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#specialegallerie #galleryatthefirstsight

Mentre un nuovo anno si apre nell’atmosfera del “posticipo” (vedi Fiere ed opening rimandati in prossimità della primavera) per le gallerie italiane, e non solo per loro, si tratta di affrontare ancora un anno che si preannuncia all’insegna dell’adattamento.
I temi su cui riflettere sono sempre tanti e abbracciano aspetti differenti che partono dalla programmazione di galleria, in presenza e online, agli strumenti e alle modalità di comunicazione, al ruolo del digitale e alle relazioni al di là di uno schermo. Non ultime le nuove sfide, prospettive e progetti da sviluppare cui una galleria non può mai prescindere pur nell’incertezza del momento.

Iniziamo una serie di appunti settimanali con la selezione di 26 gallerie scelte per introdurci nel 2022 con uno slancio verso il futuro. Approfondimenti online di cui trovate una sintesi sul primo numero di Espoarte dell’anno: il #116.

(a cura di Francesca Di Giorgio)

 


GALLERIA GIOVANNI BONELLI

Giovanni Bonelli



Il periodo storico che stiamo attraversando si sta rivelando un’occasione per riflettere sul ruolo delle gallerie come luoghi di vendita, di scambio, di progettazione ma anche spazi di sperimentazione artistica di scoperta o riscoperta di artisti. Che cos’è oggi una galleria d’arte? Le gallerie d’arte possono essere ritenute ancora luoghi di sperimentazione? Potete raccontarci alcuni aneddoti, episodi ed esperienze personali (del passato o del presente) che facciano comprendere al pubblico cosa accade in galleria oltre ai classici momenti espositivi?
A seconda della dimensione della galleria, la definizione e il lavoro al suo interno variano tantissimo. In generale le gallerie d’arte sono ancora luoghi di sperimentazione ma non sono più gli unici e, forse, non è più in galleria che l’artista inizia il suo percorso ma fuori. È molto interessante per noi osservare la nascita di nuove realtà che si pongono come “incubatori” di idee, spazi temporanei a volte gestiti dagli artisti stessi, e che solo in una fase successiva arrivano poi a collaborare con le gallerie. Di aneddoti ce ne sarebbero decine e decine ma sono tutte unite da un unico fattore: la relazione umana. Nel nostro lavoro, al di là dell’organizzazione pratica delle cose da fare, il 95% è costituito da relazioni, empatia, stima. È un tipo di attività per la quale l’epiteto di commerciale è sempre stato stretto perché è anche altro, molto altro, pur non potendo prescindere dal rapporto economico di compravendita.

“Shapes of Humanity”, Aron Demetz e Bernard Ajarb Ategwa, veduta della mostra, Galleria Giovanni Bonelli, Milano. Courtesy Galleria Giovanni Bonelli e Lis10 Gallery. Ph. Nicola Gnesi Studio

L’esperienza della pandemia e il nuovo rapporto che si è venuto ad instaurare con la tecnologia e il digitale. Come avete continuato a portare avanti la vostra comunicazione, con quali strumenti e modalità? Questi strumenti, sviluppati a partire dalla necessità del momento, continuano ad essere parte integrante della vostra attività?
Gli ultimi due anni ci hanno imposto un’accelerazione di processi che, in realtà, erano già in atto. I social, il sito web e le varie piattaforme online a cui aderiamo sono stati e rimangono uno strumento primario della nostra comunicazione. Questi non sostituiscono la visita in galleria ma, semplicemente, amplificano la portata delle nostre notizie e ci mettono in condizione di far arrivare le informazioni a persone fisicamente distanti che potrebbero però essere interessate ai nostri artisti.

Il 2021 ha segnato la ripresa degli appuntamenti in presenza. Tra mostre in galleria e fiere di settore, che tipo di feedback avete avuto dal pubblico e dal collezionismo?
Gli addetti ai lavori e i collezionisti avevamo una gran voglia di incontrarsi di nuovo. La gioia è stata grande e, mediamente, possiamo dire che la seconda metà del 2021 (con le fiere autunnali) si era resettata su un buon livello in termini di vendite e affluenza in galleria. La situazione odierna però non consente ancora di pensare al futuro con serenità.
Il perdurare di questa situazione di incertezza fa sì che il ritorno di pubblico e di presenze nelle grandi manifestazioni fieristiche non sia garantito e questo pone le gallerie, come aziende, nella posizione di non poter investire con tranquillità in quegli eventi. La spirale negativa che ne deriva è una delle maggiori preoccupazioni per questo 2022.

Qual è il vostro pubblico di riferimento e come lo avete visto cambiare nel tempo?
La nostra è una realtà medio-piccola che già prima della pandemia aveva iniziato una sorta di transizione verso un tipo di attività che bilanciava la proposta di artisti italiani contemporanei con proposte mirate del mercato secondario. Questo ha fatto via via spostare il nostro pubblico di riferimento verso una tipologia di persone meno interessate alla giovane novità e più concentrate sull’opera storicizzata di prima qualità.

