Einat Amir. “_____ Please”
di Francesca Di Giorgio
Debutto italiano per Einat Amir. L’artista israeliana che vive e lavora da tempo a New York, seguita da Scaramuche gallery (NY) diretta da Daniele Ugolini, sceglie il MLAC di Roma per la sua prima personale italiana.
Un precedente contatto con il Bel Paese; a Como, in occasione di un progetto sostenuto dalla Fondazione Ratti, dove incontra una caparbia curatrice italiana che si innamora del suo lavoro e la vuole portare in Italia.
Dietro alla nascita di “_____ Please”, due anni di lavoro, il lavoro invisibile che spesso precede la messa in cantiere di progetti non sempre lineari nel tempo e nella forma.
Nomade nel Dna la Amir presenta una serie di documentazioni performative realizzate, secondo medesime regole, in diversi paesi del mondo, dimostrando una tanto immediata quanto complessa e interessante indagine sul carattere di interdipendenza fra azioni, luoghi e persone. Site specific, quindi, nel senso più ampio del termine.
I temi restano costanti: politica, rapporti di potere, sessualità, comunicazione. Linee guida su cui l’artista fa agire, più propriamente improvvisare, gli attori locali (del paese che la ospita), protagonisti di video installazioni e performance. Per arrivare a scoprire, in un secondo momento, che i ruoli assegnati hanno a che fare intimamente con l’arte e la figura dell’artista, più di quanto si possa immaginare…
Francesca Di Giorgio: Facciamo un passo indietro. Quando hai deciso di esporre in Italia?
Einat Amir: Due anni fa ho partecipato al Corso Superiore di Arti Visive della Fondazione Ratti di Como. È stata una grande opportunità per incontrare artisti da ogni parte del mondo, con alcuni di loro ho lavorato anche successivamente. Un’occasione unica per conoscere da vicino la scena artistica italiana. E lì sono stata particolarmente felice di conoscere la curatrice Anita Tania Giuga con la quale ho portato avanti un profondo dialogo che, insieme alla collaborazione di Giorgia Calò e Daniele Ugolini, è sfociato nella mia prima personale italiana al MLAC di Roma.
Nel tuo primo soggiorno italiano su cosa hai avuto modo di riflettere e lavorare?
Mi interessa la nozione di “confine” tra paesi e persone. Nel periodo in cui sono stata in Italia, quando ho partecipato al programma della Fondazione Ratti, di cui ti accennavo, vivevo in un appartamento che guardava alla Svizzera, al confine con l’Italia. Da artista israeliana fu molto interessante per me pensare a quel confine in relazione a quello presente dal luogo da cui provenivo. Ho finito per realizzare un video situato sul confine Italia-Svizzera. Il video Border of Love fu un’azione improvvisata che consiste in una conversazione incrociata attraverso una “no man’s land”, tra me stessa e un uomo sconosciuto italo-tunisino. Nel video parlammo di pace, linguaggio, sesso, musica, dai lati opposti della frontiera, senza condividere la stessa lingua. Alla fine decidemmo di scavalcare i recinti per incontrarci e baciarci.
Lavori con video installazioni e performance. Quali sono le ricerche che stimi ed apprezzi nel panorama artistico contemporaneo?
Ci sono molti artisti contemporanei di cui amo il lavoro e a cui mi ispiro. Uno di loro è sicuramente Tino Sehgal. Credo che le sue performance siano rivoluzionarie nel modo in cui riescono a trasformare il concetto di opera d’arte e a concentrarsi sullo spettatore.
Otre alla personale al MLAC stai portando avanti contemporaneamente un altro grande progetto internazionale. Ce ne parli?
Sto lavorando ad una performance su larga scala intitolata Enough About You. Sto creando una sorta di laboratorio di osservazione per incontri fisici, controllato da un modello predeterminato. Il lavoro esplora l’incontro come azione vera e propria e come immagine, a partire da un punto di vista tradizionale: due persone, faccia a faccia. La preview di questo progetto sarà presentata il prossimo 17 febbraio da Lilith Performance Studio a Malmo, in Svezia che è, tra l’altro, il primo studio di produzione e auditorium, in Europa, per l’arte visiva performativa. Spero che, in un prossimo futuro, la performance possa viaggiare anche in altri paesi.
La mostra in breve:
Einat Amir. “_____ Please”
a cura di Giorgia Calò e Anita Tania Giuga
con la collaborazione di Alessia Tuzio, Cristina Nisticò, Geoffrey Di Giacomo
e le studentesse del Master Individuale in Cura Critica del MLAC
In collaborazione con l’Ambasciata d’Israele a Roma e con la galleria Scaramouche di New York.
MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea
Piazzale Aldo Moro 5, Roma
Info: +39 06 49910653
www.luxflux.net/museolab/mostre
Inaugurazione giovedì 10 febbraio 2011, ore 18.30
10 febbraio – 25 febbraio 2011
In alto:
“Phase Three”, 2010, Performance and Video Installation, still image from video. Courtesy of Scaramouche Gallery, NYC
In centro, da sinistra:
“Auditions”, Digital Photographs and Video, photocredit Michal Baror. Courtesy Scaramouche Gallery, NYC
“Border love”, 2008, Video, 10:30 min. Courtesy Scaramouche Gallery, NYC
In basso:
“Ideal viewer”, 2009, Video Installation and Performance (Detail). Courtesy Scaramouche Gallery, NYC