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SOLIERA (MO) | Castello Campori | 6 ottobre 2018 – 13 gennaio 2019

Intervista a LORENZO RESPI di Matteo Galbiati

In attesa di ammirare a Soliera (MO) la mostra Intra moenia che porta nelle sale del Castello Campori, monumento di grande pregio recentemente oggetto di un attento restauro, 80 capolavori di 66 artisti italiani e internazionali provenienti dalle Collezioni Cattelani,  abbiamo intervistato, nel pieno dei preparativi, il curatore Lorenzo Respi che ci introduce con puntualità la storia di una passione, vivace e attiva, che Carlo Cattelani ha saputo trasmettere ai figli i quali oggi, dopo la sua scomparsa, proseguono, con inalterato entusiasmo e anche con altre scelte e indirizzi, la storia di un collezionismo divenuto preziosa eredità e impegno culturale per l’intera famiglia.

Yoko Ono, Preghiera, 1991, inchiostro su carta, 75×171 cm Foto Paolo Pugnaghi

Ci racconti brevemente chi era Carlo Cattelani collezionista? Quale impegno metteva nelle sue scelte e cosa le animava? Come individuava opere e artisti per la sua collezione?
Carlo Cattelani amava definirsi un collezionista “che veniva dal basso”, un uomo semplice animato da una sincera passione per il reale, per la concretezza, che per il suo essere profondamente credente interpretava come il segno tangibile di un progetto divino universale. Si informava e leggeva, viaggiava continuamente verso gli Stati Uniti, l’Austria e la Germania, per scoprire gli artisti ed entrare in contatto diretto con le loro opere, alla ricerca di quel fuoco che accendeva la sua spiritualità. A questa attitudine personale si aggiungevano la coralità e la convivialità della sua famiglia: alla tavola di Carlo e Afra gli artisti e gli amici erano, e sono ancora oggi, i benvenuti. Si discuteva di arte, si progettavano mostre e performance, si intrecciavano collaborazioni.

Intra moenia, Castello Campori, Soliera (MO), Sala 4. Foto Fabio Fantini

Come si sviluppa poi, nel tempo, la sua Collezione?
La collezione di Carlo nasce e cresce con l’intento di comunicare agli altri la sua esperienza di vita (personale e professionale) e, al tempo stesso, ha sempre avuto l’ambizione di diventare un modello educativo per chi vi sarebbe entrato in contatto. Raccoglie, quindi, un vasto panorama di artisti e di opere che hanno scritto la storia dell’arte del suo tempo. I nuclei principali sono costituiti dagli astrattisti americani, dall’Azionismo viennese, da Fluxus e dalla Nuova figurazione. Carlo poi ha sempre rivolto uno sguardo attento alle giovani generazioni e ha sostenuto molti artisti “controcorrente” che non rispondevano ai canoni estetici dell’epoca: un modo concreto per supportare la ricerca artistica. Nel corso dei decenni, la collezione si è allargata ad affrontare i temi etici e “umanistici” di ampio respiro in un dialogo costante tra uomo e società moderna.

Philip Corner, Madonna musa policroma, 1997, olio su tela e pluriball, 100×70 cm Foto Paolo Pugnaghi

Dopo la sua scomparsa, la moglie e i figli hanno proseguito nell’acquisizione di opere, tanto che tu fai riferimento, nel titolo della mostra, alle “Collezioni Cattelani”?
Sì, è andata proprio così. L’eredità morale di Carlo, com’era peraltro nel suo intento di collezionista, è passata naturalmente alla moglie Afra e soprattutto ai loro cinque figli, che hanno dato vita a una nuova e attiva generazione di collezionisti. Utilizzare per la prima volta il plurale “Collezioni” per indicare questo vasto corpus di opere è stata una precisa scelta critica: intendo, infatti, mostrare (e dimostrare) che le collezioni sono vive, cambiano continuamente, pur rimanendo legate a quell’idea primigenia di universalità e di coralità che sono i medesimi valori espressi dall’arte. Ogni nucleo è autonomo rispetto agli altri perché rappresenta la visione di ciascun erede, ma nello stesso tempo tramanda gli insegnamenti comuni appresi dal padre Carlo.

