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ROMA | Galleria Borghese | 22 maggio – 28 luglio 2019

di JACOPO RICCIARDI

Eccoci giunti fino ad oggi, Fontana è morto da 51 anni, e i soldi stuprano l’Arte.
Il denaro sostituisce il pensiero, e le masse, ben accumulate tra le mura affrescate della Galleria Borghese a Roma, guardano e non contemplano, senza studio. Demonio consumista che domini chi decide per questo museo! Ogni due ore un numero chiuso di persone entra e allo scadere viene fatto accomodare fuori; la gente accumulata basta ad alzare un vocìo poliglotta (i discorsi sono di pura ignoranza) che assorda i capolavori esposti: arte romana, pittura del Quattrocento, Cinquecento, Seicento, Settecento; folla intorno a Bernini, davanti a Raffaello, nessuno intorno a Paolina Borghese, lo scultore è Canova, l’epoca l’Ottocentootto. Chi passa dietro all’osservatore, chi davanti: chi contempla, studia, ha vita dura, impossibile quasi.

Mostra LUCIO FONTANA. TERRA E ORO, Galleria Borghese, Veduta dell’installazione, 2019. Il Fiocinatore(1933-34), Gesso dipintoCSAC, Università di Parma, Ph. Niccolò Ara © Fondazione Lucio Fontana by SIAE 2019

Ora a tutto questo si aggiungono i pochi capolavori di Fontana, un pescatore con fiocina a grandezza naturale, dorato, dallo sguardo intenso, sta costretto in un angolo e non si può girare intorno: non c’era spazio sufficiente nella già ingombrata Galleria. Altro errore: una serie di capolavori (crocifissioni di ceramica) sono esposti in obliquo, su un piano inclinato, così la visione frontale è fratturata: affaticati si capisce poco. Ma Fontana resta un genio, si intuisce. I quadri sparsi qua e là, sempre di Fontana, tra altri capolavori dipinti, sono degli intrusi: si disturbano con violenza, affiancati, troppo vicini. Per non parlare dei tre “Fontanini” tra sei o sette quadretti di Garofalo, volontariamente disposti assieme: se esiste un motivo per questo accostamento resterà significante solo nella mente di chi ha deciso l’allestimento.

Mostra LUCIO FONTANA. TERRA E ORO, Galleria Borghese, Veduta dell’installazione, 2019, Ph. Niccolò Ara © Fondazione Lucio Fontana by SIAE 2019

Ma Fontana è un genio, forse il genio dei geni dell’Arte del XX secolo, forse quanto Picasso. Questi quadri pensati, tra il dialetto romano di drappelli di inservienti che si riuniscono per l’imminente pranzo, restano ricchi come doni assoluti. La definizione più utile qui è: il grande artista è colui che fa corrispondere a una semplificazione il mantenimento di una complessità. La semplificazione ha in sé la storia dell’Arte. La complessità è la gittata del desiderio dell’opera che dialoga direttamente con vita e destino. Questa gittata è un pensiero che deve essere formulato dallo spettatore per mezzo di una pacifica contemplazione.

Mostra LUCIO FONTANA. TERRA E ORO, Galleria Borghese, Veduta dell’installazione, 2019, Ph. Niccolò Ara © Fondazione Lucio Fontana by SIAE 2019

Qui alla Galleria Borghese cosa è rimasto di pacifico? Certo la superficie delle opere sovrastate dalla confusione, dalla baraonda di un caos quotidiano. Serve uno sforzo disumano e solitario per farsi portare dal vero senso dei buchi e dei tagli di Fontana.
La carne dipinta è spatolata e segue l’orizzontalità della superficie, e si accumula spessa perché si carica di uno spessore vivente che è quello del mondo che stiamo vivendo (non si cura del caos ma soltanto di uno spazio compresso delle cose tutte). Un solco circolare appare in questa spessa carne superficiale per delimitare lo spazio dell’evento: l’opposto della superficie è il passaggio di una verticalità rispetto ad essa, che si delimita e che trapassa. Già questo segno è mentale, ossia delimita nella verticalità del campo la delimitazione concettuale di uno spazio, e lì al suo interno si esemplifica l’accumulo della sintesi terrestre con i pezzi di vetro lucente e colorato incollati in frammenti nella densità della superficie e sporgendo da essa, o con buchi operati ad aprire uno spazio che affiora oscuro dall’altra dimensione di una superficie di sintesi che è fatta di equilibrio tra esistenza e pensiero (da quelle bocche emerge un linguaggio puramente cogitante che orienta l’esistenza dell’uomo, come in una estrema presa di coscienza, come un atto evolutivo fondamentale che valica la Natura – o coincide con essa).
Nei quadri con i buchi c’è un caricamento dell’Oggetto e una esposizione diretta di questo, tra ciò che si accumula, semplificandosi, su di esso, e ciò che, venuto dall’altra parte, si apre una via verso l’osservatore.
I quadri con i tagli sono un passaggio, attirano nell’oscura garza nera che riposa al suo interno la mente e il corpo a compiere un salto e a fare una esperienza diretta, fattuale. La superficie diventa memoria di quel mondo, sottile immaterico colore, o come in questi casi, materia di vernice dorata smossa dal passaggio ondulato delle dita, come un riverbero, una Sintesi poetica (e non stratificata) del mondo esistenziale interno all’individuo (e non più il mondo esterno che accoglie stratificandosi l’esistenza umana).
Il taglio è più dinamico e fa del pensiero un corpo che viene attratto in se stesso oltre di sé in un magnetismo reale ed esperienziale, del tutto mentale. La voce del pensiero sta oltre il taglio e ci attira a viverla.

