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VENEZIA | 55. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia – Padiglione Italia | 1 giugno – 24 novembre 2013

Intervista a BARTOLOMEO PIETROMARCHI di Francesca Caputo

vice versa, il progetto del Padiglione Italia di Bartolomeo Pietromarchi per la 55. Biennale di Venezia, è basato sull’idea del doppio, del contrasto, della dicotomia del pensiero, un’attitudine speculare e dialettica, quale componente profonda e tradizionalmente radicata nella cultura e nell’arte del nostro Paese.
Mediante l’individuazione di “una serie di concetti polarmente congiunti” (pensiero mutuato dal filosofo Giorgio Agamben), quale mappa delle strutture concettuali portanti, sono messi in relazione quattordici artisti, tra storici e giovani promesse: Arena, Bartolini, Baruchello, Benassi, Favelli, Ghirri, Golia, Grilli, Maloberti, Mauri, Paolini, Tirelli, Vitone, Xhafa. In una prospettiva che richiama storia e memoria per guardare al futuro, con radicali aperture al sociale.
Sette ambienti ospitano due coppie di artisti accostati in un dialogo ideale sulla base di affinità processuali e tematiche: paesaggio tra visione memoria, storia personale e collettiva, dualismo tragedia-commedia, arte come illusione, realtà e rappresentazione, la cultura e tradizioni popolari, suono e silenzio ovvero libertà di parola e censura, infine frammento e sistema nell’impossibilità di archiviare e classificare. Pietromarchi ci svela il suo disegno curatoriale.

Che tipo di relazione si instaura tra la mostra vice versa e il contesto della Biennale?
Il progetto del Padiglione Italia è stato sviluppato prima che il tema generale della Biennale fosse noto. Le differenze sono profonde ma sono stato felice di ritrovare molti punti di contatto nell’approccio interpretativo.
La mostra principale, curata da Massimiliano Gioni, è dedicata al Palazzo Enciclopedico, museo immaginario del sapere umano. Anche vice versa è strutturata sull’idea di archivio, di atlante possibile, nello specifico come percorso dell’arte italiana, attraverso una serie di temi che si rincorrono, si incrociano. Entrambe partono da una prospettiva che va oltre lo stretto campo d’azione dell’arte contemporanea, affrontando anche una dimensione antropologica, sociologica, filosofica, culturale in senso ampio; non limitandola alle derive del mercato e del sistema dell’arte, che purtroppo ha avuto negli ultimi anni.

Quale metodologia ha adottato nel suo disegno curatoriale del Padiglione Italia?
Non ho adottato un approccio storiografico ma prettamente critico e curatoriale, con una selezione di artisti molto puntuale che crea un itinerario di lettura, una possibile interpretazione di quella che può essere chiamata arte italiana. Una ricognizione, attraverso delle costanti, una sorta di leitmotiv, su cui gli artisti in Italia effettivamente tornano a interrogarsi nel corso del tempo. Naturalmente non è una visione onnicomprensiva ma parziale, dettata da scelte curatoriali, e soprattutto rappresenta l’apertura di una discussione, per tornare a riflettere in maniera sistematica sull’arte italiana. Ho strutturato la mostra anche in modo che fosse una sorta di inizio, di spunto di riflessione. Un obiettivo che non si esaurisce nella sola esposizione. Nel catalogo, ad esempio, ho invitato sette autori a esplorare i diversi temi che affronta la mostra. E, se ci riusciamo, anche un convegno finale approfondirà e svilupperà ulteriormente quanto emerso da questo ragionamento. Quindi, sia da un punto di vista progettuale organizzativo, sia da un punto di vista concettuale, la mostra lancia un po’ questa sfida.

Questo dispositivo critico, attivato da vice versa, si pone in termini di rottura di meccanismi mentali consolidati?
L’idea è innescare una considerazione aperta sulle possibilità di riconnessione tra artisti di generazione diversa, finalmente non più studiati come contrapposizione di movimenti e di generazioni. La Storia non è più vista come una successione di eventi che si oppongono, ma con una visione diacronica, in cui si compone un atlante, un bacino, da cui attingere liberamente, attraverso il tempo e lo spazio, suggestioni, dialoghi, riferimenti, per capire l’oggi. Questa è la novità di prospettiva proposta dalla mia generazione.