Quali orientamenti altri e diversi hanno seguito? Cosa le contraddistingue? Quali tematiche le accomuna e quali le rende esclusive?
L’elemento che indubbiamente contraddistingue al meglio le collezioni è la ricerca della bellezza, che non si riduce alla contemplazione estetica, ma si propone come modello di riferimento ideale di derivazione classica. La ricerca del bello è vissuta come un’esperienza trascendentale che nelle opere d’arte trova la sua forma materiale. Un’altra caratteristica unificante delle collezioni è la sublimazione della quotidianità, ovvero la trasposizione delle esperienze vissute nella scelta di un artista e di un’opera ben specifica. Infine, rispetto al nucleo originario, le nuove collezioni tendono a superare la specificità della sacralità per indagare le dinamiche complesse della società contemporanea.

Lorenzo Respi Foto Sara Cavallini

Possiamo dire che continueranno ad allargarsi ed ampliarsi nel tempo? Le acquisizioni non sono finite?
Spero proprio che Fabio, Laura, Tiberio, Annalisa e Annarita e, nei prossimi anni, i loro figli e figlie, continuino a collezionare con la medesima passione dimostrata fino ad oggi. Non sarebbe solo il modo per mantenere viva la memoria di Carlo, ma sarebbe soprattutto un’importante assunzione di responsabilità nei confronti del futuro, verso quanti si impegnano a fare arte secondo un’ottica umanista ed educativa, critica nei confronti della realtà e incentrata sullo studio dell’uomo. Per i Cattelani, infatti, l’arte è uno strumento educativo per innalzare la qualità etica e morale della nostra esistenza, terrena e ultraterrena.

Come hai pensato, a fronte di artisti e opere tanto diversi, di allestire la mostra? Quali peculiarità vuoi evidenziare?
Per allestire la mostra sono partito dal concetto di universalità, che ha contraddistinto le Collezioni Cattelani fin dalle prime acquisizioni. Un principio di selezione generale, assolutamente non generico!, che mi ha permesso di accostare senza soluzione di continuità le opere e gli artisti provenienti dai diversi nuclei collezionistici. Una volta individuate le opere, quasi ottanta per oltre sessanta artisti, ho raccolto in ogni sala quelle che, a mio parere, affrontavano lo stesso tema e poi ho cercato di evidenziare come i diversi artisti lo hanno interpretato secondo il proprio linguaggio: Pietas, Wort-Ton-Drama, Leggerezza, Eterotopia, Che cos’è l’Arte?. L’eterogeneità delle opere delle collezioni favorisce un dialogo aperto e costruttivo tra sacro e profano, tra opera d’arte e pubblico, che lascia spazio alla libera interpretazione (spirituale) della realtà e della contemporaneità.

Jiri Kolar, Ultima cena, 1968, fotografia e collage su carta, 70×100 cm Foto Paolo Pugnaghi

Perché, in questo caso, per il pubblico diventa tanto importante sottolineare l’aspetto “dialettico” e “corale” di questo progetto? Evitando distinzioni di provenienza e proprietà…
Per catapultare i visitatori immediatamente “dentro” allo spazio fisico-mentale delle collezioni di famiglia, all’ingresso della mostra le persone sono accolte da una grande parete allestita a quadreria, che le costringe ad avvicinarsi incuriosite: scoprono così piccoli disegni autografi, schizzi e bozzetti, dediche appassionate e messaggi privati. Ho rappresentato così, idealmente, la dialettica tra le collezioni e la coralità dei partecipanti all’evento. Il pubblico, infatti, man mano che segue il percorso espositivo viene coinvolto in una grande “azione” collettiva, sul modello dell’Azionismo viennese, che è, non a caso, ben rappresentato nelle Collezioni Cattelani.

So che hai puntato su alcuni progetti speciali come quello dedicato ai bambini o quello per la Chiesa di S. Pietro in Vincoli a Limidi di Soliera: cosa hai previsto in questi casi?
Sono convinto che l’educazione all’immagine per i bambini in età prescolare sia fondamentale per instillare in loro il piacere, e perché no il gusto, dell’opera d’arte e del visitare una mostra. Ho quindi pensato a una sala dedicata a loro, che sia fornita di tutti gli strumenti espositivi e didattici necessari per fruire al meglio le opere: i quadri sono allestiti ad altezza di bambino, con uno si può addirittura interagire manualmente, e le didascalie sono state sostituite da tablet con brevi contributi video che raccontano ciascuna opera con un linguaggio semplice e immediato. Basta un click del bambino per animare il quadro. Infine in un angolo è allestito un piccolo agorà con tappeti e un teatrino kamishibai per avvicinare i più piccoli al racconto per immagini. La mostra ha, come dicevi, una seconda sede espositiva presso la Chiesa di San Pietro in Vincoli. In una cappella laterale sono esposte a rotazione una serie di opere, selezionate insieme al parroco Don Antonio seguendo il calendario liturgico. Anche in questo caso il coinvolgimento diretto della Diocesi ha permesso di progettare una parte della mostra ad hoc per il luogo e in linea con la liturgia.

