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Intervista a CAMILLA BOEMIO di Francesca Di Giorgio

La sostenibilità, il tessile nell’arte visiva, i conflitti dell’identità e il gender sono temi cruciali nell’arte visiva e nella moda. Camilla Boemio “writer, consultant & curator” – curatrice del Padiglione Nigeria alla 15. Esposizione Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia (2016) – lavora sul limite che intercorre tra questi e ne sfuma i confini.
Se la sostenibilità è sempre stata una tematica ricorrente per Boemio, sviluppata in diversi progetti di ricerca, incentrati su altrettante tematiche ecologiche, come il cambiamento climatico e la difesa degli oceani: Portable Nation – Disappearance As Work in Progress – Approaches to Ecological Romanticism il Padiglione delle Maldive alla 55. Biennale d’Arte di Venezia (2013), Lapo Simeoni – Laboratorio Oceanico (2019) ed After the Crash (2011) al Museo Orto Botanico di Roma, anche l’aspetto partecipativo ha giocato un ruolo fondamentale.
Un esempio è la performance di Ismael de Anda Neo-Quechquémitl (proiettata da Los Angeles a Roma e Venezia), un dialogo tra la tradizione e l’emersione delle nuove società a partire all’interpretazione di un accessorio del folkclore messicano.

The coat of hipness (materiali velati), Camilla Boemio, Manuela Tognoli, Jérôme Chazeix, e Fabrizio Orsini, photo realizzata da Luisa Galdo

Intessiamo un dialogo con Camilla Boemio dagli spunti forniti dal recente progetto realizzato per AltaRoma, The coat of hipness (materiali velati) di Jérôme Chazeix, da poco concluso, insieme alla recente pubblicazione del volume As Brilliant As The Sun, edito da Vanillaedizioni nel gennaio di quest’anno, con oltre trenta artisti internazionali coinvolti in “un viaggio nelle pratiche artistiche della California ed intorno la città di Roma, creando un legame tra due luoghi d’arte accomunati da analogie e contraddizioni”.
Un viaggio seguendo la luce dell’arte e dei suoi insegnamenti che possono illuminare la nostra coscienza anche nei momenti più bui…

Come sei arrivata a concepire il progetto The coat of hipness (materiali velati) di Jérôme Chazeix e come si inserisce nel contesto più ampio della tua pratica curatoriale?
Avvicinarmi al tessile in un contesto più strutturato come un calendario di una kermesse di moda implicava trovare una ricerca fervida dell’utilizzo del tessile aprendo la discussione ad una rinnovata analisi del linguaggio nelle sue forme più ibride ed attente al tessuto sociale. All’interno del programma di VVM alla Tate Exchange, sezione della Tate Modern di Liverpool, nel quale ho preso parte, avevo già interagito con la performance di Marina Moreno (We All Come From Somewhere, ndr) che metteva a nudo gli aspetti più torbidi del sistema della moda, come lo sfruttamento del lavoro nei paesi del Terzo Mondo. Le arti tessili hanno maturato nuove forme e definito il linguaggio coinvolgendo molti artisti. La ricerca sul tessile e le fibre è fortemente concettuale ed influenzata da idee postmoderne. Vari artisti d’arte visiva stanno sperimentando tecniche, materiali e concetti, spingendo i limiti del mezzo. Queste pratiche sono rinate come l’arte del ricamo, la tessitura, l’uncinetto e molte altre, fornendo una nuova attenzione sul lavoro che affronta questioni sociali e politiche come il femminismo di genere, il lavoro delle donne e la politica dell’identità. Quando ho iniziato a strutturare il progetto per il calendario di AltaRoma 2020 volevo toccare tematiche che abbracciassero il conflitto dell’identità, dei generi, annettendo un caleidoscopio nel quale il teatro dialogasse con un negozio immaginario di moda. Le tematiche alte si confrontassero con il bombardamento quotidiano nel quale la post società dello spettacolo emergesse da diversi punti di vista, creando un corto circuito nel quale immedesimarsi, addentrarsi e riflettersi in una unità e divisione dell’apparenza nella quale inscenare un’epifania dilatata.
Ho ritenuto che la ricerca di Chazeix traducesse magistralmente i concetti, creando mondi paralleli ibridi attraverso una serie di esperienze multimediali e teatrali coinvolgenti. L’associazione di diversi media e la loro correlazione sono al centro delle sue installazioni che riuniscono disegno, costumi, video e oggetti. Questi elementi sono prioritari e integrati all’interno, culminano in uno scenario complesso, disorientando e persino ipnotizzando lo spettatore verso uno stato di alterità. Come una contaminazione grafica, la messa in scena avvolge tutte le superfici dello spazio (in questo caso dello spazio Label201) e guida lo spettatore verso una nuova coscienza. C’é una frase di Gilbert & George, che ho riletto recentemente e che riassume un desiderio espanso che avrei anch’io: “Vorremmo che l’arte tirasse fuori il bigotto dall’interno del liberale e viceversa per far emergere il liberale dall’interno del bigotto”, anche io nutro una sorta di “coup d’etat” o “circuito” dei ruoli nel quale la sospensione scardina le certezze.

