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La mia America | SKIRA

Intervista a LUIGI SANSONE di Matteo Galbiati

Gli Stati Uniti sono certamente l’epicentro propulsivo per lo sviluppo dell’arte contemporanea nel secondo dopoguerra, proprio verso gli States Gillo Dorfles (1910-2018) inizia una serie di viaggi che, fin dai primi anni Cinquanta, lo porteranno ad incontrare le maggiori personalità della cultura artistica (e non solo) d’oltreoceano tra artisti e critici, filosofi ed architetti. Thomas Munro, Clement Greenberg, James Sweeney, Alfred Barr, Rudolf Arnheim, György Kepes, ma anche Frank Lloyd Wright, Mies van der Rohe, Louis Kahn e Frederick Kiesler sono solo alcuni dei nomi rappresentativi di quegli stimolanti incontri attraverso i quali ha avuto modo di trovare gli spunti e le suggestioni per gli innumerevoli articoli e saggi, pubblicati in Italia su riviste e giornali, in merito alle identità diverse della cultura e dell’estetica americana, dove società, pittura, architettura e design si intrecciano e si fondono.
Il volume La mia America raccoglie in maniera ordinata tutti questi materiali preziosi (con molti inediti), a testimoniare, riordinare e conservare la lunga e infaticabile attività condotta negli anni da Dorfles sul panorama americano; uscito postumo, questo volume è l’ultima opera dell’indimenticato professore. Ne abbiamo parlato con Luigi Sansone, che, lavorando intensamente con lo stesso Dorfles, ha curato la pubblicazione del volume:

Questo saggio esce postumo dopo la scomparsa recente del professore, possiamo considerarlo come una sua ultima importante eredità?
Nel volume La mia America, Dorfles ha voluto raccogliere molti dei suoi scritti sull’arte, l’estetica, l’architettura e la società americana, articoli che erano apparsi fin dagli anni Cinquanta del secolo scorso in numerose riviste e libri.
Questo libro, a cui Dorfles teneva molto, insieme a tanti altri testi da lui pubblicati, è e rimarrà fondamentale per meglio comprendere l’arte, l’estetica e la società del XX secolo di cui Dorfles è stato un acuto osservatore e di cui ci ha reso partecipi con i suoi studi. Purtroppo il volume è uscito postumo, ma Dorfles, prima della sua scomparsa, era riuscito a vedere con soddisfazione tutto l’impaginato e le bozze definitive.

Quanto si è speso in questa ultima fatica editoriale?
L’idea di raccogliere i saggi per la pubblicazione del libro La mia America è nata circa due anni fa, e a Dorfles è piaciuto molto andare a ritroso nel tempo e ripercorrere le tappe dei suoi viaggi negli Stati Uniti. Insieme abbiamo selezionato i testi da pubblicare e di comune accordo abbiamo estrapolato alcuni pezzi dalle lettere inviate alla moglie Lalla Gallignani dagli Stati Uniti. Anche se negli ultimi mesi era un po’ affaticato, per lui è stato un piacere partecipare, con consigli e ricordi, alla realizzazione del volume a cui ha collaborato fino alla correzione delle prime bozze.

Quale struttura avete dato al volume? Come avete organizzato il lavoro e come si suddividono i contenuti?
Il volume è diviso in due parti: nella prima parte che comprende la mia prefazione, sono stati ricordati i luoghi e i molti personaggi conosciuti da Dorfles negli Stati Uniti durante i suoi numerosi viaggi; nella seconda parte sono stati ripubblicati, in ordine cronologico, le conferenze e gli articoli di Dorfles sulla cultura statunitense apparsi a suo tempo in riviste e libri in Italia e negli Stati Uniti. Per volontà di Dorfles i testi, di cui sono riportate le fonti, sono riproposti nella lingua originale così come sono apparsi la prima volta.