Mostra LUCIO FONTANA. TERRA E ORO, Galleria Borghese, Veduta dell’installazione, 2019, Ph. Niccolò Ara © Fondazione Lucio Fontana by SIAE 2019

Da qui si apre lo spazio di un’Arte contemporanea, installativa e concettuale, immobile, dal bianco Paolini ai materiali di Beuys, a Boetti, colorato dinamismo concettuale immobile, come anche allo slancio fermo di Ontani con la fotografia e l’anti-biografismo della performance, i calcoli di Merz immobili come la luce del laser di Mochetti, come la stabilità dei messaggi pubblici di Nannucci, l’Arte povera e i suoi successivi teatralizzatori, Nunzio, Ceccobelli, Dessì, Tirelli.
Ma di quella reale percepibile dinamica di Fontana non c’è più traccia, se non maschere che la camuffano. Questa illusione del pensiero che si articola immobile, costruendo un’impalcatura del movimento, ha generato nelle generazioni dai Novanta in poi l’errata possibilità di una variazione concettuale infinita, ma che specificandosi di “padre in figlio” va inaridendosi e scomparendo, dissolvendosi (appunto) concettualmente.
Il concetto deve restare l’esperienza, e anzi Fontana ci indica come sia migliore un’esperienza dinamica. Quindi si deve cercare negli artisti di ora questa esperienza dinamica.
Il dinamismo è rimasto nella pittura dopo Fontana, in Schifano e gli altri, Festa e Angeli, in un’immagine provocante la mente, presa nella mente più che nella realtà. La Transavanguardia all’opposto ha lavorato con l’Oggetto unendo in esso con continuità (dinamicità) bidimensionalità e tridimensionalità, con una fisicità immaginaria, reinventata, contraria al minimalismo americano.
Quest’ultimo si trova nascosto in un intercapedine della semplificazione, stratificazione, della superficie dei quadri con i buchi. Quindi forse più indietro, evolutivamente, rispetto agli artisti europei.

Mostra LUCIO FONTANA. TERRA E ORO, Galleria Borghese, Veduta dell’installazione, 2019, Ph. Niccolò Ara © Fondazione Lucio Fontana by SIAE 2019

Ma tutto questo a chi interessa? Eppure oggi i quadri di Fontana sono lì nonostante tutto, nonostante tutti. Curatori come belle addormentate. Ma quanto resisteranno quelle opere di Fontana passate di mano in mano? Chi capirà quel loro linguaggio prezioso se il dialetto del denaro, del consumismo, della massa, e dei social network americani, si impadronisce delle città, delle case, del Paese?
Presto nessuno, se qualcuno capace di contemplare e capire non si unirà ad altri come lui. Poi ci sono i politici… ma loro sono le vittime.
Dinamica è l’opera di Scully perché si muove nel nostro spazio reale con il movimento di un animale possente che genera molte e variabili emozioni. Lo è la pittura di Whitney che usa la trasparenza del colore come un passaggio, che continua e continua, ed è quasi un viaggio.
Ecco l’Arte del futuro: il viaggio, un’opera che cade nel viaggio, attraversata dal viaggio, e non ha momenti ma ha epopea.
L’opera deve essere attraversata da un’immagine la cui prospettiva è tanto lunga quanto l’esistenza.
L’Oggetto deve essere bucato dall’Immagine. Grazie Fontana.

 

Lucio Fontana. Terra e oro
a cura di Anna Coliva

22 maggio – 28 luglio 2019

Galleria Borghese
Piazzale Scipione Borghese 5, Roma

Info: +39 06 8413979
ga-bor@beniculturali.it
www.galleriaborghese.beniculturali.it

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