Non sei registrato? Registrati.
SPOLETO (PG) | PALAZZO COLLICOLA | FINO ALL’11 MARZO 2024

di MATTEO DI CINTIO

Per la vulgata occidentale, il “sapiente” è il savio, cioè colui che accumula, per usare un verbo in piena sintonia con il moto della nostra civiltà, saperi e conoscenze sulle cose del mondo. Dovremmo tornare forse all’etimologia del verbo latino sapiens per intendere che il sapiente è prima di tutto chi ha la capacità di “assaporare”, “gustare” la bellezza delle esperienze della vita. Come ricordava recentemente in una intervista l’estetologa e comparatista Grazia Marchianò, la sapienza si configura come quella virtù che permette l’accrescimento interiore, e lo permette attraverso la frequentazione di quell’instabile ma insaturo, sempre rinnovabile punto di contatto che intercorre fra la nostra interiorità, il mondo esterno e l’intermediazione dei nostri sensi.

Calixto Ramírez, Da Monterrey a Monteluco. Veduta della mostra a Palazzo Collicola, Spoleto, 2023. Fotografia di Giuliano Vaccai. Courtesy l’artista e Galleria Alessandra Bonomo, Roma.

Calixto Ramirez è un artista dalla postura sapienziale. La si assapora pienamente aggirandosi fra gli ambienti della mostra Da Monterrey a Monteluco nel Palazzo Collicola, signorile edificio settecentesco che dimora nel centro di Spoleto. Il titolo occhieggia ad una pubblicazione di Sol LeWitt, From Monteluco to Spoleto del ’76, e non è un caso: come il grande esponente del Minimalismo, Ramirez ha trascorso un periodo di residenza presso l’Eremo Bonomo nell’area di Monteluco, collina boschiva e amena del territorio a sud di Spoleto. L’Eremo è conosciuto nell’ambiente dell’arte perché ha ospitato, sin dagli anni Settanta, artisti del calibro del già citato Sol LeWitt, ma anche Mel Bochner, Richard Nonas, Richard Tuttle, Alighiero Boetti, Pat Steir, Joel Fisher. Ma il titolo contempla anche un passaggio: la transizione da un contesto fortemente urbano ad uno in cui il legame con la natura diviene insistente e inaggirabile. È proprio il contatto naturalistico ad imporsi come cantus firmus attraverso cui districare la polifonia dei linguaggi artistici introdotti per l’esposizione; pitture, sculture, installazioni e immagini filmiche tratteggiano organicamente un percorso visivo che intende intrecciare due campi di riflessione ben precisi, ma compenetranti fra loro: sensibilità ecologista e tensione spirituale. Possono, entrambe queste tematiche, (ri)fondare una nuova forma esperienziale del rapporto fra uomo e natura che non sia pervasa da una retorica ambientalista, che non fa che legittimare, sotto mentite spoglie, l’egemonia antropocenica? Può invece la natura offrire un’azione pedagogista che sappia ricondurre l’uomo al proprio afflato spirituale? Ramirez, da sapiente, sa dare delle risposte.

Calixto Ramírez, Da Monterrey a Monteluco. Veduta della mostra a Palazzo Collicola, Spoleto, 2023. Fotografia di Giuliano Vaccai. Courtesy l’artista e Galleria Alessandra Bonomo, Roma.

La mostra si apre con un’installazione che sembra un monito per il visitatore, o una programmatica d’intenti: Monte addomesticato (2023) si compone del verticalismo di una struttura di mattoni antichi e rifiuti di vario genere, posizionata all’interno di una carriola; rivoli e zampilli d’acqua continui la percorrono come a creare una fontana. La stratificazione della (s)cultura, che è il prodotto dell’intervento umano nel mondo, ha bisogno di essere “slavata”, ripensata dall’artista attraverso l’assunzione di un nuovo rapporto con la natura. Tale rapporto dev’essere stabilito attraverso una visione profonda dell’ambiente.

Calixto Ramírez, Da Monterrey a Monteluco. Abstract landscapes of Monteluco, 2022-23, acrilico e pastello a olio su carta cotone, 35×25 cm circa. Fotografia di Giuliano Vaccai. Courtesy l’artista e Galleria Alessandra Bonomo, Roma.