Quale idea complessiva del panorama italiano emerge dalla mostra?
Era cruciale, per me, celebrare nel Padiglione Italia gli aspetti veramente rappresentativi dell’identità, estetica e artistica, italiana. La sovrapposizione di molti elementi, anche in antitesi, della realtà, il vice versa appunto, rappresenta dal mio punto di vista, la caratteristica della natura fondamentalmente dialettica della cultura e quindi anche dell’arte italiana. Il doppio, l’idea della messa in scena dell’opera, ovvero del “teatro dell’opera” è una linea di ricerca costante che, pur nelle diverse declinazioni, lega anche gli artisti di diverse generazioni. È un aspetto rintracciabile chiaramente, andando anche molto indietro nel tempo, rileggendo alcuni momenti della storia dell’arte italiana. Si ritrova in modo specifico all’interno del lavoro degli artisti o in modo più ampio, in questa connaturata dialettica di fondo, che ne crea la grande vitalità e la grande contemporaneità.

La tensione del confronto, dei continui slittamenti è evidente anche nel percorso tematico. Com’è avvenuta la scelta?
Non sono stato io a dettare le tematiche. Selezionando gli artisti sono affiorate in maniera naturale, dall’analisi del loro lavoro e delle loro poetiche. In mostra, è evidente come effettivamente esista un dialogo molto serrato tra i temi emersi, tanto da non distinguere l’artista storico da quello giovane. La prospettiva è riproporre un territorio dove questa dialettica, tra artisti di generazioni diverse, possa riattivarsi non solo nello specifico dei dialoghi delle coppie di artisti nelle singole stanze ma tra tutti gli artisti in mostra, con una serie di riferimenti e connessioni non solo tra i vari ambienti ma più in generale in un’idea di arte italiana.

Nelle sette stanze, storia e memoria si mescolano senza soluzione di continuità…
Molti artisti presenti nel Padiglione Italia, comprese le giovani promesse – di cui Francesco Arena è uno degli esempi più evidenti, ma anche Luca Vitone, Elisabetta Benassi, per citarne alcuni – effettivamente tornano a interrogarsi sul tema della storia e della memoria collettiva. Un argomento forte di indagine per la nostra contemporaneità, probabilmente anche in relazione a questo momento difficile che stiamo passando. C’è una volontà di guardarsi indietro a esplorare quali siano stati i momenti di crisi, di passaggio, della nostra storia recente, per affrontare in qualche modo anche il nostro presente.

Può svelare almeno qualcuna delle opere inedite che sono state prodotte per la mostra?
Questo è un po’ difficile, ci siamo dati come regola ferrea di non descrivere le opere in corso di realizzazione, perché possono sempre avvenire delle variazioni in corso d’opera. Posso anticipare che, gli interventi artistici nel Padiglione Italia, saranno senza cesura, netti, tesi, molto forti e caratterizzati, anche in relazione allo spazio, al contesto. Senza alcuna concessione ad opere immediatamente comunicative ed esteticamente appaganti, che fanno leva sulla decorazione. Al contrario, gli artisti stanno sviluppando dei progetti di grande impegno politico e civile, che riflettono su certe tematiche – del territorio, del sociale, ecc… – con più livelli concettuali di lettura. Quella che viene fuori in mostra, dal mio punto di vista, è un’arte molto complessa, ma anche molto densa.

Cosa l’ha spinta ad utilizzare il crowdfunding (finanziamento della folla) per il Padiglione Italia? Quali risultati ha ottenuto e com’è stato utilizzato il denaro?
È uno strumento poco usato in Italia ma ben radicato nella tradizione inglese. Avevo in mente due motivazioni. La prima, e più scontata, è la questione economica. La seconda, cui tengo moltissimo, era la volontà di lavorare sul coinvolgimento e partecipazione sociale. Tanti e diversi livelli di persone che reputano giusto sostenere ed essere parte di un progetto così ambizioso in un contesto così importante. Abbiamo raggiunto adesso circa centoquarantamila euro di raccolta fondi e più di circa duecento persone vi hanno partecipato fino a questo momento. Il denaro in parte è già stato utilizzato per le produzioni degli artisti, poi confluirà sull’organizzazione della mostra e stiamo ragionando sulla realizzazione un evento collaterale e anche sulla costruzione di un’App, un’application, per la mostra.

Padiglione Italia
Artisti: Francesco Arena, Massimo Bartolini, Gianfranco Baruchello, Elisabetta Benassi, Flavio Favelli, Luigi Ghirri, Piero Golia, Francesca Grilli, Marcello Maloberti, Fabio Mauri, Giulio Paolini, Marco Tirelli, Luca Vitone, Sislej Xhafa.
Curatore: Bartolomeo Pietromarchi
Commissario: Maddalena Ragni

55. Esposizione Iternazionale d’Arte La Biennale di Venezia

Tese delle Vergini all’Arsenale, Venezia

1 giugno – 24 novembre 2013
Inaugurazione giovedì 30 maggio 2013, ore 11.30

Info: www.labiennale.org
www.vicecersa2013.org

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