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critiCALL | #criticall

All’inizio di una nuova fase di emergenza sanitaria, torniamo ad affilare le armi del dialogo intessuto dai fitti scambi della scorsa primavera/estate con #acasatuttibene e #volver.
Dopo artisti e galleristi, senza attribuire gerarchie o classifiche, la chiamata è rivolta ora ad una selezione di critici e curatori/curatrici che, in questo preciso momento storico, si trovano a dover rispondere con maggiore consapevolezza sul loro ruolo all’interno di quello che è da tutti percepito come un sistema ma che di fatto fa parte di una struttura ancora più complessa e articolata: il mondo della cultura in perenne moto e rivoluzione.
critiCALL è la nostra chiamata a chi vuole stare dentro a quel mondo sapendo che “chi affronta qualcosa di enigmatico come l’arte non può permettersi di essere modesto. Ma neanche può permettersi di non essere umile” (Lea Vergine, L’arte non è faccenda di persone perbene, Rizzoli, 2016).

Intervista a DOMENICO de CHIRICO di Francesca Di Giorgio.

Ci sono stati momenti nella storia dell’arte in cui le mostre per il solo fatto di esistere affermavano nuove visioni e tracciavano aperture. Allestire una mostra significava come diceva Manet “cercare alleati per una battaglia” a colpi di novità all’interno di linguaggi ancora in piena formazione.
Oggi su quel campo di battaglia con strumenti e presupposti del tutto differenti agiscono anche i critici e i curatori, tra le figure più discusse e controverse del pianeta Arte.
I confini tra gli uni e gli altri, e le rispettive competenze, non sono materia di approfondimento in questa sede e con un ampio sguardo pensiamo oggi al curatore d’arte contemporanea come a colui/colei che si occupa dell’intera esperienza fisica e intellettuale di una mostra tenendo presente, come riferimento più prossimo, la Documenta 5 del 1972 di Harald Szeemann il primo, forse, e più importante curatore freelance.
Parte oggi un nuovo viaggio per scoprire qualcosa di più su chi si cura dell’arte come professione.

Igor Hosnedl – Vera Kox, In Conversation Chapter #2, a cura di Domenico de Chirico, 30 settembre – 7 novembre 2020. RIBOT arte contemporanea, Milano

Iniziamo da Domenico de Chirico curatore indipendente italiano con una formazione internazionale che lo insegue nelle scelte degli artisti: un mix tra italiani e stranieri e molto spesso emergenti come nel caso di Igor Hosnedl (1988) e Vera Kox (1984) nella recentissima bipersonale alla galleria Ribot di Milano o la collettiva SOFTER SOFTEST in corso, fino 21 gennaio prossimo, negli spazi della nuova galleria Andrea Festa Fine Art, a Roma…

A proposito di gallerie… Dal tuo CV leggo una certa propensione alla collaborazione con spazi privati. Come vedi il ruolo del curatore, oggi, all’interno e al di fuori di questo contesto?
Sì, in quanto curatore indipendente ho avuto la pregevole possibilità di poter collaborare con una moltitudine di spazi privati: nazionali, d’oltralpe e d’oltremare. Considerando tale caratteristica, particolarmente legata ad una certa mobilità ed al concetto di pluralità culturale intesi come catalizzatori di prosperità intellettuale, alla luce dello status quo virulento, credo fortemente che la figura del curatore oggi debba essere sia necessariamente flessibile sia particolarmente sensibile ai cambiamenti repentini, seppur forzati, di un modus lavorandi probabilmente fino a questo momento mai contemplato poiché inatteso. Pertanto, il momento lussante e pieno di livore che, ahinoi, stiamo vivendo, probabilmente, non ci consente più di fare tante e così categoriche distinzioni di contesto ma certamente possiamo continuare a conversare sulla qualità dei progetti espositivi e sulla vivacità delle proposte artistiche.

