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BRESCIA | Galleria Massimo Minini | 26 gennaio – 28 marzo 2020

di SERENA FRILIPPINI

La Galleria Massimo Minini a Brescia presenta Sculpting the void. Une proposition de Yona Friedman avec Le Fonds de Dotation Denise et Yona Friedman, dedicata a Yona Friedman (1923-2020), una mostra che, in concomitanza con la Galleria Francesca Minini di Milano dove se ne espongono opere e progetti, evoca lo studio all’interno del quale progettava le sue costruzioni, connotato da pareti celesti e da una serie di schizzi e disegni progettuali caratteristici delle creazioni dell’architetto ungherese recentemente scomparso.
La sua morte, avvenuta dopo circa un mese dall’inaugurazione della mostra, diventa motivo ulteriore, attraverso questo progetto, per omaggiare la vita, il lavoro e il pensiero della sua grande personalità e la storia che ha tracciato.

Sculpting the void, installation view, Galleria Massimo Minini, Brescia Photo Credits Alessandro Zambianchi

A Brescia viene tracciato il ritratto di un architetto che nel tempo si è distinto per aver saputo far convogliare in sé l’architetto, l’artista, il teorico e il sognatore, senza mai sacrificare nessuna di queste figure.
Attraverso i modelli in scala esposti e i disegni appesi lungo le pareti, il visitatore ha modo di rendersi conto di come l’architettura di Friedman sia riuscita, e riesca tuttora, ad essere lungimirante, funzionale, piacevole esteticamente e profondamente democratica, attirando a sé una serie di qualità che la rendono vicina, per forma e contenuti, a chiunque si avventuri alla sua scoperta.
La democratizzazione del concetto di architettura per Friedman non va confusa con una mera e vuota ricerca di consensi fine a se stessa, ma come l’ardente necessità per un architetto – che è, prima di ogni altra definizione, un pensatore – di mettere l’architettura al completo servizio delle persone, dell’ambiente e, più in generale, di ogni singola creatura che abita il pianeta.

Sculpting the void, installation view, Galleria Massimo Minini, Brescia Photo Credits Alessandro Zambianchi

La sua esperienza diretta come profugo e senzatetto negli anni della Seconda guerra mondiale, e i suoi successivi viaggi tra i popoli in via di sviluppo, hanno senz’altro contribuito a sviluppare in lui una visione delle abitazioni come strutture mobili e continuamente adattabili alla vita di chi le abita e all’ambiente in cui si inseriscono, mai dimenticando che la priorità per un’architettura che guarda all’uomo è la relazione tra gli esseri viventi e l’ambiente che abitano.
Nell’ottica di questo adattamento delle strutture e del loro essere “mobili” la mostra è stata allestita utilizzando supporti fatti di scatole di cartone, leggeri e facilmente spostabili, perché anche la leggerezza è uno dei cardini dei progetti di Friedman. Non è un caso, infatti, se il titolo della mostra è Sculpting the void, dove l’idea di scolpire il vuoto, oltre ad apparirci come una sorta di ossimoro, va alla vera essenza del lavoro di Friedman, che non si è limitato a creare il contenitore di uno spazio vuoto, ma a metterlo in relazione con quello stesso spazio, il vuoto appunto, e lo spazio esterno.

Sculpting the void, installation view, Galleria Massimo Minini, Brescia Photo Credits Alessandro Zambianchi

Citando Friedman parleremmo di Utopie realizzabili, altro ossimoro indispensabile per parlare di un progetto che, oltre ad esserlo dal punto di vista architettonico, è un progetto di vita, una filosofia coerente e costante che condiziona il suo pensiero.
A questo proposito uno spunto interessante che la mostra offre sono i disegni che Friedman ha realizzato ed utilizzato per spiegare le idee che stanno alla base dei suoi progetti: se i concetti da cui nasce il suo pensiero possono apparire come complessi e poco immediati, la sorpresa si manifesta osservando i suoi disegni, semplici ed essenziali che arrivano dritti al punto, commentati dallo stesso Friedman con brevi didascalie che ne descrivono il contenuto. Si tratta di un altro modo per parlare direttamente alle persone e, soprattutto, di far parlare la propria inventiva progettuale.
Un’altra parte della mostra offre al visitatore la possibilità di vedere in video alcune animazioni sempre coerenti con la sintesi e l’essenzialità tipiche dei suoi disegni, realizzate negli anni con pochi e rudimentali mezzi e senza l’ausilio della tecnologia più sviluppata di oggi.

Sculpting the void, installation view, Galleria Massimo Minini, Brescia Photo Credits Alessandro Zambianchi

Un’altra sezione mette in mostra alcuni disegni ispirati a racconti mitologici appartenenti a culture differenti, nei quali emerge il tratto per certi aspetti infantile e giocoso di Friedman sempre essenziale per la comprensione.
Le opere e i progetti esposti sono sufficienti e utili per fornire ai visitatori più o meno esperti l’immagine di un uomo che, prima di essere connotato come architetto, è stato e rimarrà sempre un pensatore fuori dal comune e un creativo, nell’accezione più letterale del termine.

Sculpting the void  une proposition de Yona Friedman avec Le Fonds de Dotation Denise et Yona Friedman
a cura di Maurizio Bortolotti
con il patrocinio di Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Milano e Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Brescia

26 gennaio – 28 marzo 2020

Galleria Massimo Minini
via Apollonio 68, Brescia

Orari: dal lunedì al venerdì 10.30-19.30 e sabato 15.30-19.30
Ingresso libero

Info: +39 030383034
info@galleriaminini.it
www.galleriaminini.it

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