Gillo Dorfles, La mia America, Skira (copertina del volume)

Gillo Dorfles, La mia America, Skira (copertina del volume)

Quale particolarità ha? Quale è la sua caratteristica principale?
Il volume ha la particolarità di concentrarsi su un singolo aspetto dei molteplici interessi di Dorfles: la cultura americana.
Dorfles mi ha permesso di leggere le lettere inviate alla moglie e i suoi taccuini personali, per questo motivo molti pezzi nella mia prefazione sono inediti e raccontano alcuni episodi da lui appuntati all’epoca, quindi sono carichi di emozioni e giudizi “a caldo”. Inoltre sono riportati anche alcuni brani inediti tratti da lettere inviate a Dorfles da famosi personaggi come Margaret Naumburg, Rudolf Arnheim, Frederick Kiesler, Gyorgy Kepes e Thomas Munro che, senza la pubblicazione di questo libro, sarebbero rimasti sconosciuti.

Dorfles è stato tra i primi critici a recarsi negli Stati Uniti nell’immediato secondo dopoguerra: cosa trova, cosa ha rappresentato per lui quell’esperienza?
Nel 1953 Dorfles fu assegnatario di una borsa speciale (travel grant) del governo Americano dedicata a un particolare programma di scambi di personalità della cultura, del mondo accademico e della politica.
Nel suo primo viaggio del 1953, Dorfles trova un’America alle prese con il maccartismo e in pieno clima di “caccia alle streghe” in cui si consuma anche il dramma di Julius e Ethel Rosenberg, condannati alla pena di morte per aver fornito segreti militari all’Unione Sovietica.
In quello stesso periodo Dorfles assiste alla nascita e all’affermazione dell’Action Painting (Espressionismo Astratto), movimento artistico tipico statunitense di cui fanno parte Jackson Pollock, Willem de Kooning, Philip Guston, Franz Kline e molti altri pittori e scultori.
Inoltre a New York, nello storico locale Cedar Tavern, luogo d’incontro degli artisti della Scuola di New York e degli scrittori della beat generation, a volte in compagnia di Leo Castelli, si intrattiene con gli artisti che ne sono assidui frequentatori: Guston, Rothko, Marca-Relli, Kline, de Kooning, Baziotes.
Dorfles rimase affascinato dal mondo culturale americano e quell’esperienza gli permise di allacciare rapporti di proficua collaborazione con studiosi come Munro, Kepes e Arnheim che durarono nei decenni.

Quale è, parafrasando il titolo, l’America incontrata a quel tempo da Dorfles?
La mia America ci presenta una nazione carica di energia, un’America proiettata verso nuove tecnologie, ricca di fermenti culturali nel campo dell’arte,  dell’architettura e della letteratura. Dorfles, attento osservatore dei costumi e delle mode, ne ha colto gli aspetti positivi più significativi, ma anche alcune contraddizioni che erano allora presenti nella società americana come la discrimazione e la segregazione razziale su cui egli si sofferma varie volte nel libro.

Cosa ha rappresentato per le sue ricerche e le sue visioni la conoscenza di quel clima culturale, di quegli artisti e di quelle nuove estetiche? Come ne sono state influenzate?
Dorfles apprezza l’espressionismo astratto americano e ne scriverà a lungo nei suoi saggi. A Mark Rothko, del quale aveva visitato lo studio a New York, ha dedicato diversi saggi considerandolo tra i più importanti artisti dello scorso secolo.
Un interesse particolare Dorfles lo ha avuto per il design americano proveniente dalla scuola di Chicago, dove insegnavano note personalità legate alla scuola tedesca del Bauhaus.
L’incontro a New York nel 1955 con Rudolf Arnheim, psicologo e storico dell’arte, è stato proficuo per entrambi, dai loro incontri e scambi di idee è nata l’edizione italiana del noto libro di Arnheim Art and Visual Perception, con prefazione e traduzione di Dorfles.
Dagli stretti rapporti di amicizia e collaborazione con lo storico dell’arte americano Thomas Munro, nasce l’idea di organizzare a Venezia il terzo Congresso Internazionale di Estetica che si tenne nella città lagunare nel settembre del 1956.

