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ROMA | MAXXI

di ANTONELLO TOLVE

Si respira, al MAXXI, un’aria di grande novità e di preziosismo nelle scelte espositive, tutte ben calibrate, gustose e coinvolgenti. A partire dal piccolo ma puntuale focus dedicato ad Alberto Boatto, il percorso del MAXXI ci avvolge, infatti, e ci porta a fare i conti via via con nuclei e modelli riflessivi di ampio respiro. Dallo spaccato su Boatto, appunto, che tratteggia come sappiamo uno dei volti più significativi del panorama critico italiano – la mostra è stata chiamata da Stefano Chiodi che ne ha seguito e curato l’organizzazione Lo sguardo dal di fuori, tenendo ben presente un volume di Boatto dedicato alle nuove frontiere dello spazio e dell’immaginario (Cappelli, Bologna 1981) e che assieme a Cerimoniale di messa a morte interrotta (1977), a Della ghigliottina considerata una macchina celibe (1988) e a Della guerra e dell’aria (1992), forma «una sorta di tetralogia», a detta di Roberto Lambarelli, che sembra palesare, con il più recente Lo sguardo dal di fuori seguito da Il dialogo dello psiconauta (2013), «un inedito metodo di approccio alla realtà, alla cultura e all’arte contemporanea» – si passa poi al nuovo assetto della collezione che, sotto la stella del senzamargine (rivista, con cartabianca, tra le più chiare nell’animare il dibattito della critica d’arte militante italiana nel periodo della contestazione estetica e dell’azione politica), propone un nuovo progetto che valorizza il patrimonio del museo.

senzamargine. Passaggi nell’arte italiana a cavallo del millennio, 2021, installation view, photo © Musacchio, Ianniello & Pasqualini, courtesy Fondazione MAXXI

senzamargine. Passaggi nell’arte italiana a cavallo del millennio è, invero, un itinerario scandito in nove nuclei riflessivi legati a Luigi Ghirri, a Mario Schifano e a Carla Accardi e a Luciano Fabro, a Kounellis, Claudio Parmiggiani, al favoloso viaggio Dal Polo all’Equatore (1982-1986) di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, a Paolo Icaro e a una imperdibile Anna Maria Maiolino di cui sono proposti ventisei straordinari lavori: tra questi le tre fotografie in bianco e nero (É o que Sobra, série Fotopoemação, 1974-2000) dove l’artista è nell’atto performativo di tagliarsi il naso, la lingua o gli occhi e lo splendido scatto High Tension, série Fotopoemação (1976-2010).

senzamargine. Passaggi nell’arte italiana a cavallo del millennio, 2021, installation view, photo © Musacchio, Ianniello & Pasqualini, courtesy Fondazione MAXXI.

Al primo piano, nell’ampia sala che ospita sempre dei profumati disegni speciali, troviamo Io, Villa Adriana: un complesso dispositivo di Luca Vitone che invita a riflettere sulla rovina e che diventa quasi un momento d’apertura alla grande architettura (e alla straordinaria riflessione) di Aldo Rossi a cui è dedicata la splendida retrospettiva (Aldo Rossi. L’architetto e le città) curata da Alberto Ferrenga. «Mi interessano e mi preoccupano sempre di più il disordine e la rovina delle nostre città», leggiamo non a caso nel quaderno n. 46 (25 giugno 1991) dell’architetto milanese. «I nuovi flagelli della immigrazione e della fame e con essi in parte la fine della speranza. Speriamo in un mondo migliore e che ognuno continui a fare il proprio mestiere senza menzogna, con un poco di entusiasmo, e speriamo di sconfiggere l’“eterno vuoto”, questo male tangibile che ci circonda e ci corrode».

Aldo Rossi. L’architetto e le città, 2021, installation view, photo © Musacchio, Ianniello & Pasqualini, courtesy Fondazione MAXXI.

