Intervista a GIANCARLO PEDRAZZINI di Matteo Galbiati
Come avete affrontato il lockdown e la relativa chiusura della vostra galleria? Avete cercato di colmare il vuoto attraverso la progettualità online e/o attraverso un uso diverso dei social? Come si è modificato il rapporto con il vostro pubblico?
I giorni precedenti al lockdown eravamo in procinto di inaugurare la mostra personale di Davide Bramante; consapevoli di non poter fare alcun evento ma con la mostra già allestita, ci siamo chiesti come avremmo potuto renderla fruibile. Abbiamo quindi pensato di esporre ogni giorno un’opera diversa in vetrina, così da permettere ai passanti di vedere tutte le opere in mostra e contemporaneamente la stessa immagine veniva pubblicata sui nostri canali social.
Tutto questo è durato pochi giorni; poi è iniziato il lockdown definitivo e abbiamo preferito amplificare quel vuoto attraverso il silenzio, perché fosse davvero un momento di riflessione umana per tutti. È compito dell’arte suscitare domande e riflessioni, non obbligatoriamente deve aggiungere contenuti; crediamo che il vuoto non debba essere necessariamente sempre colmato, a volte va assunto e riconosciuto.
La chiusura della galleria ha inevitabilmente interrotto i rapporti con il pubblico ma, allo stesso tempo, ha consolidato la complicità con i più affezionati e con i collezionisti in senso non esclusivamente commerciale.
Mai come in questo periodo abbiamo sentito parlare di “mondo dell’arte” ma proprio in un momento come questo è difficile immaginarlo come omogeneo. Composto da figure diverse: artisti, collezionisti, appassionati, critici, curatori, galleristi, organizzatori, editori. Un insieme spesso diviso da interessi contrastanti… Ora, se e in che modo, vi sentite parte di un “sistema”? Come state affrontando, dal lato umano e pratico, la vostra attività? Vi siete posti degli obiettivi a breve termine?
Il lavoro di una galleria d’arte, soprattutto se si occupa di artisti contemporanei e non solo di commercializzazione di opere, si compone di numerose attività e fa certamente parte del citato “mondo dell’arte”, ma si interseca con altri “sistemi” (quello del commercio, del turismo, dell’editoria, della cultura…).
Abbiamo appena riaperto le gallerie e ritrovato con piacere il rapporto umano con un pubblico di visitatori, anche nuovo, che torna ad uscire, che cerca di superare la paura; l’arte può essere in questo senso un “vaccino psicanalitico”.
Il nostro obiettivo a breve a termine? Quello di sempre: cercare di creare un bisogno dell’arte.
Siamo nella famosa Fase 3, ciò presuppone una visione in progress, un prima, un dopo e un poi. Restituiteci una fotografia che vi ritrae in questi tre momenti…
Niente sarà come prima, perché niente è mai stato come prima.
Sicuramente inizieremo con il proporre alcune mostre collettive con le nuove opere create dai nostri artisti durante questi ultimi mesi. Poi penseremo ad una progettualità che terrà conto delle dinamiche dell’intero sistema, anche economico, ma fedele al nostro consueto modus operandi: abbiamo sempre lavorato “al fresco”, cercheremo di essere 5 minuti più avanti.