Non sei registrato? Registrati.
SAVONA | Campus universitario di Savona | 17 dicembre 2015 – evento conclusivo Be Sm/ART

Intervista a EMILIANA SABIU (CHERIMUS) di Valeria Barbera

Come sarà la Smart City, la città del futuro, sostenibile e costruita attorno ai bisogni di chi la vive? E soprattutto quali sono i migliori linguaggi attraverso cui immaginarla e progettarla?
Giovedì 17 dicembre 2015, al Campus Universitario di Savona, si è tenuta la giornata conclusiva di Be Sm/ART, progetto di ricerca multidisciplinare ideato dalla curatrice Tiziana Casapietra, che ha coinvolto gli artisti di Cherimus (Simone Berti, Derek Di Fabio, Isa Griese, Isamit Morales, Andrea Rossi, Matteo Rubbi, Emiliana Sabiu e Carlo Spiga), i docenti, i ricercatori e gli studenti della Facoltà di Ingegneria del Campus di Savona (Università di Genova) e associazioni che sul territorio si occupano di teatro, danza e scienza.

Campus di Savona_courtesy of 5+1AA Architectures_photo credit Ernesta Caviola1
Gli artisti, durante la loro residenza, hanno organizzato numerosi laboratori, incursioni teatrali nelle aule e un flash mob di danza in biblioteca e nel cortile: un progetto corale che, partendo dai laboratori per bambini sulla città del futuro tenuti dal Teatro dei Cattivi Maestri, ha coinvolto in varie fasi studenti, ricercatori, docenti, la Campuswave radio, i ragazzi dell’Associazione Giovani per la scienza e l’associazione Atmosfera Danza. Gli esiti della ricerca, presentati in anteprima venerdì 11 dicembre al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce di Genova, al polo universitario di Savona sono diventati una vera e propria festa, un’occasione per mostrare al pubblico sia i risultati “tangibili” di questo programma – il 30 a pedali, una grande installazione luminosa, un prototipo a forma di numero trenta, e un casco luminoso, azionati entrambi dal movimento dei pedali – sia i video delle varie fasi del processo di ricerca durato circa tre mesi.
Durante la serata conclusiva ci siamo fatti raccontare da Emiliana Sabiu di Cherimus quali sono stati i risultati di questa ricerca multidisciplinare e condivisa portata avanti da un gruppo così eterogeneo.

Proiezione video Be Smart (zlato donchev)
Be Sm/ART è stato un lungo e complesso progetto partecipato che ha attraversato numerose fasi e coinvolto le molte anime che vivono il Campus Universitario di Savona. Come avete deciso cosa presentare durante questa giornata conclusiva in grado di sintetizzare questo lungo processo?
Questa scelta in effetti è stata molto complessa perché gli stimoli ricevuti durante le prime due settimane di vita e lavoro all’interno del Campus sono stati davvero tanti. Ci siamo confrontati sia con gli studenti, con laboratori da cui sono nate la maggior parte delle cose che sono state presentate questa sera, ma abbiamo avuto anche l’occasione di entrare in contatto con alcune realtà che animano il Campus come la web radio Campuswave (che ha seguito e documentato in streaming i flash mob e le incursioni teatrali nelle aule) e l’Associazione Giovani per la Scienza (che organizza tutti i venerdì incontri al campus per approfondire gli studi matematici e di fisica quantistica) e con altre organizzazioni del territorio come l’associazione Atmosfera Danza e la compagnia teatrale Teatro dei Cattivi Maestri. Proprio il rapporto con loro è stato molto interessante perché sono tutti mondi molto diversi da noi, ad esempio i ragazzi della web radio sono giovanissimi e hanno avuto una cognizione molto parziale di quello che facciamo noi perché non c’è stato abbastanza tempo per dar vita ad un confronto approfondito, se non con la loro responsabile. Però è interessante quanto anche loro siano rimasti stupiti dalla nostra collaborazione. Un po’ come tutti. Gli studenti di Ingegneria che abbiamo invitato a partecipare, infatti, hanno aderito convinti inizialmente di dover “solamente” tradurre in prototipi concreti le idee e le invenzioni emerse durante i laboratori che il Teatro dei Cattivi Maestri hanno tenuto con i bambini di Savona, ma poi gli studenti hanno tirato fuori il loro lato più artistico contribuendo in modo diverso e più completo a Be Sm/ART.

Be Sm/ART, courtesy of Cherimus
Quindi si è trattato di un processo in divenire… Ci sono stati veri e propri cambiamenti rispetto al progetto iniziale durante i lavori e la residenza…
Alcuni elementi appartenenti ai progetti realizzati dai bambini sono rimasti… Ad esempio l’installazione luminosa (azionata grazie a pedali n.d.r.), il 30, nasce dall’idea di un bambino che voleva creare una macchina del tempo a pedali. Quando ne abbiamo parlato agli studenti di ingegneria, abbiamo discusso a lungo su come realizzare e che forma dare a questo congegno a pedali; abbiamo detto ai ragazzi “Dato che resterà qui al Campus, pensate a qualcosa che vi piace, che rappresenta qualcosa di importante per voi… Siete voi che vivete il Campus ogni giorno. Cosa vi interessa davvero? E tutti sono rimasti lì a riflettere e poi la risposta è arrivata naturalmente: “Qualcosa per cui valga la pena pedalare? Un trenta agli esami!”