Da qui la serie dei piccoli dipinti posti a lato dell’installazione. Abstract landscapes of Monteluco (2022/23). Essi tracciano la sagomatura di alcune pietre raccolte nei boschi spoletani e imprimono l’esito di uno studio attento e certosino sulle forme che costellano il silenzio dell’esperienza eremitica. Fanno da contraltare le pitture di Abstract landascapes of Spoleto (2022/2023) dove, a differenza delle pietre, sono poste in primo piano le forme di oggetti trovati per strada, realizzate con fogli di alluminio.

Calixto Ramírez, Da Monterrey a Monteluco. Abstract landscapes of Spoleto, 2022-23, acrilico e pastello a olio su tele, foglio di alluminio, 35×25 cm circa. (Opere realizzate in collaborazione con Maria Teresa Romitelli). Fotografia di Giuliano Vaccai. Courtesy l’artista e Galleria Alessandra Bonomo, Roma.

L’impatto provoca stupefazione: è come se i materiali di scarto prodotti dal consumismo subiscano un processo di “rimaterializzazione” della materia che le permetta di confondersi e rifondersi con l’elemento naturalistico. Aspetti più spiccatamente spirituali li si riscontrano in installazioni, dove emerge una propensione demiurgica e un’azione più modellante da parte dell’artista. Ci soffermiamo su alcuni particolari: la statuetta di San Francesco posta da perno fra un ramo e la sedia in Waiting for the miracle (2023) lascia trapelare la grazia che abita il lavoro di trasformazione del legno in mobile; la natura in questo caso è piegata alla ricca umiltà del lavoro di falegnameria, simbolo nel cattolicesimo della dignità del lavoro. Echeggi dell’Arte Povera incontrano la povertà santa dell’orat et labora, la pratica minimale e assidua della comunità monastica.

Calixto Ramírez, Da Monterrey a Monteluco. La quadratura di un uomo, 2022. Corda, bottiglie, pietra, nastro adesivo, 153x143x14 cm. Fotografia di Giuliano Vaccai. Courtesy l’artista e Galleria Alessandra Bonomo, Roma.

Risonanze francescane le si riscontrano anche in Paesaggio con pendenza (2022) e La quadratura di un uomo (2022), dove una corda – che rimanda al cordone della tunica del santo – solleva, sospende nell’aria e soppesa detriti, scarti, rifiuti. L’artista, novello anacoreta, ci vuole suggerire che la santità, ora, la si può misurare non nel rispetto asfittico al dogma ma all’opera di sottrazione dell’elemento impuro dalla fonte energetica primaria qual è la natura, nel pieno e costante contatto con il vitalismo che emanano alberi, fronde, fogliame, vegetazione, cielo e terra. Proprio su quest’ultimo punto insistono le video installazioni presenti alla mostra. Necessitano di un’attenzione particolare perché suggellano un passaggio esperienziale, che va dalla visione alla mimesis. L’artista, in questi video, è colto nell’imitare il movimento della natura, apprende dal gesto educativo che la natura stessa produce. Ciò che in ambito psico-pedagogico viene chiamato Modelling, in questo caso è emanato dagli stessi elementi naturalistici, che inducono Ramirez a confrontarsi con la potenza dell’atto cosmico, ormai inabissato dalla produzione acefala del sistema capitalistico. Imitatio naturae: è proprio ciò che fa del lavoro di Ramirez l’espressione di una “consapevolezza persuasa”, per dirla con Elemire Zolla che cita Carlo Michelstaedter. Persuaso è infatti chi non cede alle lusinghe di ogni forma di retorica (sia essa anche ambientale, aggiungeremmo noi), ma ha la vita in sé, nella più spontanea comunione con ciò che la feconda, ossia la natura.

Calixto Ramírez, Da Monterrey a Monteluco. Veduta della mostra a Palazzo Collicola, Spoleto, 2023. Fotografia di Giuliano Vaccai. Courtesy l’artista e Galleria Alessandra Bonomo, Roma.

Calixto Ramirez. Da Monterrey a Monteluco
a cura di Saverio Verini

11 novembre 2023 – 11 marzo 2024

Palazzo Collicola
piazza Collicola 1, Spoleto (PG)

Orari: giovedì-lunedì, 10.30-13.00 | 15.30-18.00

Info: www.palazzocollicola.it

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •