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VERONA | Studio la Città | 7 giugno – 18 settembre 2021

Intervista a MARC MOUARKECH di Matteo Galbiati

La mostra I am one acquainted with the night segnala la nuova collaborazione solidale che Studio la Città di Verona stringe con la Galerie Tanit di Beirut che, per la devastante esplosione al porto dello scorso anno, ha vista distrutta la propria sede. Questa mostra è la risposta resiliente, collaborativa, partecipata che attesta non solo il rapporto forte tra le due gallerie, ma anche il volere e l’impegno di sostegno e aiuto in chi sta attraversando un momento di contingente difficoltà. Apprezzando e lodando l’iniziativa della galleria veronese, abbiamo voluto approfondire i contenuti di questo bellissimo progetto, fondamentale per la sua profonda dimensione etica, con il curatore Marc Mouarkech che ci ha regalato questa intensissima intervista:

Marc Mouarkech Photo Tarek Haddad

La mostra prosegue all’insegna del legame di solidarietà tra Studio la Città e la Galerie Tanit che, dopo Today I would like to be a Tree di Abed Al Kadiri, tornano a collaborare ad un progetto di resilienza artistica e culturale. Come nasce l’idea di I am one acquainted with the night?
È vero che, nella sua natura di progetto collaborativo nato subito dopo quel triste evento, la mostra è un riflesso della resilienza. Ma la resilienza doveva essere messa alla prova in ciò che rappresenta e come dovrebbe essere percepita e sono le opere stesse che hanno permesso di restituire il progetto in modo così potente.

Che significato ha questo titolo, riferimento ad una poesia di Robert Frost, rispetto ai contenuti che la mostra stessa vuole definire?
Il titolo fa riferimento al fatto che ogni artista, il cui lavoro è presente in mostra, è stato a stretto contatto con l’oscurità, ha attraversato dure esperienze di dolore e disperazione e ha trovato il modo di tradurre queste esperienze in opere d’arte. Si tratta della familiarità con la notte e, quindi, con tutte queste emozioni.

I am one acquainted with the night, veduta della mostra | installation view, 2021, Studio la Città, Verona Photo Michele Sereni

Quali sono gli artisti selezionati e cosa ha motivato la loro scelta?
Gli artisti scelti sono quelli rappresentati dalla Galerie Tanit. Dopo l’invito a collaborare proposto da Studio la Città, abbiamo cercato di pensare al modo migliore per massimizzare la visibilità per il maggior numero di artisti con cui collabora la galleria di Beirut offrendo una mostra che stimolasse riflessioni e curiosità. L’esplosione ha portato alla mente i numerosi eventi di distruzione che abbiamo attraversato negli ultimi 40 anni. La mostra è un’esplorazione di come gli artisti hanno scelto di far propria e tradurre la loro esperienza di distruzione. È stato un compito arduo prendere atto di quanto queste esperienze fossero ripetitive e cicliche e quante opere fossero nate come risposta a quel buio.

Che tipo di opere avete scelto di presentare? Come hanno lavorato rispetto al concept della mostra?
Volevamo che la mostra fosse rappresentativa di molti approcci. Era abbastanza chiaro che gli artisti non avrebbero usato un solo mezzo o un solo modo per avvicinarsi alla distruzione. Quella diversità nel pensiero, nel processo e nei risultati è stata la chiave dello mostra. Dalla pittura alla fotografia, dalle installazioni alle sculture, dai video ai disegni, la mostra è solo una dichiarazione di quanto l’arte, nelle sue diverse manifestazioni e forme, sia sempre un ottimo modo per porre domande difficili e cercare di trovare le risposte.

Adel Abidin, Politically Correct, 2018, sculture in acciaio inossidabile | coated stainless steel sculptures, 250×325 cm, Studio la Città, Verona Photo Michele Sereni

Il racconto non è solo rivolto alla distruzione della Galerie Tanit, ma è metafora della storia travagliata del Libano e, per estensione, anche di quella che il mondo ha vissuto durante e sta vivendo dopo la pandemia. Come l’arte può essere stimolo alla ricostruzione dopo la distruzione?
La distruzione è universale nell’esperienza umana e lo sono anche le domande che ne derivano. L’arte ti mette a confronto con il reale, l’immaginario, la durezza, l’obsoleto, il semplice, il complesso. È uno stimolo perché ti spinge a smettere di essere passivo, ti stimola a pensare, a metterti in discussione. Ti apre gli occhi e ti lascia qualcosa che un giorno potrebbe essere usato per generare una forma di azione o reazione.

