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MILANO | BUILDING  | Fino al 19 luglio 2025

di MATTEO GALBIATI

A dispetto di ogni prima, superficiale, impressione, la mostra Transitum predispone il visitatore a cogliere qualcosa di inatteso, di imprevedibile, di non definibile nell’immediato, ma di cui si ha, oggi forse quasi disperatamente, necessità: il silenzio del tempo.
Pare quasi impossibile, infatti, associare il valore del silenzio all’opera di Fabrizio Cotognini (1983) che ha fatto del dettaglio minuto e della sovrabbondante moltiplicazione di elementi la cifra stilistica del suo lavoro e della sua ricerca, eppure quando ci si immerge nell’esplorazione delle sue “scritture” visive questo senso di indispensabile isolamento diventa un dato cercato d’istinto. La pausa che l’artista ci invita a prenderci per poter osservare con cura e, quindi, sentire l’immagine, la recepiamo proprio dall’eccesso che imprime a ciascun lavoro, il cui spazio è predestinato a raccogliere i germinanti innesti creativi che si stratificano e prolificano fruttuosi in un collage di relazioni e nessi tra elementi ed emotività diverse.

Installation view, Transitum, Fabrizio Cotognini, BUILDING GALLERY, Milano, ph. Leonardo Morfini, Courtesy BUILDING, Milano

Le sue proposte dilagano in un flusso di presenze mai circoscritte, mai arginate, ma fitte nella pluri-direzionalità delle loro traiettorie esperienziali che, all’unisono, elargiscono i margini di una sinfonia accordata, le cui aumentate significazioni possono essere individuate e anche accresciute dal nostro sguardo solo se abbiamo il coraggio di mettere in gioco la nostra attenzione. Con il peso determinante dell’attenzione possiamo accogliere, infatti, l’esercizio di un tempo carico di silenzio, privo di “rumore” non perché non vi accada nulla o perché manchi una logica intellettiva, quanto perché ci occorre un’opportuna pausa per comprendere quello che nemmeno lo sguardo, a dispetto del solito, riesce a intrappolare tutto assieme in una sola volta.
Il tempo di meditazione dell’artista, i cui esiti sono stati evidentemente proficui da quello che possiamo vedere in questa spettacolare – nel senso della magnificenza, non certo del divertimento superficiale – esposizione, conducono a far coincidere l’esito cui deve arrivare anche il suo interlocutore – noi come spettatori – recependo un tempo divenuto rigoglioso nella ricchezza delle riflessioni desunte. Le prolifiche presenze che convivono in storie sovrapposte, sovrascritte e addensate, ci sostengono con un elogio alla lentezza dello sguardo proprio per l’intelligenza con cui lui ci “bombarda” di informazioni.

Fabrizio Cotognini, Il Puro Folle, l’Androgino dalla serie Parsifal, 2024, matita, inchiostro, pastello, biacca, acquarello, mylar su incisione originale del XVIII secolo, 39 x 25 cm (52,5 x 39,5 cm con cornice), ph. P-38 studio

Oggi ci toccano migliaia di immagini ogni giorno e noi le spendiamo in sveltezza, talora non riuscendo più a discernere la verità dall’invenzione, la bugia dalla realtà e, lasciandocele passare attraverso, acceleriamo voraci il processo della loro superficiale consumazione. Ed è qui che riconosciamo a Cotognini il merito del suo essere abile narratore, quando ci fa fermare, riuscendo a darci modo di non distrarci e di doverci impegnare per capire.
Tutto l’impegnativo allestimento che ha costruito a Milano per Transitum è un vero e proprio spazio d’azione che distribuisce in tutti i piani della galleria BUILDING – con uno spin-off sempre nel cuore di Brera presso la Galleria Moshe Tabibnia – un variegato spettro di 90 lavori che ne raccontano, con serie e tipologie diverse, queste attitudini espressive che qui sono evidenti e molto ben raccolte, perché costruite in una proposta ad hoc, data l’importanza dell’occasione. Questo lavoro, durato due anni e mezzo, rivela anche il dialogo e il confronto serrati che Fabrizio Cotognini ha avuto con Marina Dacci, curatrice della mostra, la quale nuovamente sa accompagnare, senza prevaricazioni, la sensibilità dell’artista, interpretandola, leggendola e dandole modo di esprimersi in tutta la sua valida energia propositiva. Cotognini dilaga allora per noi attraverso un raffinato disordine metodico che molto ci racconta anche della sua natura di artista “rinascimentale”, di colui che non teme di confrontarsi con linguaggi e saperi diversi tra loro e ci presenta alla fine microfusioni, sculture, installazioni e disegni con una coerenza che rimane sempre agile nel destreggiarsi tra un codice visivo e l’altro.

