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Un’apoteosi, nel senso più classico del termine: una glorificazione che arriva proprio quando sembra troppo tardi. Francesco De Molfetta destituisce, da un rango di nobiltà acquisita per passaparola, i personaggi che popolano il nostro immaginario. Poco importa che siano tratti dalla politica, dal fumetto, dal cinema, dai racconti storici o popolari, tutti sono posti, volente o nolente, su di uno stesso piano, quello di un’umanità sul viale del tramonto perché incapace a difendersi.
La scultura non si fa, quindi, monumento ma semmai ironico memento di una vecchiaia che tocca inesorabilmente a tutti…

Francesca Di Giorgio: I Nuovi idoli “ritratti” nei tuoi lavori hanno perso la loro aura glamour e patinata o, forse, non l’hanno mai realmente avuta. Cosa ti spinge a lavorare su di loro?
Francesco De Molfetta: L’idea nasce dalla reinterpretazione delle icone pop (politiche) del nostro (ma soprattutto del mio) immaginario. L’esigenza che avevo era proprio, come dici tu, di far loro perdere questa aura glam e patinata per svelare un’altra faccia, molto più “umanizzata”: volevo raccontare una mia versione dei personaggi. Svestire queste icone della loro veste inespugnabile e invincibile di supereroi per ridare un’altra possibilità ai personaggi, un’altra vita. Vedere come ha agito il tempo su di loro e sulla loro immagine, esattamente come agisce su di noi: ci invecchia, ci ingrassa, ci fa ammalare… sono nati così un Batman decisamente in sovrappeso che è diventato Fatman, un E.T. che non ha più gli anticorpi di una volta ed ora è divenuto Etcì!… Silvio Berlusconi stretto stretto in una aderentissima tutina da superman che evidenzia la pochezza dei suoi genitali mentre lui, imperturbabile continua a sorridere telegenico, un Obama così pacifista e morale da indossare l’armatura del Gundam… e così via!

Igor Zanti, nel testo critico introduttivo alla mostra, scrive della forte presa che gli anni ’80 ebbero sull’immaginario culturale e iconografico di un’intera generazione. Cosa resta degli ’80? Chi era Francesco De Molfetta in quegl’anni?

Ne ha scritto Igor Zanti e anche Luca Beatrice ne fa riferimento parlando del mio lavoro nei suoi testi. Sono un “figlio degli anni ‘80”, sono nato e cresciuto in quegl’anni per cui credo sia stato inevitabile assorbire tutta quella iconografia, i miti televisivi e musicali, gli scandali politici.
Negli anni ’80 ho vissuto la mia (importantissima) infanzia, e credo che questo sia trasparente nel mio lavoro. Non so se dire che sia stata l’epoca migliore, ma di certo è stata la mia e nella mia memoria genetica al posto del computer ci sono impostati il cubo di Rubik e i Masters of the universe, Slimer e i Ghostbusters, al posto dei Gormiti Supercar e Lady Oscar invece di Amici della de Filippi, La storia infinita invece di Avatar, i Kiss invece degli U2… Ed è appunto dagli anni ’80 che sono partito per questa mia “rivisitazione” degli idoli.

Un gusto sadico attraversa le tue creazioni non a caso un Batman (Fatman) obeso – con un rivolo di cioccolato che gli scende dalla bocca – è stancamente accasciato a terra e fissa il vuoto stringendo in mano un cono gelato. Come a dire: Anche gli eroi piangono?
Eroi devono piangere, assolutamente. Pensiamo al film The Wrestlercon Mickey Rourke, trovo che sia perfettamente esplicativo del concetto di invecchiamento e decadenza. È così difficile accettare i solchi del tempo e l’incedere del progressivo declino. Il mio fatman parla di questo, del capriccio e della distorsione dell’uomo nei confronti del nutrimento, delle vittime della “overproduction”, dell’obesità sensoriale a cui siamo abituati. Lo fa teneramente e goffamente, imbronciato con il suo gelato in mano, impugnato come fosse un’arma, che in effetti lo sta distruggendo. Ecco il ventesimo secolo che ha prodotto armi per distruggersi, non per difendersi.
Così lui diventa non un non-mito ma un NUOVO mito, più vero, più umano, buffo e impacciato, ma sicuramente più avvicinabile del fantomatico uomo pipistrello che svolazza su Gotham city.

È curioso pensare a come l’idolatrare nella teologia cristiana significhi venerare una divinità posticcia rispetto al vero e unico Dio. Oggi la venerazione verso personaggi pubblici è di gran lunga soppiantata da una smodata, anche se sublime, adorazione verso gli oggetti. Cosa ne pensi?
Io stesso non sono per nulla un buon esempio! Ho il culto per gli oggetti e subisco il fascino per le forme. Credo sia abbastanza indispensabile per il mio lavoro, non trovi? In effetti il mio lavoro nasce proprio dall’elaborazione delle forme, degli oggetti, delle materie, insomma dell’esistente. L’esistente ribadito nel tempo e nell’immaginario diventa idolo e le mie storpiature diventano nuovi idoli, New Idols, appunto.
Per quanto riguarda la venerazione mi permetto di citare un mio grande maestro di vita e di culto Gino De Dominicis creando un piccolo cortocircuito linguistico: con l’intromissione di un apostrofo lui coniò il termine “D’io”.

In calce alla tua biografia leggiamo che odi il calcio, non fumi e non bevi alcolici ma adori gli animali, soprattutto i tuoi cani, il cioccolato e il buon sano e fottuto rock enfroll. L’Arte a che posto sta?
L’Arte (e nota bene che la scrivo con la maiuscola) è la mia vita, è una scelta e una fede, e allo stesso tempo una condanna! Penso che per noi “operatori del settore” (per evitare la parola artisti, che è un po’ abusata) l’Arte sia un vero e proprio richiamo, come quello della foresta di Jack London, una specie di vortice che ti trascina, infatti, non ho mai capito come la si possa insegnare o rendere dottrina, io penso sia una vocazione, come quella di Padre Pio per intenderci.
Per il resto sì sono un italiano atipico e in effetti faccio un lavoro atipico e questa sarà decisamente una mostra atipica. Che altro dire? Godetevela!!! poi mi saprete dire…

La mostra in breve:
Francesco De Molfetta. New Idols
The Don Gallery
Via Cola Montano 15, Milano (zona Isola)
Info: + 39 335 7439985
www.thedongallery.com
1-30 aprile 2010
Inaugurazione giovedì 1 aprile dalle ore 18.30

In alto da sinistra:
Fatnam, 2010, vetoresina, schiuma poliuretanica, vernici da carrozzeria, oggetto in resina, cm 120×100 h. cm 100
SuperSilvio, 2009, resina, creta, smalti, cm 40×105, p cm 16
Etci’, 2009, fusione a cera persa in bronzo esemplare unico patinato, smaltato in alcune parti e resinato, cm 50×50, h 100

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