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ROMA | ETRU – Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia | 11 giugno – 26 settembre 2021

di ANTONELLO TOLVE

Vale sempre la pena andare all’ETRU – Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia magistralmente diretto da Valentino Nuzzo: e non solo per farsi sedurre da quell’urna a capanna in lamina di bronzo (prima meta del VIII secolo, necropoli dell’Osteria), dalla tomba del letto funebre datata 470-460 a.C., dal cosiddetto sarcofago degli sposi trovato in una tomba della Banditaccia e datato tra il 530 e il 520 a.C., dalle meravigliose antefisse (incomparabile quel volto ovale, con occhi dalle grandi pupille nere ed orecchini a disco ornati a rosetta, le cui labbra sembrano di fragola) o dal santuario dello Scasato di fine IV secolo, ma anche per ricordare quale e quanta perfezione (quale e quanta raffinata astrazione) si sia raggiunta, in tempi davvero non sospetti, nell’ambito della tecnologia ceramica. Qui, grazie all’impegno della z2o Gallery di Sara Zanin, dopo un primo dialogo organizzato a Napoli con gli spazi della Chiesa di San Giuseppe alle Scalze curato da Marina Dacci, Evgeny Antufiev (Kyzly, 1986) ha messo a segno un nuovo entusiasmante progetto tutto da scoprire e da ascoltare, magari anche pensando agli obiettivi raggiunti dall’artista dopo Twelve, wood, dolphin, knife, bowl, mask, crystal, bones and marble – fusion. Exploring materials, l’indimenticabile esposizione del 2013 alla Fondazione Maramotti di Reggio Emilia (è in questa occasione che ho avuto modo di conoscere e apprezzare il lavoro di Antufiev).

Evgeny Antufiev, Untitled, 2017, ceramica, cm 71x⌀ 54. Courtesy the artist & z2o Sara Zanin. Photocredits Ela Bialkowska, OKNOstudio

Con Dead Nations. Eternal version, Antufiev crea ora all’ETRU un percorso narrativo in cui si sente il respiro dell’acquisizione e della restituzione, in cui si avverte un confronto semiotico e semantico, in cui si legge un brillante racconto tra esseri (guerrieri) immaginari e animali e oggetti rituali – serpi, figure tricefale, teschi, leoni, coltelli, uccelli, insetti – che parlano tra loro con una voce che si situa in una zona di piacevole indifferenza fra natura e cultura, tra tempo, storia e memoria.

Evgeny Antufiev, Untitled, 2020, Bronzo e ambra (quattro parti); uccello con ambra, due medaglie, un vaso [uccello cm 24 x 18 x 6,5; medaglie cm 3,5 ø ognuna; vaso cm 2,5 ø x 3]. Courtesy the artist & z2o Sara Zanin. Photocredits Ela Bialkowska, OKNOstudio

Organizzata tra le sale 15 e 20 del museo, e più specificatamente a partire dagli ambienti della raccolta kircheriana, questa mostra di Evgeny Antufiev è come un gioco che si innesta nelle varie teche (la teca 1, ad apertura, e le teche 27-33, in chiusura, sembrano due potenti parentesi) per creare piacevoli effetti poetici di остранение (il termine è introdotto da Šklovskij nel 1916), artifici plastici capaci di rompere il filo lineare delle epoche e di generare generosi depistaggi, spaesamenti, ambiguità filologiche, pungenti sovratemporalità. Ci sono infatti nelle varie teche, tra i bronzetti votivi, i vasellami, gli specchi in bronzo decorati ad incisione con soggetti diversi sul lato non riflettente, le coppe o gli oggetti per la cura del corpo che popolano queste sale, alcuni esseri o cose che l’artista ha collocato su basi trasparenti in PVC, esattamente identiche a quelle su cui è via via impiantato il patrimonio museale: e inoltre alla base di ogni opera, anziché esserci un numeretto di riferimento didascalico, è presente una piccola spirale d’un bianco traslucido che, nell’ultima sala (la 21), diventa carattere pavimentale, punto di vista su cui lo spettatore deve porsi per essere avvolto da una visione globale, da una scena intima dove sette teche assorbono lo sguardo.