“SOFTER SOFTEST”, József Csató, Paul Heyer, Maximilian Kirmse, Yeni Mao, Grace Woodcock, Yang Xu, a cura di Domenico de Chirico, 1 novembre 2020 – 17 gennaio 2021
Andrea Festa Fine Art, Roma

Attraverso degli esempi concreti di mostre che hanno portato la tua firma puoi tracciare per noi un excursus di quella che genericamente viene chiamata “linea curatoriale”? E, poi, ha ancora senso individuarne una?
Ho sempre sostenuto una teoria assai personale secondo cui il modo migliore di formarsi sia legato all’imparzialità ed ho sempre fatto del mio meglio per traslare tale precetto anche nel mio operato di curatore indipendente, seguendo unicamente un criterio, fatto sia di “giustizia” sia di credo estetico, senza favorire né per interesse né per simpatia. Tutto sommato, de gustibus et coloribus non est disputandum.

“SOFTER SOFTEST”, József Csató, Paul Heyer, Maximilian Kirmse, Yeni Mao, Grace Woodcock, Yang Xu, a cura di Domenico de Chirico, 1 novembre 2020 – 17 gennaio 2021 Andrea Festa Fine Art, Roma

Rintracci delle figure di grande ispirazione per te?
Ci sono e ci sono stati molti curatori e critici formidabili di cui ho grande stima. Tuttavia, alcuni artisti mi hanno musicalmente impressionato e guidato, per citarne solo alcuni: Joseph Beuys, Louise Bourgeois, Giorgio Griffa, Jason Dodge, Marisa Merz, Valentin Carron, Karen Kilimnik, e così via. Approfitto di questa domanda per menzionare anche l’irriverente, prolifico e sagace Dan Perjovschi, artista su cui, tra l’altro, ho scritto la mia tesi di laurea in Storia Comparata dell’Arte dei Paesi Europei.

“Le Bel Été”: Kasper Bosmans, Michał Budny, Valentin Carron, Alexandre da Cunha, Kaye Donachie, Christian Holstad, Sebastian Jefford, Piotr Łakomy, Angelika Loderer, Loup Sarion, Astrid Svangren, a cura di Domenico de Chirico, 27 ottobre – 21 dicembre 2018, Noire Gallery, Turino

Negli ultimi anni attorno al concetto di curatela si sono attivati corsi che hanno l’ambizione di fare luce sul ruolo di un professionista dell’arte controverso. Come sei arrivato a fare il curatore e secondo te si può insegnare a farlo alla stregua di qualsiasi altro mestiere?
Lavorare sempre, lavorare tanto, generosamente e in maniera disciplinata, muniti di immensa curiosità e di infinita pazienza. Dubito fortemente che qualcuno possa essere in grado di insegnare tutto ciò. Detto questo, non discuto sull’importanza di dover essere guidati, almeno in una fase iniziale, quella legata all’istruzione, per poi imbattersi autonomamente in quella che viene definita “esperienza” in aperto campo. O forse, considerando lo stato attuale delle cose, dovremmo parlare di bellator campus?

Igor Hosnedl “Emerald syrup from the orchard of promises”, a cura di Domenico de Chirico, 5 giugno – 17 agosto 2019, Fait Gallery, Brno, (Repubblica Ceca). Foto di: Zdeňek Porcal

Domenico de Chirico è un curatore indipendente nato a Bari nel 1983, vive e lavora a Milano. Dal 2011 al 2015 è stato docente di “Cultura visiva” e “Ricerca sulle tendenze” presso l’Istituto Europeo di Design (IED) di Milano. Collabora con numerosi artisti internazionali, gallerie, istituzioni, fiere d’arte, premi d’arte e riviste in tutto il mondo. È stato direttore artistico della Fiera DAMA, Torino (2016-2019). È stato anche visiting tutor presso Goldsmiths, University of London (2018) e membro del Network Event for Young Curators, LISTE – Art Fair Basel, Basilea (2018). Prossimi progetti e ricerche (2020/21): Swab Barcelona Contemporary Art Fair, Barcellona (membro del comitato); Roma Arte in Nuvola: Fiera internazionale d’arte contemporanea, Roma,(advisor); Conferenza all’Accademia di Arti Applicate, Praga; Conferenza all’Accademia di Belle Arti di Urbino; Curatore ospite presso Istituto Svizzero, Roma (tutor in visita); MIA Art Fair, Milano (curatore).
In preparazione mostre in diverse città in Italia e all’estero tra cui: Milano, Venezia, Firenze, Anversa, Roma, Caserta, Bologna, Timişoara, Marbella, Gand, Francoforte ecc…

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