The coat of hipness (materiali velati). Jérôme Chazeix, i performers Alessio Santi, Maria Antonietta Scarpari e Ludovica Andrenacci, da Label201, photo Luisa Galdo

Nello specifico ci racconti il progetto di ricerca Raid curato da te e AAC Platform e in cosa consiste questa piattaforma nomadica internazionale sulla carta e nella pratica?
Parto dal presupposto che mi piace confrontarmi in un contesto corale nel quale ognuno emerga, lo spirito di gruppo appartiene ad un contesto sano nel quale evidenziare le progettualità. L’altro punto che trovo fondamentale che da ogni progetto nascano dei sotto-progetti o mostre che si muovano come in una costellazione di intenti nella quale vadano ad attivare degli aspetti che non sono stati trattati nel progetto centrale, o nascano semplicemente dalla ricerca che prende delle forme parallele. Ad esempio, durante la realizzazione della personale di Jérôme Chazeix. The Coat of Hipness (materiali velati) parte del calendario di AltaRoma 2020, ho curato con AAC Platform, la mostra Permutazioni Lineari, con i lavori dell’artista Monica Pennazzi. Il filo con il quale la Pennazzi realizza le sculture, e i lavori a parete partono da una linea incisiva, una composizione in bilico tra la gravità fisica e quella psicologica, ricalibrando la percezione ed adattandosi allo spazio. Gli oggetti a parete esposti, da Moca Studio a Siracusa, si sono concentrati non solo sulle proprietà scultoree del filo, ma sui modi in cui rispondevano ai cambiamenti ambientali di luminosità e di colore. Parlare del filo era un inizio per sedimentare la ricerca sul tessile, e farlo fuori dal programma di Alta Roma 2020, ma nello stesso periodo.

The coat of hipness (materiali velati). Jérôme Chazeix, la performer Corinna Manisha Lenneis, da Label201, photo Luisa Galdo

“Non tutti gli artisti che utilizzano le fibre sono femministe o addirittura interessati alle connotazioni politiche e sociali delle arti del tessuto”. Trovo molto interessante questa riflessione volta a non stigmatizzare e a non confondere tra, come si direbbe in linguistica, enunciazione (l’atto attraverso il quale si realizza il concreto) ed enunciato (il risultato linguistico)…
Ti ringrazio. Volevo portare un progetto inedito (o perlomeno site-specific allo spazio d’arte Label201 e speculare alla città di Roma) ed un artista che non avesse ancora esposto in Italia. I “materiali velati” di Chazeix hanno introdotto a un atmosfera seducente e misteriosa, nella quale le immagini, i simboli ed i richiami estetici alla romanità classica (con i busti romani) hanno creato una sospensione temporale nella quale si è creato un micro cosmo temporale.
Si percepiva il piacere da parte dell’artista nell’appropriarsi in modo esagerato e carnevalesco dei modelli sociali contemporanei e dei loro modi comportamentali; da qui la categoria hipster.
Le sue installazioni ospitano continuamente i tesori ritrovati dagli archivi dell’era pre-moderna, nelle quali gravitano un insieme corposo e leggiadro composto dall’arte dei costumi, le coreografie e gli pseudo-rituali ritmici, attivando una serie di modelli e formati.