Nelle grandi tele che Vitone presenta in questo suo nuovo saggio visivo, il tempo e lo spazio sono ancora una volta maestri di scultura e di pittura, compagni di strada dell’artista la cui tavolozza adotta l’agente atmosferico per registrare, memorizzare, assorbire il depositarsi di umori o di temperature che gli ambienti – in questo caso specifico gli autoritratti di paesaggio sono nati dalla recente residenza dell’artista a Villa Adriana (Tivoli) – emanano, esalano nei giorni, nei mesi, negli anni. Accanto a questi autoritratti che sembrano percorsi dal vento e screpolati dal sole e leccati dall’acqua piovana, c’è poi, su una paletta lignea, esattamente al centro della sala che diventa piazza, il pregiato Coccodrillo-Fontana in marmo cipollino del II sec. d.C. (che «emergeva verosimilmente dallo specchio d’acqua del Canopo di Villa Adriana») e, di fronte, un brillante intervento acquerellato a parete dove l’artista adotta come colore la polvere di Villa Adriana raccolta nell’osservatorio della Torre di Roccabruna – Wunderkammer (pensando alla volta celeste), 2021 – su cui sono collocati due interventi a inchiostro (due Capricci) su acqueforti di Piranesi datati rispettivamente 1774-2021 e 1776-2021.

Luca Vitone. Io, Villa Adriana, 2021, installation view, photo © Musacchio, Ianniello & Pasqualini, courtesy Fondazione MAXXI

Vale la pena andare a Tivoli, fare un giro tra gli antichi splendori dell’impero romano, cercare lo Scavo alle Piccole Terme, Le cinque pietre di Davide al Pretorio, seguire la strada e Ricondursi al luogo. Bussola per giungere al Panorama (Roma) della Rocca Bruna e assaporare dunque, nella sua totalità, questo percorso speciale (totale) di Luca Vitone.

Più grande di me. Voci eroiche dalla ex Jugoslavia, 2021, installation view, photo © Musacchio, Ianniello & Pasqualini, courtesy Fondazione MAXXI

Più grande di me. Voci eroiche dalla ex Jugoslavia, a cura di Zdenka Badovinac (direttrice della Moderna galerija di Ljubljana) e Giulia Ferracci (associate curator del MAXXI), è racconto sul sogno di un ampio territorio straziato dai totalitarismi e dalle guerre. In questo percorso gli artisti sono davvero tanti (ci sono certo delle mancanze, ma le scelte sono scelte e personalmente pur non gradendo l’assenza di Mrdjan Bajić o di Selena Vicković o di Damir Očko non posso non lodarlo) e i loro lavori sono inseriti in otto aree riflessive che seguono le linee della libertà, dell’eguaglianza, della fratellanza, della speranza, del rischio, dell’alterità, della metamorfosi e dell’individuo – un individuo – individuato anche come individuabile individualità. Davvero grandioso è Was ist Kunst Bosnia and Herzegovina – Heroes 1941-1945 (2018), il lavoro con cui il collettivo IRWIN recupera dai magazzini di Sarajevo tutta una serie di ritratti di eroi e di difensori del popolo – (Danilo Šarenak, Mikan Marjanović, Milan Ćup, Lepa Radić e Vid Bodiroža ne sono alcuni) realizzati da importanti e dimenticati artisti del realismo socialista durante la grande lotta di liberazione – a cui però aggiunge delle cornici identiche per creare un nuovo viaggio, un nuovo punto di vista, una riscoperta di storia e di storie. Meraviglioso Hard Woring (2017) di Fatmir Mustafa-Karllo. Impareggiabile, e per chi non l’ha mai visto è questa una buona occasione, il Rhythm 0 (1974) di Marina Abramović. Intransigente la performance Lady Godiva (2001) di Vlasta Delimar. Elegante e monumentale l’Orientation in 100 Revolutions (2017) di Siniša Ilić. Acuto l’utilizzo dei codici massmediatici da parte di Sanja Iveković che nella serie GEN XX (1997-2001) associa delle immagini femminili provenienti dal mondo della moda a nomi di donne accusate di attività antifascista e dunque catturate torturate giustiziate a 21, a 24, a 37, a 23 a 19 anni: Ljubica Gerovac per evitare la cattura si suicidò ad appena 22 anni. Lascia infine senza parole Monomat / Mon-O-Matic (2015), dispositivo di Lenka Djorojević e Matej Stupica, dove a una certa scansione temporale si attiva un meccanismo rumoroso e corrosivo (il processo fa pensare un po’ al film Der Laug der Dinge realizzato dal duo Peter Fischli / David Weiss nel 1987) che frantuma e rompe e logora poco a poco gli oggetti – molti dei quali riproduzioni in gesso di materiale tecnologico come tastiera, mouse – presenti in un’ampia scatola cubica di cristallo che lascia intravedere l’alienazione dell’uomo al lavoro nel tempo della precarietà.

