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GENOVA | METELINO

Intervista a FRANCESCA CENTURIONE SCOTTO e ILARIA BIGNOTTI di Francesca Di Giorgio

Quando pensiamo al jeans tutti abbiamo l’idea di qualcosa da indossare e da portare con sé. Solo i più curiosi ne approfondiscono la storia e sanno quando e come nasce uno dei tessuti più evergreen di sempre. Forse anche perché parliamo di qualcosa di personale e allo stesso tempo condiviso, di un tessuto che racconta se stesso ma anche molto altro e che ha a che fare con una storia più grande. Il progetto ArteJeans è figlio di tante storie differenti e preludio al futuro Museo del Jeans che sorgerà all’interno del cantiere del Metelino, un edificio storico portuale a Genova dove, fino al 6 settembre, è esposta in mostra – ArteJeans. Storia di un mito nelle trame dell’arte contemporanea, a cura di Ursula Casamonti e Francesca Centurione Scotto – una selezione di oltre trenta lavori di artisti contemporanei, che hanno donato opere inedite, realizzate sulla mitica tela blu nata proprio a Genova. A mostra conclusa ma con il progetto ancora vivo e in progress (già grandi progetti in cantiere oltre confine: riconnettersi con l’America è negli obiettivi del 2022…) abbiamo parlato con due delle anime di ArteJeans, Francesca Centurione Scotto e Ilaria Bignotti, che con punti di vista differenti compongo il quadro di un grande progetto italiano dallo sguardo internazionale…

Veduta della mostra ArteJeans. Storia di un mito nelle trame dell’arte contemporanea. In primo piano da sx “Yellyfish”, 2020 di Maurizio Donzelli, “Fkcufckguckfuck”, 2020 di Gianni Politi e “Perenne”, 2020, di Laura Renna. Foto Livia Savorelli

Qual è il suo primo ricordo personale legato al jeans e come ha incrociato, poi, la sua strada con ArteJeans (e relativo festival 2021) in preparazione della nascita di un vero e proprio Museo dedicato?
Francesca Centurione Scotto:
Negli Anni ’70, mia zia che era single, vestiva jeans Fiorucci e Levis. Ricordo che li aveva a zampa di elefante e, poi, attillatissimi. Essendo una donna elegante, sportiva e piena di vita ho sempre collegato, da quel momento in poi, i jeans a lei. Perché, come diceva Villon “l’abito fa il monaco” (je connais à la robe l’homme). Quando Manuela Arata mi è venuta a trovare a Londra mi ha parlato del suo progetto di Genova Jeans, l’ho collegato subito a quel sapore pop e funky che aveva mia zia e le ho proposto di organizzarle la parte relativa all’arte contemporanea. Mi pareva, infatti, mancasse una “declinazione” artistica del jeans e che in questo modo, ricollegando tutto il mondo a Genova con l’arte contemporanea, il progetto potesse essere veramente internazionale. È, poi, da sempre mia idea creare un Museo di arte contemporanea a Genova e aggiungere una sezione di jeans contemporaneo all’archivio-museo che Arata voleva realizzare, mi pareva così un’ottima idea per dare il giusto respiro. Ho così coinvolto Ursula Casamonti nel progetto, all’epoca direttrice di Tornabuoni Art London. Senza di lei e con l’aiuto prezioso del comitato critico, questo progetto non avrebbe potuto raggiungere il livello, davvero altissimo, di artisti e di opere in mostra.

Veduta della mostra ArteJeans. Storia di un mito nelle trame dell’arte contemporanea. In primo piano da sx “Tutto l’inizio, la fine” di Giovanni Gaggia, 2021 e “Senza titolo”, 2021 di Valentina Palazzari. Foto Livia Savorelli

Il carattere trasversale del jeans è insito nella sua storia. La fibra di questo tessuto veste benissimo la spiccata personalità dei genovesi e dei liguri in generale e ricollega a rapporti internazionali, con l’America, nello specifico, prima tappa di tanti nostri immigrati al di là dell’Oceano. Ricordare questi aspetti di mobilità e migrazione, in un momento storico come questo, credo aggiunga un’importante valore a tutto il progetto.
F.C.S:
La riflessione sul jeans è anche una riflessione sociologica. Nell’Ottocento il jeans era simbolo di America e America per i nostri immigrati è stato il luogo dove poter ricominciare o farsi una nuova vita con quello spirito pioneristico proprio del jeans. L’immigrazione vestiva di jeans. Per noi, negli Anni ’70 e ’80 era il simbolo della libertà ma per la comunità black americana era simbolo di schiavitù e oggi in Corea del Nord i jeans sono aboliti e per chi li indossa è prevista la pena di morte. È, dunque, molto importante approfondire anche la storia attraverso i tessuti. Le rivoluzioni spesso ne portano un simbolo con sé.

