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VENEZIA | Marignana Arte | Fino al 26 settembre 2020

Intervista a DOMENICO DE CHIRICO di Francesco Fabris

Il secondo capitolo della mostra I dreamed a dream, alla galleria Marignana Arte di Venezia rinnova l’approfondita attenzione al fenomeno del sogno, in cui l’esposizione si propone come un articolato e non svelato racconto di distinte esperienze oniriche raccolte a generare, attraverso media lontani tra loro, un’unica teoria sognante.
L’alternanza dei materiali e delle forme espressive concorre a determinare una straniante esperienza in bilico tra conscio ed inconscio che prolunga il dialogo interiore già iniziato con la precedente esposizione.
In questa occasione si incontrano artisti di varia estrazione ed esperienza, attenti a forme di dialogo estremamente intime e personalizzate: si passa dalle manifestazioni verbali accidentali di Arthur Duff al focus sugli esiti e trasformazioni delle relazioni interpersonali di Serena Fineschi, dalla gestualità totalizzante e metapittorica di Aldo Grazzi, influenzato da matrici africane e dalla musica, sino alla combinazione tra pittura ed alchimia cara a Silvia Infranco, dalle pennellate di sapore rinascimentale e metafisico di Giulio Malinverni all’attenzione per il mondo delle forme e degli oggetti su cui incentra l’attenzione Maurizio Pellegrin. Completano l’esposizione i lavori di Quayola, incentrati sulla capacità della tecnologia di sintetizzare i rapporti tra forze apparentemente opposte, il lavoro sulla relazione corpo/spazio svolto da Donatella Spaziani attraverso fotografia e disegno e l’ambiguità tra corpo, materia e tradizione che Marco Maria Zanin sviluppa attraverso i simboli ed i segni ancestrali della cultura rurale propria della sua terra di origine ma non solo. Ancora, molte tecniche servono a Maurizio Donzelli per ribadire la relazione tra luce e colore e la necessità di generare ponti e contatti tra il mondo reale, la sua rappresentazione e la relativa percezione.

I dreamed a dream, installation view (Arthur Duff, Aldo Grazzi and Marco Maria Zanin), Marignana Arte, Venezia. Foto: Silvia Longhi

In questo dedalo di esperienze stranianti, completato da un testo del filosofo Jonathan Molinari e da alcuni versi del poeta contemporaneo Paolo Gambi, ci ha fatto da guida Domenico De Chirico, curatore indipendente della mostra ed art editor, al quale abbiamo rivolto alcune domande circa la profondità dell’esperimento del quale, tra l’altro, ci è stato annunciato un probabile seguito.

Pur essendo il legame tra arte e sogno intuitivo e storicizzato, percepisco nella mostra una volontà di sottolineare il tratto comune del loro linguaggio analogico, fatto di assenza di categorie spazio-temporali, delle leggi della causalità e della negazione o impossibilità. Quale la tua personale definizione di sogno, e perché hai sentito l’emergenza di valorizzare quest’esperienza?
Per dirla con Arthur Schnitzler, intellettuale austriaco conosciuto soprattutto per aver messo a punto quell’artificio narrativo conosciuto come monologo interiore, elemento di fondamentale importanza in I dreamed a dream, e in riferimento al suo celebre romanzo breve “Doppio sogno”, si tratta inequivocabilmente della volontà di volersi imbattere in «una specie di territorio intermedio fluttuante tra conscio e inconscio. […] Tracciare quanto più decisamente è possibile i limiti fra conscio, semiconscio e inconscio, in ciò consisterà soprattutto l’arte del poeta». Per di più, tutte queste caratteristiche congiunte con la ferrea volontà di voler sfrondare tutte le categorie spazio-temporali, rendono il legame multiforme tra arte e sogno un fenomeno lessicale che si trova a un livello intermedio tra le espressioni idiomatiche prestabilite e le intuizioni artistiche fluidamente libere. Ab origine, si è trattato di una impellente e involontaria necessità sia estetica sia sensibile che ha tuttavia accidentalmente anticipato quello stato di sopore domestico a cui tutti quanti noi abbiamo dovuto far fronte a causa del virulento status quo.