Vettor Pisani, Il punto di fuga, 1976, collage e tecnica mista su carta, 70×100 cm Foto Fabio Fantini

Anche se prematuro vorrei chiederti se ci potranno essere altre mostre e sviluppi ulteriori dopo Intra moenia… Come pensi possa essere valorizzato questo patrimonio artistico e culturale?
L’impegno concreto che il Comune di Soliera e la Fondazione Campori hanno dimostrato nel promuovere e supportare la mostra è un ottimo segnale, e anche un precedente virtuoso, di quello che potrebbe essere il futuro del castello. Ricordo infatti che con Intra moenia il Castello Campori, simbolo storico-architettonico della Città di Soliera, si apre per la prima volta all’arte contemporanea dopo il restauro post sisma del 2012. Mi auguro quindi che il cammino intrapreso con questa mostra diventi un progetto culturale di qualità a lungo termine in grado di coinvolgere i collezionisti locali e le risorse del territorio in un’ottica universale e pluralista, come si addice proprio alle Collezioni Cattelani. A mio parere, la strada migliore per valorizzare il patrimonio sommerso è portarlo a conoscenza del grande pubblico, e della critica, puntando alla promozione delle eccellenze che così diventano i poli attrattori per far conoscere il territorio e le sue attività.

Intra moenia, Castello Campori, Soliera (MO), Sala 1. Foto Fabio Fantini

Intra moenia. Collezioni Cattelani
a cura di Lorenzo Respi
promossa da Comune di Soliera e Fondazione Campori
prodotta da All Around Art
con il sostegno di Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi
con il supporto di Diocesi di Carpi
catalogo All Around Art

Opere di: Eric Andersen, Karin Andersen, Francis Bacon, Joseph Beuys, Alighiero Boetti, Lorenzo Bonechi, Günter Brus, Mark Brusse, Pier Paolo Calzolari, Mario Ceroli, Giuseppe Chiari, Philip Corner, Cuoghi Corsello, Andrea Cusumano, Ronnie Cutrone, Gino De Dominicis, Santolo De Luca, Wim Delvoye, Jean Dupuy, Lucio Fontana, Dario Ghibaudo, Massimo Giacon, Gilbert & George, Barbara Giorgis, Franco Guerzoni, Carsten Höller, Jan Knap, Jiri Kolar, Paolo Lasagni, Sol Lewitt, Adolfo Lugli, Claudio Maccari, Renato Mambor, Enrico Manelli, Javier Martín, Eliseo Mattiacci, Fabio Mauri, Mario Merz, Richard Meyer, Larry Miller, Gian Marco Montesano, Hermann Nitsch, Morgan O’Hara, Yoko Ono, Luigi Ontani, Nam June Paik, Stefano W. Pasquini, Ben Patterson, Gianni Piacentino, Vettor Pisani, Victor Pivovarov, Bern Porter, Emilio Prini, Man Ray, Luciano Ricchi, Fiorella Rizzo, Milo Sacchi, Salvo, Leonardo Santoli, Mario Schifano, Daniel Spoerri, Maurizio Taioli, Franco Vaccari, Ben Vautier, Wolf Vostell, Gilberto Zorio.

6 ottobre 2018 – 13 gennaio 2019
Inaugurazione sabato 6 ottobre ore 18.00

Castello Campori
Piazza Fratelli Sassi 2, Soliera (MO)

Orari: sabato, domenica e festivi ore 10.00-13.00 e 15.00-20.00
Ingresso libero; info e prenotazioni visite guidate e laboratori didattici: Ludoteca “Il Mulino” +39 059 568587 ludoteca@fondazionecampori.it

Info: Fondazione Campori
+39 059 568580
info@fondazionecampori.it
www.fondazionecampori.it
www.solieracastelloarte.it

All Around Art
+39 366 5232551
info@aaa-allaroundart.com
www.aaa-allaroundart.com

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