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MILANO | La Triennale di Milano | 4 aprile 2014 – 22 febbraio 2015

di LORENZO SOTTINI

Muove da una considerazione, che suscita interessanti riflessioni che accompagnano il visitatore durante tutto il percorso della mostra, la Settima Edizione del Triennale Design Museum, intitolata Il design italiano oltre la crisi. Autarchia, austerità, autoproduzione. Come ha infatti voluto sottolineare Claudio De Albertis, presidente della Triennale, durante l’affollatissima inaugurazione dello scorso 3 aprile, il titolo fa riferimento proprio a come il nostro paese abbia sempre trovato nel design una delle risorse fondamentali per superare le crisi che lo hanno attanagliato in particolari momenti storici.

Salvatore Ferragamo, Sandalo femminile, 1936-38, Courtesy Museo Salvatore Ferragamo

Ricorrendo al forte connubio che lega la cultura e il genio italiano della progettazione all’industria e al sistema manifatturiero e artigianale, l’Italia ha sempre espresso in questo il migliore  potenziale per innescare meccanismi reattivi e propositivi rispetto alle difficoltà che si sono presentate in certe fasi storiche, ma dalle quali si sono poi ricavati i presupposti per esaltare la competitività e l’eccellenza qualitativa della nostra nazione.
Il percorso espositivo, che si sviluppa cronologicamente all’insegna delle tre A del titolo (autarchia, austerità, autoproduzione), si focalizza sul tema dell’autosufficienza produttiva declinata guardando a tre momenti storici che sono segnati da profonde crisi economiche e da altrettante significative riprese: gli Anni Trenta, Settanta fino ad esaminare il difficile tempo presente e per il quale si auspica una svolta sostanziale, incentivata e aiutata, ancora una volta, dalla creatività progettuale.
Silvana Annicchiarico precisa con la parola “crisi” presente nel titolo generale sia stata fonte di perplessità e lunghe discussioni:

“Un lemma abusato mediaticamente, ma che nell’accezione di opportunità può essere una chiave giusta per la lettura di una grande crescita. Noi italiani abbiamo bisogno di toccare il fondo per rinascere, siamo una nazione dove le lacerazioni hanno sempre portato nuova ricchezza”.

Antonia Campi, Pannello realizzato per l’ingresso del negozio Società ceramica italiana di Firenze, 1950 Courtesy Atelier Daniela Gerini

La mostra si apre con una grande stanza-vetrina in cui sono esposti oggetti rappresentativi dei tre periodi presi ad analisi: progetti mescolati, che, come in un continuo salto temporale, permettono al visitatore di prender coscienza delle differenze e delle similitudini manifestatesi nel trascorrere degli anni. Difficile non rimaner affascinati da questo accostamento eterogeneo di epoche: è possibile, ad esempio, sognare guardando gli animali magici di Benedetta Mori Ubaldini e, allo stesso tempo, apprezzare la maestria manifatturiera rappresentata da una serie di maniglie di vetro risalenti al secolo scorso.
La cura scientifica di Beppe Finessi, il progetto grafico, curato da Italo Lupi, soddisfano pienamente le attese di questa esposizione, così come l’allestimento curato da Philippe Nigro che ha suscitato curiosità nel pubblico tanto quanto gli oggetti esposti.
Il percorso cronologico, che anima la mostra, inizia con i lavori grafici, e non solo, di Fortunato Depero (1892-1960), considerato il primo maker, e si attraversa il periodo degli anni Trenta fino ad arrivare agli arredi di Gio Ponti (1891-1979). Suggestivo e affascinante è il focus sul lavoro di Franco Albini (1905-1977): i suoi disegni sono capaci di dialogare ancora con quelli dei giovani designer ed esprimere la bravura di un maestro che è una vera icona del design italiano.
A seguire troviamo i celebri progetti pieni d’ilarità di Bruno Munari (1907-1998) che, accostati a suoi progetti più inediti, descrivono le particolari sperimentazioni del tempo e le nuove modalità di produzione, come testimoniano anche i lavori di Enzo Mari (1932) con la sua Autoproduzione.
Per quanto riguarda la sezione  sugli anni Settanta gli oggetti sono esposti in modo libero e con uno schema un po’ caotico che lascia la libera possibilità al visitatore di spaziare con lo sguardo e muoversi con il corpo tra questa eterogenea selva di prodotti.

Alberto Meda, In tensione, 2014, con Vitra-Belux  Courtesy Alberto Meda

Gli anni zero, raccolti sotto la A di Autoproduzione, sono caratteristici del tempo in cui viviamo, qui i giovani designer vivono in una continua sperimentazione: si interfacciano con le nuove tecnologie di stampa tridimensionale e taglio laser e, allo stesso tempo, riscoprono anche la manodopera artigianale per poter coltivare la propria creatività e dar vita ai propri progetti.
A chiudere in bellezza c’è lo spazio del CreativeSet composto da oggetti-icone appartenenti alla Collezione Permanente del Museo, arricchito dalle selezioni dei maestri che sono stati invitati a indicare gli oggetti che, per loro, sono necessari e imprescindibili a tracciare la storia del design italiano.
La Triennale di Milano ha riconfermato di essere un riferimento per la cultura italiana del design, dimostrando di sapersi rinnovare e restare al passo con i tempi e, attraverso questa mostra, di trasmettere, in tempi non felicissimi, un messaggio positivo e ottimista verso il futuro dell’Italia e del design italiano, soprattutto in un momento intenso come questo della Design Week e in vista del grande e atteso Expo del 2015.

Triennale Design Museum. Settima edizione
Il design italiano oltre le crisi. Autarchia, austerità, autoproduzione
direzione Silvana Annicchiarico
cura scientifica di Beppe Finessi
progetto di allestimento di Philippe Nigro
progetto grafico di Italo Lupi

4 aprile 2014 – 22 febbraio 2015

Triennale Design Museum
La Triennale di Milano
Via Alemagna 6, Milano

Orari: da martedì a domenica 10.30-20.30; giovedì 10.30-23.00
Ingresso €8.00

Info: +39 02 724341
www.triennale.org

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