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PADOVA | Palazzo del Bo | 13 dicembre 2016 – 15 marzo 2017

di LUCIA LONGHI

Chissà cosa avrebbero pensato gli anatomisti del Cinquecento nel vedere una scultura sul tavolo di dissezione dell’aula di anatomia dell’Università di Padova. Avrebbero colto la sfida a cercare le correlazioni tra l’analisi di un corpo e l’analisi della materia? Questo è quello che propone la mostra Gare de l’Est: un invito a vivisezionare la materia, sia essa marmo, pigmento o organo umano, e trovare le affinità tra diverse strutture, quelle di un organo vivente e quelle create dall’uomo.

Gare de l'Est, Teatro Anatomico Palazzo Del Bò Padova 2016. Foto: Rolando Paolo Guerzoni

Gare de l’Est, Teatro Anatomico Palazzo Del Bò Padova 2016. Foto: Rolando Paolo Guerzoni

La mostra, allestita nel Teatro Anatomico dell’Università di Padova, con opere di Alberto Burri, Nicola Samorì e Gustave Joseph Witkowski, propone un percorso di accostamenti che esaltano le particolarità e la storia del luogo. Infatti, che si voglia ispezionare un materiale, come il marmo, o un tessuto, come la pelle, ciò che serve è un sistema che aiuti il senso primario per questo tipo di indagine: la vista. A forma di cono rovesciato, il teatro anatomico è un luogo straordinario poiché in esso la prospettiva viene usata per aiutare l’occhio a vedere i dettagli, e dunque proprio dell’occhio ne imita la struttura il funzionamento. A donare l’ispirazione per questa mostra è stato il De visione del medico Girolamo Fabrici d’Acquapendente (1600, forse l’ideatore del progetto) dove compaiono immagini dell’occhio che ricordano la struttura del teatro. Articolato in sei ordini di piani ogivali concentrici, che si restringono fino ad arrivare al focus, permetteva ad osservatori distanti di assistere alla dissezione del corpo umano da vicino. L’esperimento che oggi invece viene mostrato è la dissezione della materia artistica, sventrata e offerta al pubblico in ogni sua possibile forma.

Nicola Samorì, Lucy, 2016, Marmo bianco puro di Carrara, frammento lunare, cm 90 x 35 x 30. Veduta dell'installazione a Palazzo Bo, Padova. Foto: Rolando Paolo Guerzoni

Nicola Samorì, Lucy, 2016, Marmo bianco puro di Carrara, frammento lunare, cm 90 x 35 x 30. Veduta dell’installazione a Palazzo Bo, Padova. Foto: Rolando Paolo Guerzoni

La materia trattata come tessuto vivo è il marmo, nel caso di Nicola Samorì, noto per la sapiente rappresentazione del corpo umano, da un lato, e dall’altro dello stravolgimento della sua conformazione, che egli opera sia in pittura che in scultura. Nell’opera Lucy (2016) una forma che ricorda una testa esplode in una sfaccettatura di guizzi che ricorda la fioritura di un ramo o un’eruzione solare. Ci viene offerto l’interno del corpo, come in una dissezione anatomica. Per questa scultura infatti il modello è stato la parte interna disseccata di un broccolo romano, che ha una struttura frattale straordinaria e le sue ramificazioni, anche quando recise, mantengono la proiezione verso l’alto, con la direzione di un cono rovesciato (ossia la struttura del teatro ribaltata). La superficie della testa, segnata da solchi e bolle, ricorda quella della luna, che è anche fisicamente presente nel marmo sotto forma di frammento incastonato.

Quella di Samorì è una danza di rimandi tra diversi elementi naturali, che prosegue nell’opera a muro nella sala attigua: Primo bianco (2016) è una superficie marmorea che si comporta come elemento organico e malleabile, colando dal centro del riquadro e invadendo la cornice, anch’essa in marmo.

Alberto Burri, Cretto, 1974, Acrovinilico su cellotex, cm 76,5 x 101, Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri

Alberto Burri, Cretto, 1974, Acrovinilico su cellotex, cm 76,5 x 101, Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri

Il Cretto di Burri (1974) è un ragionamento sul comportamento di diversi materiali, naturali e non, mescolati e fatti essiccare. L’impasto, lasciato vivere e reagire, regala crepe che rievocano una terra argillosa seccata dal sole o una pelle umana screpolata dal tempo. Infine è esposta una tavola anatomica a fogli sovrapposti di Gustave J. A. Witkowski (1878, un oggetto a metà tra il libro didattico e l’oggetto artistico) la cui presenza sancisce il legame tra la struttura dell’organo della vista dell’uomo, e la struttura per la vista che l’uomo ha creato, il teatro.

G Witkowski, Atlante a tavole mobili 1878-1888, carte, cm 27,3 x 27, Collezione Maurizio Rippa Bonati

G Witkowski, Atlante a tavole mobili 1878-1888, carte, cm 27,3 x 27, Collezione Maurizio Rippa Bonati

Gare de l’Est è il terzo appuntamento del progetto di Chiara Ianeselli Les Gares (Il primo appuntamento, Gare du Nord, si è tenuto nel 2015 presso l’Anatomical Theater de Waag di Amsterdam, dove Rembrandt ha dipinto la famosa Anatomy Lesson of Doctor Tulp. Il secondo, Gare du Sud, è stato al Teatro Anatomico dell’Archiginnasio di Bologna), in cui gli artisti sono invitati a indagare le strutture del corpo umano, degli organismi della natura e dei teatri anatomici d’Europa, che così riprendono vita, invitandoci a osservare le infinite connessioni tra le discipline di studio nella storia.

Gare de l’Est. Alberto Burri, Nicola Samorì e Gustave Joseph Witkowski
a cura di Chiara Ianeselli
Con la collaborazione di Giovanna Valenzano e Maurizio Rippa Bonati e il patrocinio dell’Università degli Studi di Padova Archivio Antico

13 dicembre 2016 – 15 marzo 2017

Palazzo del Bo – Teatro Anatomico dell’Università di Padova
via VIII Febbraio 2, Padova

Info: +39 049 8273047
lapostadelbo@unipd.it
http://unipd.it

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