Quali principi forti volete che rimangano nel visitatore della mostra? Che cosa porta con sé dopo l’incontro con queste opere e i loro autori?
Che si tratti del percorso travagliato del nostro Paese, della nostra regione o della pandemia globale, in questo momento particolare stiamo tutti cercando di trovare nuove norme, cercando una verità sicura, stiamo cercando di imparare dalle nostre esperienze, l’arte è un mezzo che può aiutarci in tutto ciò. Guardare queste opere è un modo veloce per guardare all’anima di una comunità che sta cercando di trovare le proprie risposte, di fare pace con la sua storia e di cogliere ciò che ci rende umani. Voglio connettere lo spettatore. Che poi penso essere il senso e lo scopo di questa collaborazione. Connettersi con un collega, connettersi con una causa, connettersi con l’altro.

Gilbert Hage, Anonymous 1, 2012, stampa a getto d’inchiostro su carta fine art | Inkjet print on Fine Art paper, 39×39 cm Courtesy Studio la Città, Verona Photo Michele Sereni

Tutti abbiamo, con modalità e in situazioni differenti, “conosciuto la notte”, come possiamo ritrovare la “via della luce”? Cos’è o cosa rappresenta, poi, la “luce” per la società di oggi?
Per citare un’altra scrittrice, Virginia Wolf, in Transcendent existential epiphany parla della capacità di reazione allo shock che fa di un artista un artista. Riguarda quanto possiamo spingerci nel profondo delle cose per sentire la loro piena intensità. Invece di respingere quell’oscurità, lasciamo che cerchi il permesso e la riconciliazione, è qui dove inizia la guarigione. È qui che la luce tornerà a splendere. Dobbiamo permetterci di sentire e poi accettare, riconciliarci e guarire dalla notte e da ciò che essa comporta.

Perché è importante per il sistema attuale determinare la forza di un progetto come questo in cui i valori sono espressi da collaborazione, scambio, vicinanza e partecipazione? È anche un monito al mondo “chiuso” dell’arte che spesso si allontana dal mondo reale?
Un progetto come questo ci ricorda che nulla di ciò che stiamo vivendo è nuovo e che gli eventi della vita possono cambiare rapidamente il loro corso. Un evento distruttivo come un’esplosione o una pandemia porterà il suo pesante tributo, ma consentire ai valori di collaborazione e scambio di prevalere alleggerirà il suo pesante carico. L’attuale Biennale di Architettura a Venezia pone una domanda molto importante: Come vivremo insieme?, e la risposta non può essere trovata da soli. Progetti come questi ci aiutano ad aprirci, a metterci in contatto, ad avvicinarci di più.

Quali saranno i prossimi progetti?
Con Galerie Tanit e Studio la Città stiamo pianificando il tour di questa mostra. Per avere più luoghi e più persone con cui connettersi.

I am one acquainted with the night
a cura di Marc Mouarkech
con testo di Marco Meneguzzo
una collaborazione tra Studio la Città, Verona e Galerie Tanit, Beirut

Artisti: Adel Abidin | Shirin Abu Shaqra | Sadek Al Fraji | Abed Al Kadiri | Nadim Asfar | Jean Boghossian | Roy Dib | Simone Fattal | Chafa Ghaddar | Gilbert Hage | Rania Matar | Randa Mirza | Kevork Mourad | Ghassan Zard | Cynthia Zaven

7 giugno – 18 settembre 2021

Studio la Città
Lungadige Galtarossa 21, Verona

Orari: lunedì 14.00-18.00; da martedì a venerdì 9.00-13.00 e 14.00-18.00; sabato 9.00-13.00
Possibilità di visite guidate su prenotazione

Info: +39 045 597549
info@studiolacitta.it
www.studiolacitta.it

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