Gillo Dorfles nella sua casa di Milano con Luigi Sansone nel 2017 Foto Matteo Zarbo

Gillo Dorfles nella sua casa di Milano con Luigi Sansone nel 2017 Foto Matteo Zarbo

Come le ha testimoniate poi in Italia?
Dorfles ha sempre amato relazionare con saggi e conferenze il patrimonio di esperienze e conoscenze di cui si è arricchito nei suoi viaggi negli Stati Uniti. Subito dopo il rientro in Italia dal primo viaggio negli States, egli riassume in alcuni saggi le sue impressioni sui molteplici aspetti della società americana, dai legami familiari, alla religione, dalla storia delle antiche popolazioni americane precolombiane, alla segregazione allora esistente negli Stati del Sud, dalla vita nelle grandi città a quella della provincia, soffermandosi poi in particolare sull’architettura e la pittura.

Ci sono curiosità o aspetti inediti che si possono evincere da questo saggio?
Tra le curiosità del libro c’è il racconto dell’incontro che avviene a Denver (Colorado) con Mary Parker Converse “l’unica capitana marittima degli S.U.” che “quando aveva 60 anni e la guerra era imminente ha voluto fare il corso completo, con relativi viaggi oceanici, per avere il diploma di capitano”.
Altre curiosità descritte nel volume sono la visita sulle Montagne Rocciose alla tomba di Buffalo Bill o quella a Central City “The Golden Queen of the Rockies”, una antica e abbandonata cittadina del periodo della febbre dell’oro.

A distanza di tempo il professore ha rivisto o corretto certe posizioni vissute allora? La prospettiva storica ha modificato in lui il senso e il valore di quelle esperienze? Si è ricreduto in qualcosa?
Non credo che ci siano stati suoi ripensamenti su quel periodo storico-culturale, l’ammirazione e l’interesse per la pittura di Rothko, per l’architettura di Lloyd Wright, Mies van der Rohe e Louis Kahn, e per l’estetica di  Arnheim e Kepes sono rimasti invariati, anzi credo che a distanza di alcuni decenni egli si sia convinto ancor di più del valore delle sue scelte di allora.

Quale ruolo ha avuto lei? Come ha lavorato con Dorfles, ricordiamo anche l’altro poderoso Gli artisti che ho incontrato editato da Skira nel 2015 e sempre curato da lei?
La proposta di riunire nel volume Gli artisti che ho incontrato tutte le presentazioni sugli artisti e le recensioni scritte da Dorfles è nata da me quando mi sono reso conto che molti di questi scritti, pubblicati nei passati decenni in pieghevoli, riviste, cataloghi, erano diventati difficilmente reperibili anche presso le biblioteche. Dopo un lungo lavoro di ricerca nell’archivio di Dorfles e presso le biblioteche e le gallerie, con il fondamentale aiuto dello stesso Dorfles che mi segnalava i suoi vecchi scritti, è venuto alla luce questo poderoso volume, uno strumento utile da consultare da studenti e studiosi d’arte. Lo stesso discorso si può fare per La mia America, ma in questo caso la ricerca si è allargata anche in America presso il Cleveland Museum of Art, in Ohio, la Biblioteca Pubblica di New York e quella della Columbia University, dove per mio conto sono state fatte delle ricerche bibliografiche dal professore Frederick Lang e da sua moglie Maria, ai quali va la mia gratitudine

Titolo: La mia America

Autore: Gillo Dorfles

A cura di: Luigi Sansone

Anno: 2018

Pagine: 304

Prezzo: Euro 25.00

ISBN: 9788857238074

Collana: Saggi

Editore: Skira

Info: www.skira.net

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