Evgeny Antufiev, Untitled, 2020, bronzo e ambra, cm 25×15 ø. Courtesy the artist & z2o Sara Zanin. Photocredits Ela Bialkowska, OKNOstudio

Partecipazione e disseminazione in questa mostra sembrano essere quasi due falsi sinonimi: da una parte infatti Antufiev adotta la strategia del camaleonte per tracciare una giocosa gioiosa gloriosa aderenza con i reperti preesistenti e dunque per assecondare morfologicamente – a volte anche cromaticamente o materialmente – certi manufatti (trovo davvero brillante quella cista dorata con serpentelli biforcati inserita tra le ciste bronzee del III secolo), dall’altra conversa con lo spettatore per invitarlo a seguire un itinerario aperto all’aperto degli straordinari utensili che risucchiano costantemente la nostra curiosità. Nell’inserire in punta di piedi alcuni suoi reperti personali che sembrano tornare dal futuro per dialogare con il passato mediante intermittenze costruttive o spericolati – ma sempre puntuali e ben modulati – cortocircuiti visivi e linguistici, Antufiev crea un incantesimo (la sua è davvero una libertà chagalliana), una nuova visione narrativa capace di tessere ponti tra culture, di «generare assonanze» puntualizza Marina Dacci, curatrice dell’esposizione assieme a Svetlana Marich, che sono «inevitabilmente […] filtrate attraverso la cultura del Paese di provenienza dell’artista, la Siberia, e la tradizione popolare russa nel trattamento dei materiali».

Evgeny Antufiev, Fountain, 2021, marmo, ferro, bronzo, cm 170x60x35. Courtesy the artist & z2o Sara Zanin. Photocredits Ela Bialkowska, OKNOstudio

Accanto a questo percorso interno, il progetto si articola anche verso l’Aussen (Antufiev è stato molto intelligente nell’indossare anche gli abiti dello spettatore e nel dilatare il racconto) dove troviamo, in tre punti precisi – nel giardino, sotto l’arco a botte dell’emiciclo a botte, c’è Fountain del 2021, nel celebre nymphaeum (e vale la pena ricordare che nell’Ottocento era definito l’ottava meraviglia del mondo) è presente Untitled del 2017, mentre al centro del giardino, quasi a dar profondità o a definire una ipotetica meridiana, trova collocazione perfetta Obelisk del 2021, la cui forma è identica a quella di due teche collocate nella sala 21 – alcuni impianti riflessivi che dilatano la ricerca e offrono al visitatore uno sguardo lungo (l’artista ricorda di far ricordare il locus amoenus che ospita la sua personale) anche sulla villa voluta da Giulio III.

Evgeny Antufiev, Obelisk, 2021, travertino inciso, 300x60x60 cm. Courtesy the artist & z2o Sara Zanin. Photocredits Ela Bialkowska, OKNOstudio

«Quando ero bambino mi piaceva trovare dettagli poco appariscenti o piccoli mostri nel museo», annota Antufiev in un piccolo testo che giustifica la sua scelta e lascia trasparire quasi una dichiarazione di poetica. «Questa mostra è come un gioco per bambini. Dietro questo arco» (si riferisce all’arco che attraversiamo per immetterci nella sala 15) «ogni vetrina accoglie un oggetto dell’artista. Vi invito a trovarlo: dei piccoli cubi trasparenti con una spirale vi aiuteranno. L’ultima sala è una stanza d’oro: il museo perfetto della mia immaginazione. Buon viaggio!».

Evgeny Antufiev. Dead Nations. Eternal version, a cura di Marina Dacci & Svetlana Marich, veduta dell’installazione. Courtesy the artist & z2o Sara Zanin. Photocredits Ela Bialkowska, OKNOstudio

Evgeny Antufiev. Dead Nations. Eternal version
a cura di Marina Dacci e Svetlana Marich

11 giugno – 26 settembre 2021

ETRU – Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia
Piazzale di Villa Giulia 9, Roma

Orari: martedì-domenica 9-20, ultimo ingresso ore 19; chiusura sale espositive ore 19.30. Chiuso: lunedì.

Info: www.museoetru.it
www.z2ogalleria.it
info@z2ogalleria.it

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