collaborando anche con gallerie private. Faremo altre cose insieme perché condividiamo un’idea della creatività che sappia ancora andare oltre l’ombelico dell’artista.
Somewhere. Luisa Menazzi Moretti
a cura di Valerio Dehò
catalogo italiano-inglese di Gente di Fotografia con testi di Luisa Menazzi Moretti, Valerio Dehò e Antonio Giusa
12 marzo – 15 maggio 2016
Esedra di Levante
Villa Manin
piazza Manin 10, Passariano di Codroipo (UD)
Orario: da martedì a venerdì 15.00-19.00; sabato e domenica 10.00-19.00; lunedì chiuso ad eccezione del 28 marzo, 25 aprile, 1 e 6 maggio (aperto 10.00-19.00)
Ingresso libero
Info: +39 0432 821211
info@villamanin.it
www.villamanin.it