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INTERVISTA DI FRANCESCA DI GIORGIO

Manifesta fa il punto sugli ultimi dieci anni di lavoro di Paolo Leonardo. Per la prima volta l’artista torinese espone negli spazi industriali di A2 – AndreA Arte ContemporaneA di Vicenza. Nell’idea di Paolo Dosa, alla guida dello spazio vicentino, le opere del periodo 2002-2010, lasciano spazio anche alla produzione più recente: paesaggi tratti da fotografie antiche mediate dall’inconfondibile “filtro” rosso/nero e interventi su immagini cinematografiche. Il mondo di Paolo Leonardo è figurativo (ma non troppo), a colori (minimal), visionario ed empatico (quanto basta) perché ripensare un’immagine è un gioco di equilibri da mettere sempre in crisi…

Francesca Di Giorgio: Manifesta è un tributo al tuo modus operandi che coinvolge dall’interno la tecnica utilizzata per la realizzazione delle opere anche in relazione a tutte le trasformazioni alla fonte della tua ricerca: pubblicità, manifesti, fotografia, comunicazione…
Paolo Leonardo:
È il procedimento suggerito da Roland Barthes ne La Camera Chiara dove si ricerca nell’osservazione delle fotografie un rapporto empatico, uno studio emotivo, che mi ha spinto alla ricerca delle immagini. In esse vedo un potenziale e in alcune anche un potere magico ed è attraverso l’intervento pittorico che instauro un dialogo con esse. Investo le immagini con la pittura, la mia emotività, le devio, le porto su un altro territorio. Sono stato molto attratto dall’iconografia femminile, tema fondamentale nella storia dell’arte. Molte immagini pubblicitarie di moda attingono alla pittura simbolista e surrealista io me ne approprio e le riporto su un territorio che è quello della pittura, riflettendo sulla rappresentazione della donna e dell’uomo che è legata all’immaginario pubblicitario nella società contemporanea. Cerco, così, di ri-attualizzare la pittura figurativa.

Cosa significa per te re-interpretare un’immagine?
Nel 2008, in occasione della mostra organizzata dalla Galleria Bagnai a Firenze, ho reinterpretato delle immagini cinematografiche riflettendo sul concetto di montaggio, ho accostato due o più immagini di film diversi. Per esempio: un primo piano di una figura ed un paesaggio, cercando così di sfuggire dalla narrazione, lasciando all’osservatore una suggestione, un’atmosfera e la possibilità di creare lui stesso una storia perché, come dice Godard, tra uno stacco cinematografico e l’altro esiste qualcosa che non si vede. Quando vado in giro nei mercati d’antiquariato trovo per terra centinaia di foto di fotografi anonimi le guardo tutte ma solo alcune mi colpiscono. Secondo me si inizia a reinterpretare un’immagine dal momento in cui si entra in empatia con essa ed è attraverso il filtro della pittura che le foto vengono definitivamente investite dalle mie emozioni.

Il corpus di lavori più recenti si assesta sui toni del rosso e del nero ma nel tuo percorso hai incontrato varie fasi di elaborazione intorno al colore… Che valore attribuisci al loro utilizzo e possono in qualche modo scandire idealmente le fasi della tua ricerca?
Direi di sì, utilizzo una gamma di colori minimale: argento e nero, giallo e nero, rosso e nero. Sono contrasti forti che hanno scandito dei periodi della mia ricerca anche se non abbandono mai del tutto queste combinazioni cromatiche, ogni tanto ritornano poiché, per me, questi colori sono degli stati emotivi. Ultimamente sto lavorando con il bianco e nero.
Il bianco lo uso per mettere in crisi l’immagine fotografica che in certi punti tende all’astrazione.

Riguardo ai soggetti, invece, spazi dall’iconografia urbana alla paesaggistica più “classica”, dalla figura femminile – che riconduce ancora alla natura patinata dei giornali di moda – fino ad una tensione quasi “astratta” nel senso di allontanamento dalla realtà oggettiva…
In ogni mio lavoro c’è una messa in crisi dell’immagine fotografica, ci sono delle linee di fuga che la allontanano dalla realtà oggettiva dell’immagine. I lavori in rosso e nero nascono da un gioco che facevo da bambino, quando usavo la carta delle caramelle Rossana (non so se esistono ancora…), era una pellicola trasparente di plastica rossa, che mettevo davanti agli occhi per vedere attraverso, si trasfigurava la visione del mondo, era come essere in un sogno. Nel 2005 insieme al regista Daniele Gaglianone ho fatto un cortometraggio di trenta minuti ispirandomi ai miei lavori in rosso e nero, abbiamo girato in una metropoli dipingendo di rosso la visione, utilizzando delle musiche originali di Massimo Miride, il risultato è stato un viaggio visionario, onirico, un allontanamento dalla realtà oggettiva.

Non posso non chiederti qualche battuta in merito al tuo coinvolgimento nella selezione dei Padiglioni Italia Regionali della 54. Biennale di Venezia. Molti tuoi amici e colleghi torinesi hanno declinato l’invito ad aderire al concept veneziano (semi-inesistente) dalle linee organizzative a dir poco confuse. Tu almeno non hai dovuto accollarti le spese di trasporto dell’opera…
Ebbene sì partecipo alla mostra regionale che si terrà a Torino al Museo di Scienze Naturali. Nonostante i tempi strettissimi, ho deciso di partecipare perché in questa mostra sono stati invitati alcuni amici artisti con i quali, da più di dieci anni, ci troviamo per confrontarci ed esporre insieme. Comprendo però, le ragioni di chi ha rifiutato, soprattutto al Padiglione Italia a Venezia, è improponibile pensare di realizzare un’opera con un preavviso di un mese, con un trasporto inesistente, senza un sopralluogo per capire quale possa essere il proprio spazio espositivo. Alla fine partecipo anche perché avevo un lavoro inedito su carta realizzato negli ultimi mesi, facilmente trasportabile!

La mostra in breve:
Paolo Leonardo. Manifesta
A2 – AndreA Arte ContemporaneA
Via dell’Edilizia 56, Vicenza
Info: +39 0444 541070 | +39 348 1502474
www.andrea-arte.com
Orari: martedì-sabato 16.30 – 19.30 su appuntamento
Inaugurazione sabato 11 giugno 2011 ore 18.00
11 giugno – 30 luglio 2011

In alto, da sinistra:
“Senza titolo”, 2002, cm 178×135, smalto e idropittura su manifesto
“Senza titolo”, 2008, cm 70×70, china su carta
In basso:
“Senza titolo”, 2008, cm 70×100, china su carta

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