I dreamed a dream, (Serena Fineschi and Giulio Malinverni), Marignana Arte, Venezia. Foto: Silvia Longhi

Mi sento indotto ad interpretare la tua come una mostra-opera, bipartita, resa in due fasi, quasi un lavoro artistico iniziato, meditato e poi ripreso. Ci parli della sua struttura? Hai previsto un seguito?
Si tratta esattamente di una mostra bipartita ovvero suddivisa in due capitoli consecutivi, ciascuno dei quali ha una proposta artistica a sé stante, entrambi fanno riferimento allo stesso tema e si diramano sotto lo stesso titolo seppur sui due lati di esso. Mi piacerebbe in futuro poter ritornare ad esplorare lo stesso tema con un terzo capitolo conclusivo.

Qual è il sentire comunque che lega gli artisti che hai scelto? Forse una capacità ri-creativa dei loro lavori, nel senso di rigenerare lo sguardo e l’esperienza anche inconscia dello spettatore?
I dreamed a dream è stata concepita come il contenuto di un determinato sogno mai rivelato in cui svariate immagini si avvicendano, come la riproduzione fantastica che si compie nella coscienza del contenuto di un’esperienza sensibile o la libera elaborazione di ciò che potrebbe essere il contenuto di tale esperienza. L’evanescenza di ogni singola opera rintracciabile anche tra gli elementi scultorei che rimandano alla matericità del reale sembra sussurrare racconti di sogni i quali insieme costituiscono un unico coro sognante. Un inconscio collettivo viene così decantato, tuttavia non si tratta dell’inconscio collettivo teorizzato da Carl Gustav Jung che procede all’indietro alla ricerca di un substrato antico, bensì di un inconscio sognante che insegue linee fugaci su sfondi indefiniti. Dunque, un sogno elevato alla sua massima potenza, un sogno sognato fatto di tanti sogni e della sostanza soffice scaturita dalle loro interconnessioni in tutta la sua eterogeneità.

I dreamed a dream, (Donatella Spaziani, Marco Maria Zanin and Maurizio Pellegrin), Marignana Arte, Venezia. Foto: Silvia Longhi

La combinazione di molti media diversi è soltanto legata alla tipicità degli artisti oppure c’è una volontà curatoriale di “stranire” lo spettatore con immagini così diverse e perciò stimolanti per la comunicazione tra conscio e inconscio?
Si tratta certamente sia di una identitaria volontà curatoriale sia del veemente desiderio di rendere I dreamed a dream metaforicamente come un percorso onirico eterogeneo, auspicabilmente fluido, mediante una selezione armonica di tutte le opere d’arte ponderatamente scelte, e decisamente imprevedibile, caratteristica, quest’ultima, peculiare del sogno e che esclude ogni possibilità di arrivare ad esplorare e modificare le situazioni caratterizzanti del sogno stesso a nostro piacimento.

La mostra contempla un testo filosofico ed uno poetico, quale l’esplorazione che intendi condurre con questa contaminazione?
Ciò che più mi interessa a livello testuale non è presentare un’unica chiave di lettura bensì fornire più spunti contenutistici su vari livelli che io personalmente ritengo essere importanti ai fini di una comprensione efficace e quanto più vicina a ciò che si vuole rappresentare. Questo costituisce un ulteriore esempio di tale usus scribendi.

 

I dreamed a dream. Chapter II
a cura di Domenico De Chirico
con poesie di Paolo Gambi e un testo del filosofo Jonathan Molinari

Artisti:  Maurizio Donzelli, Arthur Duff, Serena Fineschi, Aldo Grazzi, Silvia Infranco, Giulio Malinverni, Maurizio Pellegrin, Quayola, Donatella Spaziani, Marco Maria Zanin

Fino al 26 settembre 2020

Marignana Arte
Dorsoduro, 141
Rio Terà dei Catecumeni, Venezia

Info: +39 041 5227360
info@marignanaarte.it

www.marignanaarte.it

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