Veduta della mostra ArteJeans. Storia di un mito nelle trame dell’arte contemporanea. Foto Livia Savorelli

Quando avviene, invece, l’incontro della tela blu di Genova con l’arte? Come è stato concepito il link con artisti internazionali per ArteJeans a cui è dedicata la mostra allestita dal 2 al 6 settembre e un volume che ripercorre “la storia di un mito nelle trame dell’arte contemporanea”?
F.C.S:
Come ricordavo nasce a Londra ed essendo Ambasciatrice di Genova ho pensato ad un progetto che potesse essere speso internazionalmente. Con Ursula Casamonti abbiamo fondato l’Associazione ArteJeans. Ursula ha avuto la bellissima idea di spedire un telo jeans di 2 metri per 1.80 agli artisti accuratamente selezionati da Ilaria Bignotti, Luciano Caprile e Laura Garbarino. Abbiamo scelto per lo più artisti italiani storicizzati e contemporanei che non avevano mai usato il jeans. Hanno risposto con grande generosità nomi importanti del panorama italiano. Abbiamo chiesto loro di donare una nuova collezione d’arte a Genova e la richiesta di opere continuerà con un progetto che, con il prezioso aiuto di Carolina Latour, sarà ArteJeans in tour, nel 2022 in America. Nel volume pubblicato da Vanillaedizioni ho fatto così il punto, a volo d’aquila, del jeans tra gli artisti dove si evince che è sempre stato usato anche come tela per dipingere. Il collegamento che ho creato tra il jeans e l’arte contemporanea è dunque nella tradizione. Perché non siamo nati ieri, il jeans neppure ed è un materiale che racconta la vita di milioni di noi e Genova, la città dove è nato.

Veduta della mostra ArteJeans. Storia di un mito nelle trame dell’arte contemporanea. Foto Livia Savorelli

L’idea di spedire una tela Candiani Denim di 2 metri x 1.80 ad una selezione di artisti che mai si erano cimentati con questo materiale, è nata a Londra, in un giorno di inverno del 2020. Da questo input sono nate ventiquattro opere, primo nucleo di donazioni d’artista che insieme alle dieci di quest’anno, e a quelle che arriveranno in futuro, andranno a costituire l’ossatura del Museo. Ci raccontate qualche aspetto del making of del progetto?
Ilaria Bignotti
: Il progetto ArteJeans intende dimostrare la versatilità del tessuto blu di Genova, per antonomasia tra i più resilienti e trasformisti al mondo, attraverso la straordinaria varietà dei linguaggi dell’arte contemporanea. All’inizio del nostro progetto vi era proprio questo: verificare come gli artisti avrebbero risposto alla nostra “provocazione” di chiedere loro di cimentarsi in questo “corpo a corpo” con il jeans: sebbene alcuni di loro si erano prima di allora già cimentati con i materiali tessili – da Ettore Favini, che proprio attraverso il jeans aveva raccontato una possibile storia del Mediterraneo, a Francesca Pasquali che fa del riuso e del riciclo dei materiali il punto di partenza e anche di approdo della sua indagine, da Laura Renna e Gioni David Parra – esclusion fatta per lo stesso Favini nessuno si era trovato a sperimentare proprio il blue jeans.  Da qui nasce l’idea, la visione di Ursula Casamonti e Francesca Centurione, e da qui scaturisce anche la nostra emozione, quando a partire dalla fine di aprile 2020 inviamo i rotoli di tessuto agli artisti che con coraggio, stupore e generosità hanno accolto la nostra chiamata al blu… Immaginavamo le loro reazioni, trepidanti attendevamo le loro risposte creative, davanti al tessuto srotolato nei loro atelier. E vieppiù attendevamo emozionate, se pensiamo che l’avventura di queste opere è nata proprio durante i mesi del primo lockdown, tra la fine di aprile e i mesi estivi del 2020. Mesi nei quali la riscoperta della manualità stava diventando la risposta quotidiana e domestica alle lunghe, estenuanti attese dovute ad un isolamento che mai prima avevamo sperimentato: impastare, sfogliare, scrivere, e anche cucire e ricamare nel silenzio delle nostre case. Ecco, ci piace immaginare che i nostri gesti si intonavano a quelli degli artisti di ArteJeans, mentre lavoravano alle loro opere con il tessuto di Genova.