Simone Berti e 30 a pedali
Durante questi mesi di progettazione, lavoro, confronto quali sono state invece le cose più complicate da realizzare? Ci sono stati veri e propri momenti critici?
Beh… Innanzitutto la realizzazione vera e propria dell’installazione luminosa si è rivelata molto complessa perché si tratta di un prototipo costruito “dal basso”, non abbiamo voluto utilizzare qualcosa di prefabbricato. Siamo partiti proprio dalla realizzazione dell’alternatore, per capire che cosa può produrre energia, assemblandone i singoli pezzi, costruendo una cosa che non esisteva ancora. O meglio, le grandi compagnie che lavorano nel settore tecnologico fanno progetti simili, ma hanno mezzi ben diversi dai nostri. Noi abbiamo assemblato tutte le parti avvalendoci dell’aiuto degli ingegneri del Campus ed forse la difficoltà maggiore è stata proprio quella di mettere a confronto due mondi così diversi come quello della creatività nel quale puoi immaginare cose impossibili senza pensare troppo a come realizzarle: sai solo che vuoi che esistano perché le vedi chiare nella tua mente. Il mondo degli ingegneri invece è pratico, loro dicono “Ok, questa cosa non si può fare, perché non funziona” o comunque ti mettono davanti alle criticità: “È troppo difficile, serve troppo tempo, perché lo immagini e non in un altro modo?” Sono più pratici. Questo è stato decisamente l’aspetto più delicato…
Però penso sia stata proprio questa la parte interessante del progetto. Sia per noi, perché ci ha fornito una certa struttura, un certo metodo che magari non avremmo sviluppato da soli, sia per i docenti e gli studenti perché si sono trovati a confronto con vere e proprie ondate di idee, immagini e visioni che non avrebbero avuto modo di sperimentare nel loro ambito. Una commistione interessante.

Concerto Procopio e Spiga_incursioni Cattivi Maestri
Al termine di questo lungo processo creativo e della residenza savonese che cosa vi ha colpito di più? Cosa sentite di aver lasciato qui? Quali riscontri avete avuto dai partecipanti e dal pubblico?
Siamo rimasti davvero stupiti dall’accoglienza degli studenti… Non ci aspettavamo, questa forte partecipazione al progetto… Si sono impegnati tutti sino all’ultimo giorno esibendondosi, suonando, partecipando sino all’ultimo… Sono comunque a loro agio anche in questo ambito perché comunque sono tutti appassionati di musica, teatro, danza… però questa volta si sono messi completamente in gioco e hanno accettato di farlo in un modo diverso dal solito, comunicandolo in modo differente, e per noi questo è stato davvero importante. Chiaramente quello che è invece abbiamo ricevuto noi è proprio l’opposto: per noi è stato un fatto nuovo essere ovvero il un po’ “imbrigliati” in richieste specifiche, tempistiche, riunioni e cose di questo tipo a cui non siamo molto abituati perché l’arte procede seguendo modalità diverse, più caotiche… E poi, un’altra cosa che mi ha molto colpito, è stata la collaborazione dei professori anche nelle aule durante le incursioni del Teatro dei Cattivi Maestri: ci aspettavamo anche reazioni più decise, magari anche delle porte chiuse e invece tutti ci hanno accolto con stupore, con gentilezza, senza magari conoscere nemmeno il progetto. Ci è parsa una cosa davvero importante.

30 a pedali, Cherimus per Be Sm/ART
Durante questo percorso di lavoro con “non addetti ai lavori”, quale vi è parsa essere la percezione “comune” dell’arte contemporanea?

Abbiamo notato che, come spesso accade, in generale l’arte contemporanea è percepita come qualcosa di molto lontano dalla vita quotidiana di tutti, qualcosa che riguarda solo gli addetti ai lavori che opera in circuiti chiusi. Non si tratta proprio di un pregiudizio vero e proprio, perché a volte funziona proprio così: spesso l’arte si chiude su se stessa… Però nei fatti, quando si progettano e realizzano cose che coinvolgono davvero la vita delle persone, loro malgrado quasi, quando si vanno a toccare punti focali interessanti non solo per l’artista, ma anche per lo spettatore, allora quelle etichette decadono e non ci si chiede più se è arte contemporanea. Succede che ci si incontra nelle cose. Ed è bello proprio perché quello che è bello per l’artista è bello anche per chi lo riceve come spettatore. Cadono le barriere. Cade tutto.

Cherimus: nasce nel 2007 a Perdaxius (in Sardegna) su iniziativa di tre amici: Marco Colombaioni, Matteo Rubbi ed Emiliana Sabiu. Cherimus è un organismo. Respira, si nutre, cambia grazie alle persone che incontra nel suo percorso. Ha I’obiettivo di innescare un rapporto nuovo fra arte, cultura e piccole realtà locali. Per questo invita artisti da tutto il mondo a un confronto diretto con le persone, con i luoghi, con possibili processi di innovazione culturali ed economici. In questo modo sostiene un tipo di arte che non assume solamente modelli preesistenti e consolidati, ma piuttosto li rimette in discussione, a confronto con la realtà e i suoi problemi. Cherimus è una parola sarda che in italiano significa “vogliamo”.  www.cherimus.net

Be Sm/ART. L’Arte al servizio della Smart City
Gli artisti di Cherimus interpretano la città intelligente e sostenibile del futuro

Artisti: Cherimus – Simone Berti, Derek Di Fabio, Isa Griese, Isamit Morales, Andrea Rossi, Matteo Rubbi, Emiliana Sabiu e Carlo Spiga

Da un’idea di: Tiziana Casapietra

Promosso da: Radicate, Associazione per la Ricerca sull’Arte e la Cultura Contemporanea

Info: www.radicate.eu

Condividi su...
  • 33
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •