15 scatti, 15 volte un primo piano di Zhang Huan fotografato con il volto ricoperto di schiuma (Foam) e con in bocca vecchie fotografie. Una serie molto conosciuta dell’artista e datata 1998. Una data come discrimen che segna una scelta di vita – il suo trasferimento nella Grande Mela – e di percorso artistico fortemente critico nei confronti della Patria e legato alle vicende socio-politiche tramandate da una cronaca dalle tinte cupe. Il progetto è conosciuto, dicevamo, e il testo a cura di Gabriele Francesco Sassone – che qui riportiamo nella sua versione integrale – si apre e si chiude con la ritualità di un ciclo, in quello “spazio bianco” dove vita e morte coincidono, tra il “bianco” che estingue e contiene e lo “spazio” di una scelta impraticabile…
Disse Tse‐hsia: ‐ Che cosa significa questo verso nel Libro delle Odi? Esso dice: “Come sono affascinanti i suoi sorrisi! Come ammaliatori i suoi occhi! E il bianco dà forma e armonia all’insieme.”
Rispose Confucio: ‐ Nell’arte della pittura, la polvere bianca è applicata per ultima.
‐ Intendi che i riti dovrebbero venire per ultimi?
‐ Oh, Ah‐shang, hai fatto un’osservazione molto acuta. Meriti di discutere del Libro delle odi.¹
Il bianco nella tradizione pittorica cinese, intesa come arte del pittore e di “dipingere”² il volto, è l’elemento che armonizza le parti. Viene applicato dopo aver impostato lo sfondo, in modo da alleggerire le forme e rendere morbido il soggetto. Spesso è usato per dare consistenza alle nuvole, alla nebbia o alla schiuma. Tuttavia, con la sua domanda, il discepolo suggerisce a Confucio che i riti sono soltanto una sorta di vernice, di consuetudine sociale fondata su basi morali più profonde. Questo presuppone che le qualità interiori, ossia ciò che contraddistingue l’individuo, abbia precedenza sulla norma, sul costume e sulla tradizione.
Nella Cina degli anni Ottanta la formazione artistica prevedeva principalmente l’esercizio di una pittura accademica regolata da canoni rigidi e assodati, quasi calligrafici. Questo rispecchiava l’ambiguità di uno stato liberale dal punto di vista economico e reazionario da quello culturale. Dopo un iniziale interessamento alla pittura, Zhang Huan, a partire dagli anni Novanta, ritiene che la performance sia il solo linguaggio in grado di rompere le regole di un sistema totalitario. Per combattere il regime bisogna combattere la sua tradizione, che, per quanto riguarda l’arte cinese, è proprio la pittura. Il corpo diventa il medium adatto a trasmettere valori che non siano più tradizionalisti o esotici – come quelli evocati dai segni stilizzati sulla carta – ma affrontino con spirito critico le incombenze del proprio tempo. Serve crudezza, provocazione, originalità. Come può essere mantenuta l’identità appartenendo, per nascita, a un sistema oppressore e livellatore? Il punto di partenza diventa la propria biografia.
In un testo del 2007, Zhang Huan rivela di essersi sempre domandato “perché sono nato in questa famiglia? È vero che il mio destino era già deciso cinquecento anni fa? La vita è come un sogno. È transitoria. Proprio come la schiuma, che brilla e si spegne in meno di un secondo”.³ Foam (1998) è una serie di quindici scatti che ritraggono l’artista col volto coperto di schiuma, mentre tiene in bocca vecchie fotografie. Le opere rappresentano un punto nodale nella sua carriera perché prodotte in patria poco prima del trasferimento negli Stati Uniti. Essere critico nei confronti del governo cinese comportava delle responsabilità e dei rischi che condizionarono la sua residenza a Pechino. Le aggressioni per strada o nei bar, la censura, la paura del carcere. In queste opere l’artista riflette sul senso di appartenenza alla famiglia, al nucleo dal quale l’individuo riceve sostegno e forma la sua educazione. Difatti le fotografie ingiallite, collocate fra i denti e le labbra, fanno parte del suo passato o di quello della moglie. Come se gli antenati potessero parlare attraverso il corpo dell’artista e, al contrario, l’artista desse voce al proprio pensiero mediante le immagini degli antenati. La storia individuale diventa una sorta di gene: qualcosa di radicato e trasmissibile, sedimentatosi fra lo spirito e la carne. Zhang Huan, cosciente di essere un veicolo come furono a loro volta i genitori, si trasforma nel “contenitore” che custodisce l’eredità dei discendenti. La schiuma ha proprio la funzione di simboleggiare la nascita, la fecondità, di propiziare l’arrivo della nuova generazione. È un liquido seminale che copre il volto dell’artista, la cui neutralità, data dall’abbigliamento scarno e dalla testa ben rasata, ricorda quella di una fiala. Questo, unito all’inquadratura fissa, favorisce la serialità, la cadenza regolare e potente delle immagini. Un urlo ripetuto quindici volte. Ciò che sta prima dei riti, delle convenzioni – ossia l’interiorità, la propria storia – emerge a cascata dallo stomaco, rigettato con una contrazione involontaria che sembra dire “questo sono io”. Io che, da questo blocco infinito che è l’universo, mi trovo qui, ora, senza sapere per quale scopo e da chi vi sia stato collocato, perché abbia questi genitori piuttosto che altri, questa faccia anziché un’altra. Io non ho scelta: tutto quello che so è che sono di passaggio, che sono nato e morirò senza poterlo evitare. La schiuma ha annunciato la nostra nascita, legandoci ai padri con la sua essenza vivificatrice, col suo colore candido e cremoso. Il bianco è la vernice che unisce le parti, il velo che armonizza gli ingranaggi di questa macchina complessa in continuo rinnovamento. Il bianco, nella tradizione cinese, è anche il colore del lutto, del rito che segue la morte. Il bianco, diceva Confucio, viene messo alla fine, sopra tutti gli strati.
(IL BIANCO VIENE ALLA FINE di Gabriele Francesco Sassone)
¹ Lin Yutang, Teoria cinese dell’arte, Bompiani, Milano, 1967, pagg. 25‐26.
² Lin Yutang nel suo testo fa espliciti riferimenti al trucco.
³ Zhang Huan, A piece of Nothing, in: Zhang Huan, Altered States, Charta and Asia Society, 2007.
La mostra in breve:
Zhang Huan. Foam 1998
CA’ DI FRA’
Via Carlo Farini 2, Milano
Info: +39 02 29002108
Fino al 22 maggio 2010
In alto:
Foam, 1998, C-Print, cm 114,5×80,5. La serie è di 15 immagini – tirate a 15 esemplari