Veduta della mostra ArteJeans. Storia di un mito nelle trame dell’arte contemporanea. In primo piano da dx “Origami” di Francesca Pasquali, 2020 e “Autoritratto”, 2021 di Simone Berti. Foto Livia Savorelli

Sfogliando il volume ArteJeans. Storia di un mito nelle trame dell’arte contemporanea è abbastanza immediato il contatto che gli artisti hanno stabilito con la tela blu. Appartenenti a diverse generazioni i trentaquattro artisti coinvolti fino ad ora hanno lavorato su piani diversissimi alcuni nel continuum della propria ricerca altri concentrandosi maggiormente sulle caratteristiche materiali e immateriali del jeans omaggiandolo come tessuto vivo. Qualche spunto o aneddoto sulla creazione di alcuni dei lavori donati dagli artisti?
I.B.
: I primi ventiquattro artisti che abbiamo coinvolto volevamo rappresentassero da un lato una visione della storia dell’arte contemporanea, ed è per questo che abbiamo chiamato maestri che vanno da Emilio Isgrò ad Alberto Biasi, da Fabrizio Plessi a Riccardo Guarneri, da Enzo Cacciola a Gianfranco Zappettini, da Ugo Nespolo a Pino Pinelli, alla grande Tomaso Binga che fa parte degli artisti di questa edizione 2021: i loro linguaggi raccontano delle indagini programmate e cinetiche, poetico-visuali e concettuali, del ruolo dei materiali industriali e delle nuove frontiere della tecnologia, in molti casi dimostrando come proprio il jeans sia uno straordinario supporto e medium per continuare nella sperimentazione e nella visionarietà creativa. Le giovani generazioni e gli artisti mid-career coinvolti invece riflettono a ben vedere una attenzione da un lato alla relazione tra macro e microcosmo, ponendo in luce attraverso il jeans domande epocali e liriche che si intonano ai tempi attuali, da Gabriele Picco a Giovanni Ozzola; molti di loro han scelto di agire in modo processuale, relazionale, partecipato: da Giovanni Gaggia a Claudia Losi, per esempio, analizzando anche i risvolti sociali che si intessono nei secoli nelle trame del jeans: Serena Vestrucci, Goldschmied & Chiari, Ulrich Egger per esempio hanno riflettuto sul ruolo del lavoro, Vestrucci creando dei guanti da lavoro, Egger lavorando tra immagine fotografica e materiali industriali, il duo di artiste raccontando la storia del padre di Sara Goldschmied, pioniere del jeans.

Veduta della mostra ArteJeans. Storia di un mito nelle trame dell’arte contemporanea. Foto Livia Savorelli

Un’altra componente importante è il legame che ArteJeans rinnova con la città di Genova. L’interazione e il coinvolgimento del visitatore, attraverso l’esperienza visuale e tattile, ad esempio, elementi al centro della ricerca di Francesca Pasquali sono stati recuperati per un workshop, del 10 giugno scorso, dove un gruppo di trenta studenti dell’Accademia Ligustica di Genova sono stati coinvolti nella realizzazione dell’installazione site specific Tréssa
I.B.
: Il lavoro di Francesca si iscrive proprio in questa ultima direzione di arte partecipata. Grazie alla collaborazione del Direttore Guido Fiorato e di ben trenta studenti dell’accademia, coordinati da Daniele Torcellini, Francesca ha nel corso di lunghi workshop coinvolto gli studenti stessi a creare lunghe trecce di tessuto di scarto, facendo loro seguire la propria personalità sensibilità visuale e arrivando a realizzare una installazione di grande respiro, che abbiamo inaugurato lo scorso 10 giugno, nell’androne dello scalone principali dell’accademia. Abbiamo scelto un titolo in dialetto genovese, a stringere ancor più radicalmente il ruolo del jeans nella sua città; e abbiamo coinvolto, durante la giornata inaugurale dell’installazione, il pubblico nell’azione di cucitura del tessuto jeans, ad evidenziare il ruolo di questa gestualità e attività nella società contemporanea ma anche per raccontare, metaforicamente, il valore del jeans quale ponte e unione tra le persone. Anche Claudia Losi ha realizzato un’opera partecipata, affidando infatti alle studentesse dell’istituto secondario superiore Duchessa di Galliera di Genova il compito di ricucire gli strappi del suo tessuto jeans, tagliato in forma circolare: le giovani studentesse hanno così liberamente esplorato le potenzialità del rattoppo, creando un’opera di energia freschissima.


ArteJeans. Storia di un mito nelle trame dell’arte contemporanea
a cura di Ursula Casamonti e Francesca Centurione Scotto

Da un’idea e progetto di Ursula Casamonti e Francesca Centurione Scotto, Ambasciatrici di Genova nel mondo e fondatrici dell’Associazione ArteJeans

Nell’ambito di GenovaJeans, evento ideato e diretto da Manuela Arata In collaborazione con St. George’s Club, London e gli Ambasciatori Onorari di Genova nel mondo (AGW) dei quali si ringraziano in particolare il coordinatore Giuseppe Franceschelli e Carla Magnan, referente gruppo cultura

Comitato critico Ilaria Bignotti, Luciano Caprile, Laura Garbarino

Coordinamento Manuela Arata, Ursula Casamonti, Piera Castagnacci, Francesca Centurione Scotto, Carolina Latour

Assistente curatore Carolina Latour Catalogo Vanillaedizioni

2 – 6 settembre 2021

METELINO
Via Marina Boccanegra 17, Genova

https://www.genovajeans.it/artejeans/

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