Dei vari percorsi e dell’ampia offerta del MAXXI bisogna anche ricordare Una Storia per il Futuro. Dieci anni di MAXXI organizzata nella galleria 4 e curata da Hou Hanru con il team curatoriale e di ricerca del MAXXI che presenta un bilancio felice sulle varie attività svolte dal 2010 al 2020. Qui troviamo, divisi in vari settori che si richiamano costantemente tra loro, un lavoro certosino di ricostruzione atmosferica delle esposizioni, dei laboratori didattici, delle argute analisi che il museo – in quanto luogo dinamico – ha disegnato in quest’ultimo decennio.

Una storia per il Futuro. Dieci anni di MAXXI, 2021, installation view, photo © Musacchio, Ianniello & Pasqualini, courtesy Fondazione MAXXI.

Curata da Bartolomeo Pietromarchi e Domitilla Dardi è, all’ultimo piano del museo, un primo assaggio dell’accurata operazione dedicata al poliedrico Giacomo Balla (Casa Balla. Dalla casa all’universo e ritorno), dove troviamo importanti opere di interior design ante litteram, bozzetti di moda, la sala verde, la porta dello studio rosso o le linee andamentali del 1929 messe in scena – scelta azzeccata e a mio parere convincente – insieme ad alcuni lavori di Emiliano Maggi, Carlo Benvenuti e a un videopreambolo realizzato da Ila Bêka e Louise Lemoine che hanno avuto il piacere di andare in pieno lockdown a casa Balla, al 39B di via Oslavia, dove la famiglia Balla si trasferisce nel giugno 1929 e dove oggi è finalmente possibile entrare per visitare uno spazio incredibile.

Casa Balla. Dalla casa all’universo e ritorno, 2021, installation view, photo © Musacchio, Ianniello & Pasqualini, courtesy Fondazione MAXXI.

Alcune lingue lunghe hanno liquidato il progetto al MAXXI su Balla come cosa già vista: anch’io qualcosa l’ho già vista, ma vado a rivederla con piacere e poi bisogna dire che in molti non ne hanno avuto la fortuna, pertanto lanciamo un po’ d’acqua sulle solite altezzosità e godiamoci questo percorso con la speranza che tutti possano andare anche a casa Balla (qui il lavoro diplomatico di Bartolomeo Pietromarchi e Domitilla Dardi con la situazione eredi è stato davvero impeccabile e merita un plauso) dove l’universo sembra essersi raccolto in un ambiente esclusivo.
Per scendere al piano terra vi consiglio vivamente di prendere l’ascensore per farvi avvolgere dalla potente installazione di Jim Lambie che, come una serie di altri artisti, è stato scelto per la sua dinamica plasticità e dunque per una aderenza immaginifica al lavoro di un grande maestro del futurismo.
Se poi avete dei bambini che vi aspettano a casa – o magari decidete intelligentemente di portarli con voi – non dimenticate di prendere Il giornale dei piccoli (stampato nell’ottobre 2020): per quest’ulteriore prodotto il MAXXI merita una medaglia per l’alto senso di pedagogia e didattica dell’arte.

Info: www.maxxi.art

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