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VICENZA | MUSEO DEL GIOIELLO | 22 marzo – 2 settembre 2018

intervista a PAOLA STROPPIANA di Livia Savorelli

Nella splendida sede del Museo del Gioiello di Vicenza, all’interno della Basilica Palladiana, sta per prendere vita un evento particolarmente atteso: una mostra dedicata alla produzione orafa del grande Gio’ Pomodoro. Un focus, questo, mancante da parecchio tempo che riunisce una selezione di gioielli provenienti da tutto il mondo, datati dagli anni ’50 ai ’90. Nel dialogo con la curatrice Paola Stroppiana, alcune anticipazioni…

Gio' Pomodoro, Bracciale, 1972, oro bianco, oro giallo-malachite. Photo Michele Porcari

Gio’ Pomodoro, Bracciale, 1972, oro bianco, oro giallo-malachite. Photo Michele Porcari

Come nasce l’idea di questa grande mostra dedicata ai gioielli di Gio’ Pomodoro ed ospitata nel prestigioso Museo del Gioiello di Vicenza? Puoi delinearci le linee guida della mostra e le scelte curatoriali da te fatte, in merito alla selezione delle opere orafe del grande Maestro?
L’omaggio al Maestro Gio’ Pomodoro, nato a Orciano di Pesaro nel 1930, orafo, incisore, scultore e scenografo, avviene a 16 anni dalla sua scomparsa, avvenuta a Milano, nel suo studio, il 21 dicembre del 2002.
La mostra è preziosa occasione per portare all’attenzione del pubblico il contributo del grande artista, universalmente noto per le sue sculture, alla moderna concezione di “gioiello d’artista” come opera d’arte in sé compiuta, e alla codificazione di tale fenomeno critico nell’Italia del secondo dopoguerra. Se si esclude il circuito di mostre antologiche internazionali intitolate Ornamenti 1954-1995, curate da Giuliano Centrodi, che si svolsero a Venezia, Arezzo, Tokyo, Vienna e New York e che avvennero con lui ancora in vita, sono quindi molti anni che mancava una personale sulla sua sola produzione in ambito orafo.
Ho proposto al Museo del Gioiello di Vicenza, una realtà relativamente recente e quasi unica nel suo genere, una mostra che ripercorresse le tappe creative della produzione orafa del Maestro e l’adesione al progetto da parte del direttore Alba Cappellieri, professore ordinario al Politecnico di Milano dove insegna Design del Gioiello e dell’Accessorio, è stata entusiasta. Oggi, grazie alla stretta collaborazione con l’Archivio Gio’ Pomodoro nella persona del figlio del Maestro, Bruto Pomodoro, si propone al pubblico una selezione importante di suoi gioielli provenienti da tutto il mondo (in questa mostra sono oltre sessanta) che coprono un ampio arco temporale, dagli anni ’50 agli anni ’90, per illustrare al meglio le diverse fasi della sua ricerca e leggerne l’evoluzione stilistica.

Ritratto di Gio Pomodoro ©Jack Mitchell

Ritratto di Gio’ Pomodoro ©Jack Mitchell

Il titolo della mostra pone, fin da subito, l’accento su due caratteristiche riconducibili al gioiello di Pomodoro: il segno e l’ornamento, evidenziando come egli fosse un importante precursore di quello che, in tempi più recenti, venne chiamato “gioiello d’artista”. Ci descrivi brevemente l’evoluzione orafa di Pomodoro in termini stilistici, nell’ambito della sua ben più ampia creatività e ce la contestualizzi dal punto di vista storico?
Nel campo delle arti orafe, ambito in cui ha iniziato giovanissimo a muovere in primi passi in un laboratorio pesarese, la ricerca di Pomodoro ha raggiunto esiti altissimi e ancora oggi paradigmatici.
In mostra si propone un racconto cronologico che tiene sempre conto del momento storico, a partire dai primi anni ‘50, quando i suoi gioielli testimoniano il passaggio (avvenuto parallelamente anche nella scultura) dal figurativo all’Informale, sino agli esemplari in lamina d’oro puro sbalzato e fusione nell’osso di seppia, tecnica antichissima in cui Pomodoro insieme al fratello Arnaldo fu grande maestro. Si passa al geometrismo degli anni ‘70, dove all’elemento meccanico si affianca un cromatismo acceso di smalti e pietre di colore, per giungere alla estrosità figurale degli esemplari degli anni ‘80 ricchi di riferimenti alla cultura classica, ai gioielli seriali, ai prototipi e alle nuove sperimentazioni degli anni ‘90 sulle pietre dure, qui esposti per la prima volta. Come ho voluto sottolineare nel titolo della mostra, in tutte le sue creazioni orafe convivono la grande capacità di progettazione, il segno, intellettualmente espresso in disegni di rara bellezza (alcuni di essi sono pubblicati nel catalogo che accompagna la mostra, edito da Gli Ori di Pistoia) e l’ornamento, frutto di un ricco archivio di riferimenti alla cultura classica, in particolare alla mitologia greca che spazia sino alla dimensione rituale-metafisica. Una ricchezza di intenti che attraversa i decenni, rendendo i suoi gioielli opere d’arte assolute, senza tempo, dense di significati e simboli che parlano ancora oggi all’uomo contemporaneo.