Veduta della mostra “Of the Earth, Michela Martello, 2021. Courtesy Galleria Giovanni Bonelli, Milano. Ph. Garritani Studio

Qual è, invece, il vostro personale rapporto con gli altri attori privati (le altre gallerie del vostro territorio) e le istituzioni come Musei e Fondazioni?
Come vicepresidente dell’ANGAMC ho un ottimo rapporto con i miei colleghi e cerco di tenermi più possibile aggiornato sulla loro attività. Capita spesso che ci si scambi “favori” o consigli. Con Musei e Fondazioni ho un rapporto sporadico ma, quando c’è stata l’occasione, come ad esempio il prestito di un importante lavoro di Gianni Pettena per la mostra organizzata da Vezzoli alla Fondazione Prada o per la retrospettiva di Francesco Lauretta al Museo di Lissone (prorogata al 5 marzo 2022, ndr) devo dire che ho sempre trovato interlocutori efficienti e incredibili dimostrazioni di dedizione e passione per il proprio lavoro.

Le Gallerie continuano ad essere tra i pilastri del Sistema e sono considerate come un punto di riferimento per artisti, collezionisti e non solo ma oggi più che mai dobbiamo chiederci: di che cosa avete bisogno in questo momento?
Le richieste sostenute a gran voce e continuamente da ANGAMC a nome di tutti gli operatori sono plurime (Art bonus, riduzione dell’iva sul mercato primario, riduzione e adeguamento a livello europeo dell’iva sulle importazioni ed esportazioni) ma la sintesi è sempre una: semplificazione, chiarezza, diminuzione della pressione fiscale. L’ANGAMC sta combattendo battaglie su più fronti per veder riconosciuto il ruolo culturale, oltre a quello economico, che le gallerie rivestono. Siamo in un momento di estrema vulnerabilità ma anche di ottime opportunità per rimetterci al pari dei nostri colleghi europei ed internazionali.

Veduta della mostra Massimo Kaufmann e Gonçalo Mabunda, 2021. Courtesy Galleria Giovanni Bonelli e Lis10 Gallery

Spesso si parla di mancanza di coraggio da parte del sistema dell’arte ma oggi nel mercato dell’arte contemporanea è ancora possibile assumersi margini di rischio? Da quando è direttore di Galleria a quali cambiamenti sostanziali ha assistito nel mercato dell’arte?
Quando un gallerista apre una sua galleria si assume, come ogni imprenditore, il più alto rischio. La qualità e la competenza con cui svolgerà il suo lavoro non sono purtroppo oggi da sole sufficienti a far sì che le sue proposte siano accettate o capite, soprattutto nel breve-medio periodo. Ma il “liquefarsi” di certe situazioni cristallizzate consentito dai social media e dai nuovi canali di comunicazione, appunto, credo possa fornire delle occasioni interessanti per ogni nuova realtà. Il cambiamento più rilevante degli ultimi vent’anni è stato lo sviluppo incontrollato delle case d’asta e la proliferazione delle fiere nazionali. L’Italia è l’unico paese al mondo che, accanto a buone fiere di livello nazionale ed europeo, ha una abnorme quantità di manifestazioni regionali. Inoltre, vanno citati sicuramente nuove figure quali gli art advisors, gli art-influencer e gli art consultants, intermediari tra i galleristi e i clienti con i quali non è sempre facile dialogare. La pandemia ha favorito ed esaltato lo sviluppo esponenziale di tutta una serie di piattaforme virtuali che oggi rappresentano un’alternativa alla visione delle opere dal vero in galleria. Questa situazione, se mal gestita, rischia di annullare i rapporti umani, con le conseguenze negative di cui abbiamo letto nelle ultime cronache di settore.

Nuove sfide e prospettive. Progetti da sviluppare o in cantiere?
Concentrarsi su una programmazione che possa rendere la galleria sempre più forte nel panorama nazionale e, come sfida, riprendere le fiere internazionali dalle quali manchiamo da troppo tempo, ad eccezione di Cape Town. Un mio sogno sarebbe quello di riprendere in mano la nostra sede storica di Canneto sull’Oglio dove coniugare arte, ospitalità per accogliere nei fine settimana amici e collezionisti. Per offrire loro un viaggio che coniughi arte ed eno-gastronomia.

 

MOSTRA IN CORSO:

Shapes of Humanity | Ajarb Bernard Ategwa – Aron Demetz
a cura di Alessandro Romanini

Fino al 19 febbraio 2022

Galleria Giovanni Bonelli e Lis10 Gallery
via Luigi Porro Lambertenghi 6, Milano

Ino: +39 02 87246945
info@galleriagiovannibonelli.it
www.galleriagiovannibonelli.com

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