Tre visioni contemporanee | parte #3
Intervista a CHIARA MU di Daniela Trincia
Fermamente convinta che un lavoro non possa essere riproposto una seconda volta, perché ognuno di essi nasce in quel luogo e in quel momento specifici, Chiara Mu (Roma, 1974) ripudia l’incasellamento sotto una specifica etichetta. Seppure alcuni suoi lavori abbiano una specifica declinazione (vedi Mi dimenticherò di te tutti i giorni o Stigma) e provochino un profondo disorientamento dello spettatore, principalmente le performance di Chiara Mu tendono a metterla in contatto con l’altro, a creare attraverso un’esperienza condivisa, una relazione, affinché, artista e spettatore, ne escano trasfigurati e comunque con una maggiore consapevolezza.
Hai appena concluso una residenza in Val Saisera. Parlami di quest’esperienza e del lavoro che hai realizzato nei Prati di Oitzinger…
È stata una residenza organizzata dall’Associazione Culturale Modo che, attraverso interventi di land art, lavora sui luoghi interessati dai conflitti della Prima Guerra Mondiale. I Prati di Oitzinger sono la terra detta dei tre confini perché qui si incontravano i confini della Slovenia, dell’Austria e dell’Italia. Residenza che si è conclusa il 28 settembre scorso con la mostra permanente dei lavori realizzati dagli artisti invitati.
…E tu, cosa hai presentato?
Ragionando sul parco, ho realizzato delle opere che racchiudevano i concetti della pace, sottolineando anche quanto la natura è stata modificata dalla guerra e la fatica necessaria per proteggerla. Ho così ideato dei lavori che realizzano una relazione tra gli abitanti del paese e gli eventuali visitatori e questa parte della vallata, attivando un’interazione tra le parti. Sono intervenuta utilizzando però elementi naturali e, col tempo, quello che rimarrà, sarà il processo che ha avviato i miei due lavori Abbracciare lungo la linea e Esercizio di cura. Nel primo, proseguendo un’azione di Penone che lo vedeva abbracciare un albero, ho realizzato cinque sagome diverse su altrettanti alberi, levigando le parti di contatto tra il corpo dell’individuo e l’albero stesso. Il luogo da me individuato presenta un piccolo cerchio formato dagli arbusti, una sorta di cerchio magico, ma anche una specie di trincea. Concetti da me sovvertiti poiché non sono più di contenimento ma di slancio verso l’altro, di abbraccio, che è l’esatto opposto dell’idea della guerra. Nel secondo sono gli abitanti stessi ad essere coinvolti. In un piccolo anfratto ho posizionato una vecchia madia, con dentro una bottiglia di acqua fresca ed una barretta di cioccolata, a disposizione del viandante: saranno gli abitanti che settimanalmente si impegneranno a integrare gli alimenti, prendendosi così cura del luogo.
Quindi tu, principalmente, con cosa realizzi i tuoi lavori?
Lavoro con il tempo e con lo spazio, elementi totalmente effimeri che, invece, nelle mie opere, sono trasfigurati in qualcosa di oggettivo che costruisce l’opera stessa. I lavori che presento, nei quali anche il registro visivo ha una grande importanza, pongono me stessa a contatto con l’altro e viceversa. Sono convinta che l’opera abbia bisogno di una relazione affinché possa esistere, è quindi fondamentale la presenza di uno spettatore che voglia partecipare. Per questo utilizzo anche la provocazione e l’intimità per attuare una strategia relazionale.
Perché?
Per me l’arte è far vedere un determinato luogo diversamente da come è stato vissuto e inteso fino a quel momento.
Mettendo sempre te stessa come attivatrice di alcune esperienze, quali sono stati i lavori più faticosi e dolorosi?
È molto difficile rispondere, perché tutti rappresentano un momento di crescita e sono legati ad uno preciso momento della mia vita. Riflettendo posso dire che sono stati Back home, installazione site specific a Condotto C di Roma, e Stigma, la performance realizzata nella giornata contro la violenza alle donne a Milano.
Quali sono i tuoi prossimi impegni?
Per dicembre ho in programma un intervento a Milano e uno a febbraio presso Albumarte, uno spazio recentemente inaugurato a Roma.
Chiara Mu è nata a Roma. Vive e lavora tra Londra e Roma.