Gio Pomodoro, Bracciale 1967, oro giallo, smalti diamante. Photo Michele Porcari

Gio’ Pomodoro, Bracciale 1967, oro giallo, smalti diamante. Photo Michele Porcari

La mostra presenta un’importante selezione di gioielli, molti provenienti da importanti collezioni private ed alcuni esemplari esposti al Guggenheim di New York nel 1994? Ci dai qualche anticipazione sulle opere più pregevoli esposte in mostra?
Dei sette gioielli di Gio’ esposti in quella memorabile mostra curata da Germano Celant ben cinque sono presenti, e lo splendido bracciale a fascia è stato scelto anche come immagine guida della mostra, proprio perché è un’opera d’arte assoluta, scultorea: uno “scudo” a fascia con quattro grandi campiture in smalto bianco profilate in oro, realizzato nel 1967. Un sole (al pari dei Soli, serie di sculture che realizzava nei medesimi anni) che si irradia a partire dal grande diamante centrale, contornato da smalti concentrici neri e blu. Pomodoro utilizzava molto la forza cromatica e volumetrica degli smalti, e molti esemplari in mostra raccontano questa sua predilezione.

Gio Pomodoro, Collana 1967, modello GP1 per GEM Montebello, argento rodiato. Courtesy-Didier Ltd London

Gio’ Pomodoro, Collana 1967, modello GP1 per GEM Montebello, argento rodiato. Courtesy-Didier Ltd London

Mi preme sottolineare che Pomodoro ha espresso nel gioiello e la forza della propria creatività, la sua costante ricerca su temi quali la luce e il vuoto, che ha poi dilatato e portato nella proprie opere scultoree. Questo in contrasto alla pratica per cui pittori e scultori, nell’accostarsi al gioiello, spesso riducono nella dimensione e nei materiali la loro cifra stilistica, miniaturizzandola o adeguandola al corpo in modo letterale, con esiti non sempre convincenti. Un’inversione che riafferma la pari dignità del gioiello come opera d’arte, nell’annullamento tra arti maggiori e minori che Pomodoro già rivendicava e che nel Secondo dopoguerra era maggiormente riconosciuto: anche la ceramica aveva un ruolo di primo piano tra le espressioni artistiche dei più grandi artisti, grazie alla plasticità che, come il gioiello, permetteva di esprimere perfettamente le inquietudini materiche dell’arte informale.
Altrettanto notevole la linea seriale di gioielli in argento progettati per la GEM del cognato Giancarlo Montebello (che sposò la sorella Teresa) alla metà degli anni ‘70, uno dei primi esperimenti di produzione seriale di “gioielli d’arte economici”, e la realizzazione di un taccuino di 38 tavole per prototipi di tagli in pietra dura con interessanti meccanismi a staffa con le pietre intercambiabili , molti dei quali esposti in mostra, progettati per
l’azienda Cesari&Rinaldi dell’inizio degli anni ’90.

Gio Pomodoro, Tavola del progetto 1993 per la Cesari Rinaldi, matita e acquerello su carta. Photo Marco Onofri

Gio’ Pomodoro, Tavola del progetto 1993 per la Cesari Rinaldi, matita e acquerello su carta. Photo Marco Onofri

I gioielli di Gio’ Pomodoro: il segno e l’ornamento
a cura di Paola Stroppiana

22 marzo – 2 settembre 2018

Museo del Gioiello
Piazza dei Signori, Vicenza

Orari: da martedì a venerdì dalle 15.00 alle 19.00; sabato e domenica dalle 11.00 alle 19.00
Biglietti: intero 6 euro, ridotto 4 euro

Info: +39.0444.320799
www.museodelgioiello.it

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