Installation view, Transitum, Fabrizio Cotognini, BUILDING GALLERY, Milano, ph. Leonardo Morfini, Courtesy BUILDING, Milano

Del resto il senso dell’attenzione e della cura gli deriva anche dalla sua formazione da orafo che lo ha sempre costretto a osservare nel piccolo per ricavare, dal gesto attento e preciso, quasi chirurgico, il valore dello splendore del bello. Cotognini cesella anche quando disegna, quando scrive, quando colora, quando apre varchi di senso avendo il coraggio di scalfire, senza mai essere iconoclasta, con la sua mano stampe del passato di cui è anche grande raccoglitore e collezionista.
L’ambiente e la sua struttura diventano fondamentali per accogliere opere che, in situ, acquisiscono un valore differente, unico e irripetibile: ne sono esempio le bellissime e mimetiche sculture di uccelli – Hybridatio Mundi (2024-2025) – che, dall’esterno, catturano un diverso orizzonte dei nostri occhi invitandolo al di fuori dello spazio neutro della galleria con il loro spiarci dall’alto. Il luogo è campo d’azione, un vero laboratorio –  un teatro, magari un museo, oppure una fucina – dove le “cose” alchemicamente accadono, dove i saperi dell’uomo si connettono al flusso universale della Natura, dove storie diacronicamente e sincronicamente si incontrano e fondono.

Fabrizio Cotognini, Hybridatio Mundi, 2011, microfusione in bronzo, marmo verde del Guatemala, ph. P-38 studio

I cicli Distopie (2024), Who is Christian Rosenkreutz (2024), L’Androgino e il Doppio (2024), Studi sull’Alchimia (2024), il libro d’artista di oltre cinque metri Alchimia Mundi (2025) e l’installazione No Monster’s Land (2018) convivono tutti assieme in uno spazio-tempo aureo, in una giusta successione complessa la cui volontà è di educarci alla possibilità di un cambiamento. Quel cambiamento dove tutto può legittimamente accadere se mutuato da una sincera e autentica conoscenza. Cotognini si è impegnato a raccogliere, oltre la memoria del tempo e il tempo della memoria, tracce e suggestioni che, esplorando i saperi umani e filtrando elementi attraverso la storia, la letteratura, l’architettura, il teatro, la musica, (…), da culturali diventano emotivi.

Installation view, Transitum, Fabrizio Cotognini, BUILDING GALLERY, Milano, ph. Leonardo Morfini, Courtesy BUILDING, Milano

L’artista marchigiano ci scrive il suo romanzo visivo educandoci all’impegno verso il dettaglio, verso qualcosa che deve essere sempre ricercato per arrivare a ricavare quella lettura individuale che, poi, grazie proprio alle esperienze di chi osserva, dilata e amplifica ulteriormente, come un’eco interiore, quanto ipotizzato, intuito e trascritto dalle idee e dalla sensibilità dell’artista stesso.
La paidéia su cui ci forma Cotognini è una risposta escatologica: tra trasformazione, memoria e identità, ci parla della storia dell’uomo e dei suoi destini ultimi, riponendo nel silenzio del tempo la verità del ridarsi attraverso il valore preziosissimo dell’immaginazione. Un’immaginazione che non teme mai la contaminazione distopica delle identità ma, anzi rinvigorendosi da tale incontro, cerca il suo vittorioso responso nella grazia della sua originale purezza.

Fabrizio Cotognini. Transitum
a cura di Marina Dacci

3 aprile – 19 luglio 2025

BUILDING
Via Monte di Pietà 23, Milano

Orari: da martedì a sabato 10.00-19.00

Info: +39 02 89094995
info@building-gallery.com
www.building-gallery.com

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