ROMA | BRITISH SCHOOL AT ROME | BSR SUMMER OPEN STUDIOS | ON THE MEANING OF ‘GOSSIP | GIUGNO 2023
di MARIA VITTORIA PINOTTI
Nel 1851 l’artista e teorico inglese John Ruskin espresse il suo singolare pensiero circa la supposta inutilità e falsità delle Istituzioni Accademiche, affermando come ogni studente dovrebbe «raccogliere le prime inventive accatastando su di esse materiale, come si usa fare per le scintille e le fiamme di un fuoco che debbono essere alimentate per accrescere».[1] Appare chiaro che tale critica trovava origine nel forte legame che Ruskin aveva a favore della sua amata natura, unica e grande maestra di insegnamento, a differenza di ogni altra forma d’istruzione. Tuttavia, nelle polemiche innescate dallo studioso si cela la forza su cui si basano le contemporanee Istituzioni Accademiche che mirano ad insegnare, promuovere le belle arti ed onorare i meriti di chiunque le sublimi a dottrina. Rientrano in tale contesto anche le attività culturali curate dalla British School at Rome, fondata nel 1901 e da allora dedita alla ricerca archeologica ed alla residenza d’artista, cifrandosi per essere luogo di ricerca ed accoglienza, caratterizzata da un agile e vivo spirito positivista. Una ulteriore spinta propulsiva lungo il solco dell’indicato meritorio percorso si deve da ultimo, alla Direttrice Abigail Brundin la quale ha saputo gestire l’Istituzione affidatole con una serie di pregevoli iniziative, mantenendo, nel contempo, un proficuo dialogo con i giovani talenti delle arti contemporanee formalmente legati alla nazione britannica.
Ad aumentare il dinamismo degli studi dell’Accademia si deve far cenno alla Fine Arts Curator, carica coperta da Marta Pellerini, punto di riferimento per tutti i borsisti dell’Accademia. Per la curatrice, le attività culturali sviluppate in residenza acquisiscono di per sé carattere formativo nel confronto dialogico tra gli artisti e le realtà sociali dell’intera città, assieme alle loro sfumature più vive e sincere, raggiungibili solo da chi abbia profonda conoscenza dei luoghi. Diversamente, nella condivisione degli spazi istituzionali si cela un’emozione che è prima di tutto appropriazione fisica, in questo modo gli Studios si pongono come delle placide e candide isole remote entro una struttura che intende proteggere attivamente le attività di analisi, le cui regole sono scandite da momenti di vita comunitaria che mantengono salde le tradizioni britanniche.
All’insegna delle novità, quest’anno in occasione degli BSR Summer Open Studios, l’istituzione ha presentato la mostra On the Meaning of ‘Gossip curata dalla citata Pellerini, i cui aderenti erano borsisti, ed altresì come segno di cordiale e fiducioso invito, sono stati coinvolti ulteriori e diversi artisti, tra cui Helena Hladilová, Sharon Kelly, Marie-Agnès Nobecourt e Lucy Tarquinio. Inoltre, tra i partecipanti vi era Lulù Nuti artista ben stabilizzata nel panorama romano, nonché valido coinvolgimento, in quanto secondo la curatrice la sua ricerca presenta degli importanti spunti di avanzamento da dover documentare. In questo modo nel contesto della capitale l’istituzione si palesa vuoi nell’innovativo e valido insieme di iniziative, vuoi per essere sempre pronta ad accogliere l’arte per farsene felicemente carico. Inoltre, un carattere che non si intende affatto tralasciare è quanto la British School at Rome si ponga a schiudere la vetta di ogni ricerca d’artista stimolando il pubblico ad una conoscenza stilistica e personale di ogni borsista.
In merito ai BSR Summer Open Studios, in ordine ai temi della memoria storica e sociale vanno ricordate le ricerche condotte da Maeve Brennan e Holly Graham: la prima si concentra sul valore del reperto archeologico muovendosi a ritroso in maniera disinvolta, ed anche se l’oggetto della sua analisi viene scarnificato, la narrazione sembra immobile, pur suggerendo una visione leggermente differente da come le testimonianze sono tutt’oggi percepite. Diversamente, con Holly Graham il ricordo è insito nell’uso degli oggetti, tutti analizzati secondo una suggestiva operazione espositiva e così la teatralità delle immagini fotografiche prodotte risulta una puntuale restituzione dell’enorme impatto della città nella produzione artistica, riflettendo al contempo, una chiara idea della stessa. Un’altra inedita e pregevole indagine del contesto urbano è quella intessuta da Olivia Daigneault Deschênes – già concentrata sul tema del femminismo ora tradotto secondo spunti iconografici – impegnata, da par suo, a comporre una interessante selezione di graffiti della capitale, giocando alternativamente sul valore di abbozzo ed imperfezione.
Parimenti, con Hardeep Dhindsa le antichità scultoree sono immediatamente percepibili con una rilettura fatta di colorazioni sgargianti, così le classiche immagini storiche sperimentano una reincarnazione con continui usi e abusi coloristici. Anche Laura White volge l’attenzione alla scultura marcando l’anima alimentare, in quanto combinazione di una ricerca concentrata sulla verità materiale e la sua formale apparenza fisica. In questi esercizi di sconfinamento si pone anche l’indagine tra scultura e performance, di Sam Matthewman, che lascia emergere uno spirito tenace segnato da influenze incrociate. Nel filone della pittura classica, con l’intento di ripensarla a suo modo, giova far cenno alle realizzazioni di Selma Parlour i cui toni appena cangianti si definiscono secondo una costruzione lineare, un personale geometrismo magico che contagia chiunque l’osservi. Per chiudere, ogni artista pur nella rilevabile diversità presenta un comune ragionamento dalla forma circolare, la cui visione richiama una metamorfosi vitale, sospesa tra il desiderio di rimanere in residenza presso l’Istituzione ed abbracciare il proprio sogno e destino in una città che accoglie senza distinzioni ed in modo imperituro senza alcuno ambagio.
British School at Rome
Via Antonio Gramsci 61, Roma
Info: info@bsrome.it | +39 06 326 4939
www.bsr.ac.uk
[1] J. Ruskin, L’inutilità dell’Accademia, in Silvia Bordini, L’Ottocento, Le fonti per la storia dell’arte, Carocci Editore, 2003, p. 121