The coat of hipness (materiali velati) a cura di Camilla Boemio

Dove e come nasce, invece, As Brilliant As The Sun, il progetto editoriale di recente pubblicazione? Perché un parallelismo tra lo stato dell’arte tra California e Roma? Cosa rappresentano per te questi due riferimenti geografici?
Sono due luoghi geografici cari, nei quali mi sono formata ed ho sperimentato, ed immagazzinato i modi di realizzare e valorizzare l’arte. Partendo da uno stato molto personale, ho ricevuto una proposta dopo avere curato la mostra Fragments, da Durden & Ray a Los Angeles, di realizzare una pubblicazione impostata come un libro d’arte che potesse annettere le analogie e le differenze tra le pratiche della California con Roma.
Se le affinità si trovano nella luce e da una certa istintiva capacità di realizzare l’arte in un luogo non così pressante e monopolizzato dal mercato come New York, Londra, o Milano. Roma ha i suoi ritmi, che ti concedono di estraniarti o di ritrovarti al centro delle situazioni, così è la California con Los Angeles.
La pubblicazione si compone anche delle conversazioni che ho realizzato con Tom Marioni (artista concettuale americano e fondatore, nel 1970, del Museum of Conceptual Art- MOCA, ndr) che ricorda come era San Francisco negli Anni ’60 e ’70 e come sia diventata oggi la città; e con Sergio Lombardo (artista e psicologo, ndr) con il quale emerge l’enorme peso per l’arte che ha avuto Palma Bucarelli e la Galleria Nazionale, la Roma degli Anni ’70 e come siamo debitori di questo enorme lascito.
Comporre un libro d’arte nel quale si pubblicano dei progetti degli artisti, vuol dire trattare nel display oltre al tema centrale; una serie di sotto tematiche che trattano le forme di attivismo legate all’arte, un’estetica legata al paesaggio, affrontando al contempo la relazione tra arte e conoscenza.
L’ho fatto scegliendo dei corposi ed intensi progetti di: Dean Smith, Cody Trepte, William E. Jones, Geof Oppenheimer, Tam Van Tran, Kevin Cooley e Phillip Andrew, Lewis Jamie Hamilton con Hannah Hughes, Stephanie Syjuco, Fabio Lattanzi Antinori, Mara De Luca, Peter Halasz, Adriano Valeri, Carly Chubak, Katherine Sherwood, lsmael de Anda III, Todd Gray, Nicole Eisenman, Catherine Opie, Maria Elisa D’Andrea, Mark Todd, Sean Noyce, Scarlet Mann, Curtis Stage, Katie Shapiro, Daniela de Paulis, Amir Zaki, Jebila Okongwu, Stefano Canto, Salvatore Arancio, Ryts Monet, Marta Mancini, Rä di Martino, Ludovica Gioscia, e Lapo Simeoni.

Apertura del volume As Brilliant As The Sun, Vanillaedizioni, 2020

Quali saranno i prossimi sviluppi e gli appuntamenti del progetto Raid?
Ad Aprile una nuova mostra del progetto Raid è in fase di realizzazione alla Galleria Bruno Lisi a Roma che attiverà nuovamente connotazioni sulle arti tessili e le pratiche partecipative con l’artista friulana Maria Elisa D’Andrea e lo scozzese Greg Burgoyne. Ogni singolo progetto realizzato da Burgoyne è unico per lo spazio a cui è destinato. Le sue mostre uniscono i temi della ripetizione, l’accumulazione e la resistenza insieme ai riferimenti specifici al contesto. La ricerca di Burgoyne verte nel colmare le anomalie tra l’organizzazione degli spazi e le dinamiche di interrelazione del muoversi dentro e intorno agli spazi stessi. Chissà magari riusciremo a realizzare una performance partecipativa in una piazza di Roma!

PRESENTAZIONE/TALK DEL VOLUME:

sabato 14 marzo 2020 – ore 17,00
Libreria Feltrinelli
Corso Giuseppe Garibaldi 35, Ancona

Titolo: As Brilliant As the Sun
A cura di: Camilla Boemio
Artisti: AA.VV.
Testi: Camilla Boemio
Lingua: italiano, inglese
Data di uscita: 27 gennaio 2020
ISBN: 978-88-6057-447-3
Dimensione: cm 16,5×24
Formato: brossura filo refe
Pagine: 240
Prezzo: € 29.00

Jérôme Chazeix | The coat of hipness (materiali velati)
A cura di Camilla Boemio in collaborazione con AAC Platform
Label201
Via Portuense 201, Roma
www.label201.com


CAMILLA BOEMIO

AICA International Art Critics member
AAC Platform Co-Founder
Writer, Consultant & Curator
www.camillaboemio.com
http://aniconics.wordpress.com/

Curator Nigerian Pavilion – 15^ International Architecture Exhibition La Biennale di Venezia 
http://www.camillaboemio.com/nigeria/nigeria.html

Deputy Curator Maldives Pavilion 
55^ International Art Exhibition La Biennale di Venezia 
http://maldivespavilion.com/blog/about/

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